Dieci team di sviluppo dei quali non fidarsi

Curriculum rivedibili, progetti inconcludenti, occasioni mancate: alcuni team di sviluppo con cui è sempre bene andare con i piedi di piombo

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Una volta era più semplice. Bastava sapere che Nintendo, che Square Enix, che Konami fossero a lavoro su una nuova produzione per essere certi che qualcosa di buono, se non un capolavoro senza tempo, sarebbe certamente uscito fuori. Quando i poligoni erano solo il sogno proibito degli amanti di fantascienza e i budget stanziati per un videogioco non raggiungevano cifre astronomiche, in quei bei tempi ormai andati erano le software house, quando non i publisher stessi, a garantire qualità e solidità di un progetto.

Oggi, in buona parte, sono per lo più i nomi, i singoli artisti a fungere da cassa di risonanza per un titolo in sviluppo. Tempi e dinamiche diverse, certo, complice anche un flusso maggiore di informazioni che ci permette di conoscere dettagliatamente i singoli addetti ai lavori, ma anche cartina tornasole dell’estrema facilità con cui artisti e game designer fondano nuovi studi o accettano le migliori offerte della concorrenza.

Eppure, nonostante tutto, per pubblico e fan nome e logo di una software house hanno comunque il loro peso. Lo ha nel bene, e lo vedremo presto, ma anche nel male, come testimonia questo fotospeciale in cui abbiamo deciso di elencare alcuni team di sviluppo che, in un modo o nell’altro, non godono affatto della nostra fiducia incondizionata. Non solo case di sviluppo dal curriculum imbarazzante, dunque, ma anche altre, ben più blasonate, che ogni tanto ci hanno profondamente e inaspettatamente deluso.

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