Dopo aver visto La donna alla finestra è arrivato il momento di rivalutare Disturbia
La donna alla finestra omaggia La finestra sul cortile. Volete vedere altro?Guardate Disturbia: un piccolo film sottovalutato, da rivalutare!
È da poco arrivato su Netflix La donna alla finestra, l’atteso e controverso film di Joe Wright che fa di tutto per omaggiare il capolavoro di Alfred Hitchcock, soprattutto nella prima parte (e si perde per strada nella seconda metà). Aiutato da un comparto visivo straordinario (fotografia e scenografia), il film riflette sull’atto di visione inattendibile. Un concetto molto moderno e che funziona, al netto degli inciampi che lasciamo descrivere alla nostra recensione. La post-verità passa anche dalle immagini inventate. Le riprese possono essere modificate, le moderne tecnologie permettono di scambiare volti, di creare fatti che tali non sono.
L’incipit di La finestra sul cortile mostrava tante storie che si svolgevano nelle case del quartiere. Poi ne sceglieva una. Il protagonista di Disturbia non è indeciso, segue le nuotate della ragazza in piscina. Non gli interessa altro. È solo per caso che scopre che il suo altro vicino è probabilmente un terribile assassino di donne e viene coinvolto dal “thriller”che gli si svolge accanto. Il suo è un occhio indiscreto e giovanile, erotico per certi versi, molto più simile a quello di Hitchcock. Assai diverso da La donna alla finestra dove invece il guardare è paranoico.
Disturbia è un film per ragazzi, e non ha grande ambizione di essere altro, ma quello che fa lo fa benissimo. La sua forza sta tutta in come gli adolescenti ritratti vivono lo spazio e gli oggetti. Il tempo scorre lento nel quartiere, ma c’è un modo di modificare la noia: aumentare la realtà, distorcerla con dei mezzi artificiali. Lo zoom, ad esempio, è uno strumento che colma la distanza, e che fa accedere a un qualcosa di non visibile ad occhio nudo. Più o meno quello che fa oggi anche Alice Rohrwacher nel cortometraggio Quattro strade dove l’autrice incontra i propri vicini diminuendo la distanza che li separa guardando in un obiettivo. La cinepresa è quindi un ponte immaginario. Una lente di ingrandimento che avvicina. Proprio come ne La finestra sul cortile.
In Disturbia però le riprese digitali fanno i conti anche con la bassa risoluzione. Si scontrano con il limite. Nell’ombra dei pixel si cela un mistero? La ripresa è mossa e rende illeggibile l’indizio decisivo pur mettendolo in bella vista. Neanche questo è un meccanismo originale (Blow-up di Antonioni fu il primo a teorizzarlo), ma viene inserito con tale delicatezza nel film da risultare appassionante.
È nel passaggio della soglia tra lo schermo e la realtà che Disturbia costruisce la sua tensione. Ancora meglio e ancora di più de La donna alla finestra, dove invece non c’è confine: tutti entrano in casa, addirittura i ricordi della macchina ribaltata nella neve sostituiscono l’arredamento di una stanza. La dimensione psicologica prevale qui su quella cinematografica.
C’è un piccolo momento in Disturbia che rende conto però della grandezza di un film per adolescenti in grado di capirli e di guardare come loro. Ed è un istante in cui però anche il film di Hitchcock viene omaggiato correttamente.
Ashley, la “cotta” del protagonista, fa ginnastica in camera sua. Il vicino la guarda con un binocolo. La mangia con lo sguardo, la vuole far sua. Entra in connessione emotiva con quello che ha negli occhi. E proprio in quel momento la ragazza esita, un brivido le corre lungo la schiena. Sente il peso immateriale della linea di uno sguardo. Rabbrividisce e se ne va.
Come dice La finestra sul cortile: quando siamo avvolti nel buio guardiamo un film e ci sentiamo al sicuro, ma il riflesso sullo schermo a sua volta sta guardando noi.