Dio, i videogiochi e un nuovo genere. Tutto quello che si può trovare in Ricomincio da Capo

Nel Giorno della Marmota ricordiamo quello che Ricomincio da capo ha portato al cinema, il nuovo linguaggio, il montaggio innovativo e la presenza divina

Critico e giornalista cinematografico


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Ricomincio da Capo appartiene alla categoria di film che cambiano la maniera in cui guardiamo la vita di tutti i giorni.

Quel genere di storie che centrano così bene un aspetto del vivere comune da diventare punto di riferimento. Dopo l’uscita di Ricomincio da Capo esistono “situazioni da Ricomincio da Capo”, quelle cioè in cui, nonostante si sia espresso il desiderio di cambiare, tutto sembra ripetersi uguale a se stesso ad oltranza.
Non solo, Ricomincio da Capo ha anche creato il culto del 2 Febbraio, cioè oggi: il Giorno della marmotta come dice il titolo originale del film. Si tratta della vera ricorrenza americana in cui se la marmotta di Punxsutawney, uscendo dalla sua tana, vede la sua ombra (perché c’è sole) allora l’inverno durerà altre 6 settimane, in caso contrario (quindi tempo nuvolo) l’inverno finirà presto.

Nel film è infatti durante quella festa che un reporter del meteo, inviato in loco per coprire l’evento, comincia a rivivere sempre la stessa giornata. Nonostante provi ad uccidersi non muore ma si risveglia alle 6 del mattino del 2 Febbraio, nonostante provi a scappare da Punxsutawney non ci riesce mai e si risveglia alle 6 del mattino del 2 Febbraio, nonostante provi ogni possibile scappatoia è intrappolato in quel giorno e in quel luogo. Ovviamente con il procedere dei giorni e delle iterazioni il meteorologo Phil comincia a conoscere perfettamente tutto di quella giornata, ogni movimento, ogni minuzia, ogni azione di ogni persona. Arrivando a dominarla, arrivando a poter essere e fare quello che vuole in quel giorno. E arrivandoci non intellettualmente ma praticamente, facendo all’infinito le medesime cose.

Dopo essere partito con un dolce paradosso di fantasia, uno che in un film per la tv Disney avrebbe portato a tenere scoperte su se stessi o alla conferma di qualche clichè sulla natura umana, lentamente Ricomincio da Capo scivola da un’altra parte, una più strana: l’esistenzialismo. Il film non lo dice mai, ma flirta con l’idea stessa di Dio.
La storia scritta da Harold Ramis e Danny Rubin, partita da un’idea di quest’ultimo, dà vita ad uno di quei film in cui un’entità superiore si nasconde dentro le singole scene, in cui non viene mai nominata esplicitamente la presenza di Dio ma sembra essere implicita. E non è tanto il Dio cristiano o ebraico, ma proprio l’idea che ciò che viviamo, il disordine che vediamo intorno a noi, sia in realtà un ordine molto preciso, messo in piedi e voluto da qualcuno, la suggestione che esista un’entità in grado di conoscere tutto e provvedere a tutti. Phil alla fine di Ricomincio da Capo diventa quello: il Dio di una piccola comunità.

Esiste una linea di pensiero precisa secondo la quale Dio, per il cinema americano, esista solo nei piccoli centri, che quelle cittadine di provincia siano gli unici luoghi in cui è possibile trovare l’assoluto, il sovrannaturale o il mistico. Se un Dio esiste insomma per il cinema americano esso è tanto più tangibile quanto più ci si trova in provincia.
Ricomincio da Capo è quello: una maniera laica e forse atea di credere in un anelito superiore. Con tutta la comicità di Ramis e Murray (sul set litigarono fortissimo e non si parlarono per decenni), con un sistema di gag inesorabili che sfruttano in maniera nuova il montaggio secco, quello che interrompe le scene anche d’improvviso, anche brutalmente, per finalità comiche (solitamente riproporre un’altra versione della medesima con un esito un po’ migliore), Ricomincio da Capo di fatto crea un Dio suo personale, diverso da quello delle religioni ma ugualmente ubiquo e pervasivo.

Tuttavia, prima di ogni altra cosa, Ricomincio da Capo è anche il primo vero film videoludico della storia del cinema. Nonostante non fosse probabilmente nelle intenzioni degli autori, la maniera in cui il protagonista migliora e capisce qualcosa di sè, è la stessa in cui i videogiocatori migliorano, a furia di fare e rifare le medesime cose. Phil muore e ricomincia da capo con infinite “vite” il medesimo quest, cioè essere migliore. Prova, sconfigge, conquista, esplora la sua mappa finita (Punxsutawney) fino ai suoi confini, parla con tutti e incontra tutti, impara a gestire oggetti e mettere in correlazione gli elementi a sua disposizione, in una parola gioca nella realtà come fosse un videogame. E a quel videogame diventa così bravo che alla fine riesce a salvare quasi tutti e ad essere ovunque nel momento giusto.
Decenni dopo Ricomincio da Capo il fumetto Scott Pilgrim vs The world (e poi il film), per cercare di trasportare su carta e su pellicola le dinamiche dei videogame, andrà a parare proprio dalle parti del film di Ramis, cioè sul trial and error, provare, fallire e ritentare al meglio. Anche Source Code, di un regista appassionato di videogiochi come Duncan Jones, fa la medesima cosa: costringe un personaggio a tentare continuamente la medesima prova, morendo e ricominciando fino a che non capisce come risolvere il suo problema.

E benché esistessero idee simili antecedenti al 1993, lo stesso Ricomincio da Capo ha creato un genere nuovo. Ci sarebbe la storia breve 12.01PM, che racconta di un uomo costretto a rivivere continuamente la medesima ora, o il libro del 1986 Replay, in cui un uomo rivive 25 anni della sua vita. Nulla però è in forma di commedia e nulla sembra aver capito realmente le potenzialità di questo spunto.
Tutto centrato sull’arroganza irresistibile dei personaggi di Bill Murray e sulla maniera in cui decide di sfruttare l’incredibile evento che sta subendo, Ricomincio da Capo è girato con un gusto comico che raramente sta nelle singole battute. Se Murray, con il suo stile, si limita a qualche assurdità da pronunciare con espressione fissa, dando il suo meglio quando non parla, Ramis invece lavora con gli strumenti del cinema. Alle volta è in grado di far ridere solo con la composizione della scena, come quando Phil fa un discorso ispirato invece della solita cronaca del Giorno della Marmotta e tutti gli altri reporter puntano su di lui i loro microfoni, la sequenza inizia già così e già fa ridere. In altre usa benissimo il montaggio in chiave umoristica, lavorando  sulle piccole variazioni di sequenze che devono ripetersi uguali, oppure accorciando sempre di più la scena ad ogni reiterazione. Più vediamo uno stesso momento meno di esso ci viene mostrato, più si ripete quindi, più diventa essenziale, perde l’introduzione o la coda per arrivare al cuore, in alcuni casi addirittura il montaggio "suggerisce" che ci sono state tante altre prove che non ci vengono mostrate. È una tecnica unica portata alla perfezione in quel film.


Come molto raramente capita infatti, Ricomincio da Capo è una commedia che parla un linguaggio filmico tutto suo, le cui trovate comiche non vengono da nessuna parte ma sono per lo più originale e impossibili da usare altrove, se non in quei film che ne riprendono l’assunto. E non sono stati pochi. Questa commedia sentimentale, che si chiude con un raggiunto equilibrio e con il miglioramento del protagonista attraverso la pena e il castigo (altro tema prettamente divino) ha di fatto ispirato un nuovo sottogenere. A partire da Ricomincio da Capo il “time loop” è diventata una struttura base del cinema di fantascienza o fantastico, imitata e ripresa da molti altri film (l’italiano È già ieri ne è un esempio e più recentemente Edge of tomorrow, ispirandosi ad un fumetto, ha messo in piedi le sue gag seguendo l’esempio di Ramis).

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