Delusioni al Lido

Venezia 67, Giorno 8 - Ci si aspettava buone cose dalle proiezioni veneziane di Venus Noire e da Attenberg, due titoli in concorso, ma i risultati non sono soddisfacenti...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

  • Venus Noire
    Una donna africana dal fisico particolare è protagonista di tristi spettacoli nell'ottocento, in cui viene sfruttata per la curiosità di un pubblico affamato di emozioni. I modelli sono chiari: Freaks e soprattutto The Elephant Man, ma purtroppo non certo per il livello qualitativo raggiunto.
    Venus Noire sembra opera di un regista indulgente, che ha ottenuto grandi riconoscimenti con i suoi film precedenti e che non ha più' nessun produttore che lo limita. Verrebbe da consigliare a Abdellatif Kechiche di ripassare in sala di montaggio per affinare il film, tagliando (almeno) mezz'ora (ma magari anche un'ora).
    Un altro dei problemi del film è la descrizione della protagonista. Che, se vogliamo, è anche complessa, ma non certo piacevole. Si fa infatti fatica a capire se questa donna è una vittima o se è artefice del suo destino per interesse. A un certo punto, viene da pensare a un'evoluzione del suo personaggio, ma è un fuoco di paglia.
    E' evidente che il regista vuole parlarci dello sfruttamento umano, in particolare nel mondo dello spettacolo e nei confronti delle donne. Inoltre, si disquisisce sull'ipocrisia dello spettatore, che magari prima sfoga il suo voyeurismo e poi si indigna, tanto da arrivare a una scena (stupida ed eccessiva, come quasi tutta l'ultima mezz'ora) che mostra quanto è morboso il pubblico che assiste a questi spettacoli.
    Tuttavia, c'e' veramente bisogno di un film (per giunta cosi lungo) per capire concetti che dovrebbero essere assodati per tutti? Penso proprio di no...

  • Attenberg
    Ero molto curioso riguardo a questo titolo. La regista Athina Rachel Tsangari era la produttrice di Dogtooth, che come forse ricorderete era stato un titolo molto apprezzato da queste parti.
    In effetti, all'inizio viene da pensare a una storia simile, magari ambientata prevalentemente in una casa e con tanti aspetti morbosi, ben sottolineati da un brano dei Suicide. E la stramberia (e immaturità) dei personaggi ha qualche punto di contatto con il film del 2009.
    In realtà, Attenberg (dalla storpiatura di Attenborough) è una pellicola che punta più sul malinconico (come una scena di seduzione che si conclude in maniera inattesa) e sul poetico (le due ragazze che ballano e camminano). Nei momenti migliori, verrebbe da pensare al primo Nanni Moretti come punto di riferimento.
    Peccato che per il resto (ossia almeno 3/4 di film) ci sia molta autoindulgenza, fatta di dialoghi forzati sul sesso (con la creazione dei 'cazzalberi') e momenti di puro vuoto.
    Inoltre, il gelo compiaciuto con cui si parla di morte non scuote, ma lascia piuttosto freddi.
    Insomma, un film che, nonostante i tanti dialoghi sul sesso, risulta fin troppo sterile e impotente. In sintesi, una bella delusione...

 

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