Destiny 2, con il Deposito dei Contenuti è arrivato il momento di farsi qualche domanda | Speciale
Destiny 2 aveva raggiunto dimensioni titaniche e Bungie ha rimosso qualche contenuto, ma adesso chi acquista il gioco, cosa si porta a casa?
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
All’avvio del software, dopo l’aggiornamento, la sensazione è stata un po’ la stessa che ha provato Obi-Wan Kenobi un attimo dopo la distruzione di Alderaan: “una perturbazione nella Forza, come se milioni di voci gridassero terrorizzate e ad un tratto si fossero zittite”
Un lungo post sul blog di Bungie dedicato all’MMO ha ampiamente anticipato e spiegato una tale decisione, motivata, in termini diegetici, piuttosto maldestramente, a ben vedere. Il sopraggiungimento delle navi dell’Oscurità nel Sistema Solare ha infatti inspiegabilmente reso irraggiungibili alcuni pianeti come Marte, facendone sparire completamente altri. Va da sé che in un contesto dove sci-fi e fantasy procedono appaiati, è inutilmente pretenzioso pretendere spiegazioni totalmente coerenti e pienamente convincenti, ma che il Deposito dei Contenuti sia una bella gatta da pelare in primis per il team di sviluppo, lo si evince anche da dettagli di questo tipo.
A livello tecnico e pratico, tutto è spiegato nella prima riga del post già citato: “Destiny 2 è troppo grande per poter essere mantenuto e aggiornato efficientemente”. Una scelta ponderata, insomma, quella di rifilare suddette ambientazioni in una sorta di archivio che, a detta di Bungie stessa, fungerà da inventario da cui attingere sia per riproporre all’occorrenza vecchie missioni e campagne, sia per riutilizzare assets e scenari già esistenti quando serviranno in occasione di nuove avventure, espansioni e quant’altro.
Non tutto è perduto insomma, nonostante l’operazione si porti dietro più di un dubbio a livello ideologico. Del resto, è un argomento già affrontato in altre occasioni, in situazioni ben più drammatiche e drastiche di questa, tantopiù se si considera che, ad oggi, Destiny 2 è un free-to-play.
La notizia di qualche giorno addietro, circa l’impossibilità di scaricare nuovamente i giochi già acquistati tramite il PSN su PS Vita, ha gettato ombre inquietanti sulla gestione e possesso dei contenuti digitali, sempre più evidentemente vincolati a limiti temporali ben più ristretti se paragonati a quelli imposti dai supporti fisici.
Già anni fa, i fieri possessori di una copia tangibile della remastered di DuckTales restarono impassibili alla rimozione del gioco dagli store digitali, scatenando comunque l’ira dei tanti che invece si videro negare qualcosa che avevano acquistato, pagando soldi che non sarebbero mai tornati indietro. Una situazione paradossale, che ancora nessun publisher ha realmente affrontato, che si è ripresentata anche con la chiusura dello shop digitale di WiiU, evento che ha costretto molti utenti ad acquistare hard disk esterni per scaricare l’intera libreria e preservarla in qualche modo.
Con il Deposito dei Contenuti la questione è da una parte più trasparente nei confronti dell’utente, ma dall’altra getta inquietanti ombre su una produzione certo votata al multiplayer, e quindi al cambiamento costante, ma intimamente connessa alla sua stessa lore, irrimediabilmente mozzata e mortificata da un provvedimento simile.
Tutto dipende da come verrà gestito l’archivio da Bungie, dalle finestre di accesso che verranno concesse ai vecchi contenuti, utili soprattutto ai neofiti per comprendere, almeno per sommi capi, quella che resta una trama già di per sé lacunosa e che si sviluppa soprattutto nei log, ancora consultabili fortunatamente, e tramite la narrazione ambientale, spesso ad appannaggio solo dei videogiocatori più accorti e curiosi.
Il futuro, in ogni caso, sembra legato a doppio filo ai “capricci” degli sviluppatori, che decideranno di volta in volta di cosa si comporrà effettivamente Destiny 2, offrendo all’audience solo una parte del tutto, sempre nuova e mutevole come il cambiare delle Stagioni che scandiscono il passare del tempo anche all’interno del gioco stesso.
Difficile, allo stato attuale, giudicare, positivamente o negativamente, la scelta di Bungie, tanto più che le PlayStation 5 e Xbox Series X sembravano aver ridotto sensibilmente i tempi di caricamento all’avvio del software e negli spostamenti da una destinazione all’altra. Inoltre, il precedente creato da The Elder Scrolls Online, che ormai da anni continua ad ingigantirsi senza alcuna titubanza, dimostra empiricamente che MMO titanici possono esistere senza grossi problemi anche in ambito console.
Eppure, stiamo pur sempre parlando di altre infrastrutture e, soprattutto, di un altro gioco, solo per sommi capi accostabile a Destiny 2 che, non dimentichiamolo, fa della collaborazione tra giocatori ben più che un tassello fondamentale dell’esperienza. Più contenuti, significa anche più scelta e quindi difficoltà nel concentrare un numero sufficiente di partecipanti nelle stesse attività.
In questo senso, escogitare un espediente per tenere unita la community non è solo consigliabile, ma fondamentale e concorde alla filosofia stessa del gioco. Il Deposito dei Contenuti, più di ogni altra cosa, sembra una feature necessaria per preservare il DNA di Destiny 2, un compromesso necessario che paradossalmente può aiutare soprattutto i neofiti ad immergersi nell’esperienza di Bungie, trovando sempre qualcuno con cui condividere un raid.
Resta tuttavia il fatto che chi ha pagato per esplorare la superficie di Marte resterà deluso, e avrà i suoi bei motivi per lamentarsi con Bungie. Ma questa è un’altra storia che qualcuno, prima o poi, dovrà affrontare con trasparenza.