Death Stranding, Hideo Kojima è come Piero Manzoni | gamescom 2019
Laddove Piero Manzoni, nel 1961, regalava al mondo dell’arte contemporanea la sua famosa "Merda d’artista", Hideo Kojima ci ha regalato la “Minzione di Sam”, ennesimo gesto provocatorio di una strategia comunicativa unica nel suo genere
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
E invece no, neanche questa volta possiamo affermare di aver effettivamente assistito alla presentazione di un video di gameplay. Laddove Piero Manzoni, nel 1961, regalava al mondo dell’arte contemporanea la sua famosa "Merda d’artista", defecando metaforicamente su certi meccanismi che regolavano e regolano la percezione di un’opera e la sua valutazione ed analisi da parte della critica, Hideo Kojima ci ha regalato la “Minzione di Sam”, ennesimo gesto provocatorio, nonché estremo atto di un happening che persiste sin dal giorno in cui siamo venuti a conoscenza dell’esistenza del gioco.
[caption id="attachment_186341" align="aligncenter" width="1000"] Si tratterà perlopiù di una lotta contro la natura ostile?[/caption]
Ciò che ci era parso, un simulatore di fattorino in un mondo ostile e selvaggio, ci sembra tale tanto più adesso. Sam, del resto, in questa demo si è limitato ad urinare e a scalare una parete ripida, confermando al tempo stesso tutti i dubbi che ruotano attorno ad un gameplay che, attualmente, non sembra così rivoluzionario come auspicato.
In particolar modo ci ha colpito l’icona che segnala il peso del carico trasportato, valore che, ne siamo certi, sarà il discriminante che determinerà il sentiero da percorrere, piuttosto che il gadget a cui affidarsi per sormontare l’ostacolo di turno.
Non solo. Quando il protagonista compie un passo falso, cadendo rovinosamente in un burrone, si svela il profondo rapporto che lo lega al suo Bridge Baby, nonché l’effettiva necessità di ricollegare, in qualche modo, le tante città che compongono le UCA (Città Unite d'America), riattivando (o rifornendo) dei nodi energetici sparsi per lo scenario.
"Hideo Kojima ci ha regalato la “Minzione di Sam”, ennesimo gesto provocatorio, nonché estremo atto di un happening che persiste sin dal giorno in cui siamo venuti a conoscenza dell’esistenza del gioco"A conti fatti, insomma, Kojima in questi lunghi mesi di gestazione ha mostrato, senza palesare; ha accennato, senza indicare; ha spiegato, senza chiarire, rilasciando tutta una serie di dichiarazioni che effettivamente non hanno fatto altro che descrivere quanto abbiamo visto sino ad oggi. Il discorso, naturalmente, è identicamente applicabile alla trama, nonostante i tanti dettagli ancora da capire e scoprire.
Già, scoprire, attività, per una volta, totalmente a carico del fruitore, fin troppo spesso esentato da questa pratica a causa di trailer, presentazioni, leak che privano il videogiocatore (ma anche lo spettatore di film e serie TV) del piacere di immaginare, sperare, valutare in prima persona.
Quello di Death Stranding, a poco più di due mesi dalla pubblicazione, è già stato un bellissimo viaggio fatto di supposizioni, teorie e anche un pizzico di frustrazione dovuta ad una strategia comunicativa quanto mai inusuale e, paradossalmente, anacronistica, fatta più di dichiarazioni e di tweet, che di video e demo.
[caption id="attachment_198600" align="aligncenter" width="1000"] Oltre alla demo, abbiamo assistito ad un trailer che ha ulteriormente chiarito il ruolo di Deadman, il personaggio interpretato da Guillermo del Toro, nella trama del gioco[/caption]
Ciò che è certo, è che era difficile farsi un’idea precisa di ciò che sarà l’opera di Kojima allora, esattamente come lo è adesso, dopo l’ennesimo trailer-non-trailer mostrato in occasione della gamescom 2019.
Death Standing, per le reazioni che ha saputo generare, è già da ora un’opera dotata di un significato autonomo, che nella minzione di Sam, che pur avrà il suo peso nel gameplay del gioco, ha trovato la sua definitiva consacrazione, atto un po’ dissacrante che ha ribadito la messa in discussione delle strategie comunicative che di norma regolano ed influenzano la fase di produzione di un oggetto culturale.
Resta da vedere, se dopo questo avvincente viaggio esotico, dopo questo atipico remake della "Merda d’artista" di Manzoni, anche l’avventura di Sam Bridges saprà regalarci altrettante emozioni e saprà suscitare ipotesi, teorie e riflessioni ugualmente feconde.
Ma per questo, ormai è chiaro, ci toccherà aspettare sino all’8 novembre.