La storia del drammatico cambio di vertice della Disney: dalla C di Chapek alla I di Iger

Come si è arrivati ad un licenziamento in tronco e a sorpresa del capo della Disney Bob Chapek e al ritorno del leader storico Bob Iger

Critico e giornalista cinematografico


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Domenica sera a Los Angeles si è consumato uno dei più grandi colpi di scena degli ultimi decenni a Hollywood. Vi raccontiamo cosa è accaduto passo dopo passo.

Cosa è successo

C’erano tutti i dirigenti Disney al concerto di Elton John al Dodger Stadium, evento che Disney+ ha trasmesso in esclusiva e che per questo doveva essere introdotto dal capo della Disney, Bob Chapek, in carica da circa 3 anni, quando nelle caselle mail loro e di tutti gli impiegati è arrivato l’annuncio che il nuovo capo era il vecchio capo. Con una comunicazione interna la società annunciava il ritorno al vertice di Bob Iger, la persona che aveva dominato Disney per 15 anni e scelto personalmente Chapek come suo successore. E che la cosa avveniva con effetto immediato in un licenziamento in tronco come non se ne sentivano da decenni ad Hollywood. Il dettaglio più grottesco è che allo stadio il segnale non era ottimo quindi per diversi minuti è stato difficile per tutti farsi una chiara idea di cosa stesse succedendo e in molti avevano suggerito si trattasse di uno scherzo.

La cacciata di Bob Chapek arriva nella maniera meno attesa ma non era propriamente inattesa, in molti cominciavano a dubitare sarebbe rimasto dove era a lungo, tuttavia il rinnovo di contratto (solo 5 mesi fa!) aveva rassicurato i più (soprattutto le borse). Per dare un’idea delle proporzioni della questione basti immaginare che Bob Iger diventò CEO della Disney nel 2005 e lasciò nel 2020, dopo 15 anni di regno lungo i quali è stato considerato uno dei più grandi manager d’America (non solo del settore dell’intrattenimento), ha quintuplicato il valore delle azioni e ha deciso l’acquisizione della Pixar, della Marvel, della Lucasfilm e della 20th Century Fox. È l’uomo che ha creato la Disney come la conosciamo oggi, riportandola in auge dopo diversi anni di fatica, e poi trasformandola nell’impero mediatico che è.

La criticata gestione di Bob Chapek

In tre anni di regno Bob Chapek ha fatto calare il titolo in borsa a quasi la sua metà. Certo tutto è avvenuto in una contingenza non facile. Prima la pandemia, i cinema e i parchi chiusi, poi la difficile ripresa e una borsa che va male per tutti, non solo per Disney. Nondimeno sono stati tanti i fallimenti attribuibili a Chapek, il primo dei quali fu il caso Scarlett Johansson, quando una diatriba riguardo i compensi fu resa pubblica per incapacità di tenerla privata, come anche la pessima gestione del Don’t Say Gay Bill in Florida, quando ci mise troppo a prendere posizione contro il rifiuto di quello stato di introdurre discussioni di gender nelle scuole (a cui si aggiunge la fuga di notizie su Disney che taglia le scene di affetto gay dai film Pixar). Non a caso la dichiarazione del board con la quale è stato annunciato il cambio dice: “Disney sta per attraversare un periodo complicato di trasformazioni industriali, Bob Iger ha una posizione unica per guidare la compagnia in questo periodo cruciale”. Chapek era stato in Disney per 30 anni e così è stato salutato. 

Quello che è successo è che ad un grande politico (Iger) era stato fatto succedere un uomo a cui mancava proprio la dote politica (Chapek). I disastri sono stati più che altro di immagine e gestione delle relazioni perché per il resto il settore parchi (che è proprio quello da cui veniva Chapek) è tornato in positivo e nei suoi 3 anni il lancio di Disney+ è stato un successo con una base abbonati in continua crescita. Trionfi che però non sono bastati a portare in positivo il titolo in borsa, che è l’obiettivo di tutto il lavoro che si fa in Disney. Così poco più di 10 giorni fa circa, dopo l’annuncio di una perdita di 1,4 miliardi di dollari nell’ultimo quarto, il titolo era affondato come mai era capitato prima ed era arrivato il conseguente annuncio di una serie di tagli sia di personale che di spesa, azione che non è il massimo nel contesto macroeconomico in cui si trova il mondo e che di certo Chapek non ha avuto il carisma di saper “vendere” al board e agli investitori.

Una successione difficile

Nonostante fino a poche settimane fa la vulgata a Hollywood fosse che Chapek non si stava dimostrando il manager di cui Disney ha bisogno, oggi in molti si esprimono in suo favore, spiegando che non solo il contesto in cui si è trovato a lavorare è stato uno dei più difficili di sempre ma anche che l’ombra di Iger è una delle più difficili da eludere e che a Chapek non è mai stata data una vera chance di lavorare in libertà. In buona sostanza sarebbe stato complicato per chiunque seguire l’opera di quello che è stato definito uno dei più grandi manager d’America, specialmente perché Iger non se n’è mai davvero andato. Quando Chapek è stato nominato CEO fu deciso di tenere Iger come advisor per aiutare il passaggio di consegne. Cosa che non fece che creare voci sul fatto che fosse in realtà ancora Iger a comandare.

Del resto era dal 2013 che si parlava del post-Iger senza che questi fosse mai riuscito a farsi da parte. Quando l’avvicendamento fu definitivo era diventato chiaro che i due non andassero più d’accordo e Iger andava in giro a parlare male della nuova strategia della società. E le parole di qualcuno come lui contano sempre. Nonostante avesse ripetuto più volte, dopo insistenti domande, che non avrebbe mai voluto riprendersi quel lavoro, alla fine è successo e stavolta una delle missioni del suo nuovo contratto sarà trovare qualcuno di adatto che possa poi prendere il suo posto, esternamente (e in questo caso l'eventuale ritorno di Peter Rice, licenziato da Chapek, farebbe puntare subito gli occhi su di lui) o internamente (e in questo caso gli occhi sono già puntati su Dana Walden, sarebbe la prima CEO Disney donna).

I più complottisti oggi ipotizzano che l'aver ceduto la poltrona a Chapek fosse fin dall'inizio una mossa per essere rimpianto e magari poter poi tornare dopo che qualcun altro aveva gestito la fase più complicata per Disney (quella dello scontro con le piattaforme e del lancio della propria). Inoltre, sebbene il contratto siglato sia di due anni, è più probabile che Iger resti in carica almeno 3 anni.

La direzione del nuovo corso

Sono iniziati i primi regolamenti di conti. La prima azione da CEO del secondo mandato di Bob Iger è stata fare fuori un braccio destro di Chapek, cioè Kareem Daniel, il capo della sezione Disney Media and Entertainment Distribution, e annunciare una forte ristrutturazione interna. È una maniera di iniziare a disfare i cambiamenti portati da Chapek che subito, nell’ottobre del 2020, aveva modificato il funzionamento della società per puntare tutto sullo streaming, creando proprio la macro-divisione DMED per controllare da un unico punto tutta la distribuzione dei contenuti Disney in maniera più efficace ed economica. Questo aveva dato meno potere ai creativi e più margine di gestione ai manager. Creativi che sono anche funzionari, dirigenti e personalità di spicco del mondo Disney. Secondo molti sono proprio questi funzionari più importanti ad aver fatto pressione sul board per il licenziamento e per il ritorno di un uomo che invece aveva sempre professato la fede opposta (meno burocrazia, più creatività).

Sembra che la buona uscita per Chapek sarà di circa 100 milioni di dollari (non confermata ma stimata dai più esperti), mentr Iger prenderà 27 milioni l’anno per tornare in carica, mentre le azioni Disney, solo in seguito a questa notizia, si sono rialzate del 6,3% aumentando il valore complessivo di 10 miliardi di dollari.

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