Doctor Strange ha la morte emotivamente più realistica dell’MCU fino ad ora | Un film in una scena

C'è una scena in Doctor Strange poco analizzata, ma che ha fatto fare un salto emotivo all'MCU cambiando i rapporti tra gli eroi e la morte

Condividi
Continua il percorso MCU nella rubrica "un film in una scena" con l'approfondimento su Doctor Strange. 

Guardare un film è come respirare. Certe volte l’adrenalina accelera il battito cardiaco, ci serve più ossigeno per stare dietro al ritmo incessante. Altre volte il passo è lento, quasi meditativo. Spesso i battiti sono regolari, a volte però sobbalzano (quanti film salvati da una sola scena!). Per capire l’analogia basta pensare a Mad Max: Fury Road di George Miller e a The Tree of Life di Terrence Malick. Il primo è l’esempio più estremo del cinema fatto di ritmo e carne. Il secondo è un apprezzato film d’autore filosofico. Le immagini, la musica e i temi si rivolgono a una contemplazione intellettuale dello spettatore. Ed entrambi sono così dall’inizio alla fine.

In mezzo a questi estremi c’è un’infinità di sfumature. Sono le note che i registi toccano per creare le atmosfere e i momenti che accompagnano la visione. La dinamica tra gli alti e i bassi spesso è proprio quella che veicola l’emozione nella maggior parte delle opere. Nel Signore degli anelli, ad esempio, le grandi cariche nella battaglia non avrebbero lo stesso effetto senza i piccoli Hobbit da seguire nel loro lungo viaggio. Così come nei film sportivi non può esserci un trionfo soddisfacente senza una dose di sconfitte.

I film dei supereroi seguono per la maggior parte una struttura ben codificata in tre atti. La successione degli eventi è per tanto spesso prevedibile, ma non è un problema. Generalmente (!) sappiamo che l’eroe trionferà, o che cambierà idea rispetto a una sua posizione sbagliata. Il divertimento però non sta nel “cosa”, ma nel scoprire il “come”.

Doctor Strange è un film molto pratico. Parla chiaro, diretto, immediato, nonostante sia ambientato in dimensioni magiche e soprannaturali. Per dimostrarlo inquadra spesso le mani: quelle ferite di Stephen, ma anche quelle che riescono a formare incantesimi. La parte del corpo che costruisce, comunica, ripara. È concreto anche nell’addestramento: è lontano dalla filosofia della Forza di Star Wars, che è un dono che richiede consapevolezza oltre che abilità e fede. La magia è un'arte per persone che hanno voglia di fare fatica.

Doctor Strange studia tanto per diventare stregone, come l’ha fatto per diventare chirurgo. Sembra questa la via. Salto che, ad un certo punto, l’Antico taglia corto. Lo lascia al freddo delle nevi e gli dice di salvarsi da solo. Esperimento riuscito.

Allo stesso modo il film stesso è pratico nella misura in cui mette tutto davanti agli occhi. Sin dal primo arrivo di Stephen Strange a Kathmandu egli viene gettato a capofitto nelle multi dimensioni. Uno shock visivo che investe anche lo spettatore.

Escheriano fino al midollo, Doctor Strange è uno spettacolo visivo senza precedenti. È immersivo e stereofonico con un uso pazzesco della tridimensionalità dei canali audio. E poi, all’improvviso, nel mezzo dell’azione, si ferma. Prende un respiro narrativo e diventa filosofico.

In una scena raccoglie le tante suggestioni visive che ha disseminato lungo il film e trova il senso.

Elenchiamone qualcuna: l’orologio, ossessione di Strange dato che ne possiede moltissimi salvo poi mandare in frantumi l’ultimo rimasto. Gli strati della realtà che si sovrappongono, si contorcono tra di loro fino a non sapere più cosa è vero e cosa no. I legami con le altre persone: Strange è un egoista, ma è dotato di un’intelligenza sopraffina per cui è cercato e amato. 

Tutto trova il suo compimento nella scena della neve.

L’Antico è colpita a morte, Doctor Strange la porta di corsa in ospedale. Mentre è sotto i ferri i dispositivi elettronici crepitano per un istante. È uscita dal suo corpo, l’allievo la segue in un istante sospeso dal tempo di fronte alle enormi finestre della clinica. 

Mentre un fulmine attraversa il cielo, Doctor Strange capisce che per il maestro è arrivata la fine. Non rassegnato la supplica: “devi tornare subito nel tuo corpo, non hai molto tempo!” Salvo poi scontrarsi ancora con la relatività del tempo stesso. L’orologio non serve per scandire gli istanti. Alcuni momenti durano un soffio, altri accompagnano per tutta la vita. 

Io ho trascorso molti anni a guardare attraverso il tempo, a guardare questo esatto momento. Ma non riesco a vedere oltre. Ho impedito innumerevoli, terribili futuri…. E dopo ognuno ce n’è sempre un altro” dice l’Antico. Un monologo che risuona in maniera diversa avendo visto sviluppato il concetto del tempo e di libero arbitrio in Loki. Ma non perde di intensità. Anzi!

Doctor Strange Antico

Doctor Strange è visibilmente spaventato dalla morte. Non è abituato a considerarla come un’opzione.

È ossessionato dall'idea di conservare la vita e di salvare i suoi pazienti. Tanto che i colleghi lo accusano di scegliere di curare solo chi può essere guarito. L’Antico invece non teme la morte, ma è ancora quanto mai attaccata alla vita

L'uomo pratico, concreto, si deve confrontare con l'imprendibile condizione dell'esistenza: non capiremo mai la ragione della morte. E in quel momento il film prende fiato e trattiene il respiro in una scena sospesa ed eterea, contraria ad ogni logica di ritmo, ma efficacissima.

Le lancette ticchettano, il suono è richiamo di un istante passato. Il futuro invece, al contrario di come viene raccontato in Loki, non è scritto, non è unico, ma sono solo possibilità. 

Il domani ha in potenza l'eccellenza per tutti, ma soprattutto per Strange. Il dottore\stregone si butta a capofitto nelle cose per paura di fallire. È lui stesso che giudicandosi si frena. Solo liberandosi dall’ego può veramente ambire a grandi cose. Non temere l’insuccesso è l’insegnamento più grande che lo guiderà nella guerra dell’infinito. Concepire la sconfitta come una via per la vittoria è esattamente la mossa che ha permesso la sconfitta di Thanos.

Non gira tutto intorno a te”, riassume in una battuta.

La cinepresa ruota dalle spalle dei personaggi; arriviamo a un’inquadratura frontale. Ora non si parla più del Doctor Strange, ma di colei che sta per morire. I rapporti si invertono, Stephen ora può ascoltare.

Noi non scegliamo il nostro tempo. La morte dà significato alla vita. Sapere che i tuoi giorni termineranno. Che il tuo tempo è poco. Pensi che dopo questo tempo, io sia pronta. Ma guardami, sto allungando questo momento… solo per poter guardare la neve.

È questo un passaggio fondamentale nella crescita dell’MCU. Un momento insolito, distante da tutto quello che l’ha preceduto per come unisce la potenza visiva con il senso del racconto. E con che facilità, con che chiarezza affronta questi dilemmi!

Nello sviluppo del genere supereroistico questa scena è spesso dimenticata, ma segna uno stacco fondamentale per come racconta la fragilità. Il monologo dell’Antico supera la paura della morte e racconta l’attaccamento alla vita. Accenna per la prima volta al dilemma del libero arbitrio e soprattutto aumenta di peso le conseguenze delle morti.

L’epica degli eroi disposti a morire per il bene viene sovvertita. Il sacrificio per una causa maggiore non è più un gesto compiuto senza alcuna esitazione, ma un atto controvoglia. Non è però codardia, non è una macchia nella carriera da salvatori del mondo. È visto anzi con ammirazione, è il richiamo della carne sentito da uno spirito che viaggia nel tempo e nelle dimensioni. Per questo l’esitazione ad andare verso l’ignoto è il gesto più grande di realismo mai filmato in questo universo di fantasia. E questa scena, la comunica con un respiro pieno di aria nuova.

Continua a leggere su BadTaste