Death Stranding, per un attimo ho sperato si trattasse solo di vaporware

Una riflessione sulla strategia comunicativa di Hideo Kojima riguardo Death Stranding

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Ve lo immaginate?

Ore a fissare uno schermo parzialmente oscurato, solo per restare sbigottiti di fronte ad un beffardo Hideo Kojima che svela l’inaspettato: Death Stranding, in realtà non esiste. O meglio: è esistito unicamente come performance artistica, un espediente utile ad analizzare criticamente certi meccanismi dell’industria dell’intrattenimento, gli ingranaggi che determinano ed influenzano attese, speranze, desideri dell’audience, un pubblico solo potenziale che sino al momento di mettere piede in una sala cinematografica, di aprire il libro tanto atteso, di prendere finalmente il pad in mano, va costantemente accompagnato, assecondato, imboccato.

L’ignoto fa paura ai publisher dell’entertainment, questo è certamente comprensibile volendo fare un discorso pratico, che non si nutra di precetti filosofici che non trovano spazio nei bilanci di fine anno da presentare agli investitori. Purtroppo questo terrore, ormai congenito, sembra essersi impadronito anche di tutti noi, di milioni di potenziali fruitori che non vogliono accettare la scommessa, il brivido, l’emozione di scoprire, di confrontarsi, di scontrarsi con un prodotto che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe anche non assecondare i nostri gusti, ricalcare le aspettative, garantire un minimo di qualità.

A nessuno piace spendere soldi inutilmente, teoricamente il compito della critica, anche del mio beninteso, consisterebbe soprattutto nel non farvi correre certi rischi, ma nell’era dei teaser trailer, delle sinossi anticipate, dei leak, dei walkthrough su YouTube e delle maratone di gameplay su Twitch, certe tendenze stanno francamente sfiorando l’ossessione.

[caption id="attachment_196010" align="aligncenter" width="1000"]Death Stranding screenshot Il gioco, tra le molte altre, vanta la collaborazione di Nicolas Winding Refn, genio visionario con cui il buon Kojima deve essersi trovato molto d’accordo, vista la natura enigmatica dei film del regista danese[/caption]

Ossessione che si fa violenta prepotenza, verbale beninteso, quando un game designer nipponico decide di contravvenire a qualsiasi regola d’ingaggio, decidendo di per sé quando, come e cosa mostrare di quella che resta pur sempre una sua creatura.

Purtroppo, perché al sottoscritto certi paradossi piacciono esageratamente, soprattutto quando si corre il rischio di essere testimoni di una presa di posizione che ha pretese dichiaratamente artistiche e perfino politiche, Death Stranding esiste e sarà disponibile a partire dal prossimo 8 novembre, almeno momentaneamente in esclusiva per PlayStation 4, perché già da più parti si vocifera di una successiva conversione almeno per PC.

"Death Stranding avrebbe potuto essere puro vaporware, un happening fine a sé stesso, tuttavia estremamente più comunicativo e suggestivo di tante produzioni tripla A contemporanee"Eppure, con una coerenza romantica che ha del commovente, il buon Hideo non ha piegato la schiena, proseguendo per la sua strada, sentiero impervio che, ingiustamente, sta incontrando le antipatie di molti, di quelli che vogliono sapere, vedere, toccare, per forza, a tutti i costi, ignorando e, anzi, controbattendo alla visione di chi ha tutto il diritto di fare come crede.

Tutt’al più che questa strategia comunicativa mai come in questo caso è frutto di una scelta consapevole, volutamente in controtendenza, parte integrante del manifesto di Death Stranding, gioco di connessioni cime ha più volte sottolineato Hideo Kojima, che proprio grazie a questa carenza di dettagli sta unendo, per l’appunto, così tanti videogiocatori, entusiasti di costruire insieme ipotesi condivise, partendo dai pochi indizi lasciati, mai casualmente, dal demiurgo di questo happening in salsa videoludica.

La stessa colonna sonora che si sta lentamente componendo in questa lenta successione di trailer, brano d’accompagnamento dopo brano d’accompagnamento, sta creando un autentico linguaggio a sé stante, Stele di Rosetta con cui tentare l’interpretazione dei significati celati e disciolti nel flusso di immagini, dialoghi, allegorie che compongono quest’autentica opera in preparazione all’opera vera e propria.

Death Stranding, forse mai del tutto, come da tradizione per l’artista giapponese, avrà modo di spiegarsi, mostrarsi, farsi giocare. Sarà quello il momento delle critiche, ce ne saranno certamente, dei pareri, delle considerazioni finali.

[caption id="attachment_196011" align="aligncenter" width="1000"]Death Stranding screenshot Trailer dopo trailer, il buon Sam ci sembra sempre più il classico eroe riluttante, tutt’altro che determinato e fiducioso sulla buona riuscita della sua missione[/caption]

In controtendenza, ma tornando all’autentica funzione di questo genere di filmati, con la serie di trailer Hideo Kojima è riuscito a creare aspettative, curiosità, stupore, senza mostrare mai troppo, senza rovinare alcuna sorpresa, senza esimerci dal compito, una volta tanto, di interpretare, fantasticare, ipotizzare.

Death Stranding avrebbe potuto essere puro vaporware, un happening fine a sé stesso, tuttavia estremamente più comunicativo e suggestivo di tante produzioni tripla A contemporanee. Ci sarà di più, tuttavia, ci sarà anche un gioco che, questa è la grande speranza, verrà scoperto lentamente da ognuno di noi, nel personalissimo momento di giocare. Che poi, al di là dei trailer, di YouTube, Twitch e mille altri social network, è la cosa che più di tutte ci piace fare.

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