DOOM, DOOM II e la stucchevole retorica del capolavoro senza tempo

La riproposizione sulle console di attuale generazione di DOOM e DOOM II ci ha fatto riflettere sull'estrema facilità con la quale spesso si parla dei grandi giochi del passato come di capolavori senza tempo

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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La cosa più facile da scrivere riguardo la riproposizione di DOOM e DOOM II sulle console di attuale generazione sarebbe: “l'operazione di Bethesda, anche al netto di problematiche tecniche di vario tipo, dall'obbligatorietà della connessione a internet all'aspect ratio sballato al sonoro di scarsa qualità, è una buona occasione per i giocatori di riscoprire due grandi classici del passato, che sono stati seminali nella costruzione del genere degli shooter in terza persona e che, ancora oggi, sono godibili”. Non c'è niente di falso in quanto appena scritto, pad alla mano sparacchiare a soldati non morti e demoni di ogni tipo è tutto sommato gratificante e può essere nel breve periodo persino interessante, fosse anche solo per amor di ricerca, assaggiare la maniera nella quale venivano declinati alle origini gli FPS. Ma è davvero tutto qui, non ci sono altri motivi per i quali ci si debba dedicare a produzioni con le quali il tempo non è stato per niente galantuomo.

Nessuno, badate, discute l'importanza che i giochi hanno avuto nella storia del genere. Alcuni elementi caratterizzanti si riconoscono ancora oggi, gli stessi che sono stati alla base del reboot targato 2016: la velocità di azione, il marcato gusto per il gore, l'iconografia infernale, la colonna sonora incalzante e di chiaro stampo metal. Ma è impossibile non notare la vaghezza di un level design assurdamente labirintico, la rozzezza di varie soluzioni ludiche (dalle chiavi di vario colore associate a porte di uguale cromatisimo ai demoni invisibili) e, più in generale, tutti i limiti tecnici che il passare del tempo ha messo in netto risalto. Esistono produzioni invecchiate male e altre che non hanno minimamente subìto l'incuria del tempo, DOOM e DOOM II sono, purtroppo, tra le prime, ed è perfettamente inutile innalzare barricate a loro difesa issandovi sopra il vessillo dell'importanza storica, menarla con “le emozioni di una volta” e i “capolavoro del passato” se supponiamo, com'è in realtà, che il giocatore si diletti con il suo passatempo principalmente per divertimento.

[caption id="attachment_198433" align="aligncenter" width="1920"]DOOM II screenshot L'iconografia demoniaca è sicuramente quanto di meglio DOOM e DOOM II ancora propongono[/caption]

"perché subire l'evidente vecchiaia dei primi due capitoli della serie quando se ne ha a disposizione la sua più frenetica, adrenalinica, feroce summa, rappresentata dal DOOM del 2016?"Non bisogna poi andare molto lontano per avere una perfetta dimostrazione di come anche in un genere che forse più di altri presta il fianco all'erosione provocata del tempo esistano produzioni ancora attuali. Tanto per rimanere in casa id Software, Quake e Quake II. Da DOOM II a Quake passano appena due anni (1994 il primo, 1996 il secondo; 1997 per Quake II), ma messi a confronto sono separati da un abisso, in termini di giocabilità pura, level design, arsenale, varietà, che pare scavato da molto più tempo. E ancora, tanto per centrare ulteriormente il senso della nostra riflessione: perché subire l'evidente vecchiaia dei primi due capitoli della serie quando se ne ha a disposizione la sua più frenetica, adrenalinica, feroce summa, rappresentata dal DOOM del 2016? Perché non godere del suo estasiante sparo, del truculento corpo a corpo, della sua vivida iconografia? Ancora: ha molto più senso la riedizione, peraltro ottima dal punto di vista tecnico, di DOOM 3, un gioco che prova ad arricchire l'esperienza FPS puntando sull'horror più puro, quello fatto di oscurità e inquietanti rumori (e che chiaramente, essendo datato 2004, ha un impianto ludico più moderno).

Dalla stucchevole retorica del capolavoro senza tempo bisogna rifuggire per dovere di analisi; le produzioni del passato per le quali non sembra sia passato un singolo giorno esistono, ma non è possibile giudicare, quasi senza filtro, come tale qualunque videogioco lo fosse al tempo dell'uscita. L'ondata nostalgica che contribuisce alla sua diffusione e la rinvigorisce non va cavalcata, ma arginata (se non spezzata...) dagli scogli di un pensiero critico più ficcante, l'idealizzazione va sacrificata sull'altare della consapevolezza dell'evoluzione del medium videoludico.

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