Dead or Alive 6, il fanservice, i vestiti succinti e la "morbidezza": è il caso di farsene una ragione?

Ancora una volta Dead or Alive ci fa riflettere sul valore dei suoi contenuti fanservice

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In questi giorni, l’avrete letto sicuramente, abbiamo recensito Dead or Alive 6. Se non avete ancora letto la nostra analisi potete raggiungerla facilmente a questo indirizzo, il cui verdetto è che si tratta di un buon esponente della serie, anche al netto delle molte perplessità che riguardano, principalmente, i contenuti di gioco. Ma stavolta vogliamo soffermarci su ciò che il gioco rappresenta riguardo la figura femminile, la donna nei videogiochi. Per anni, infatti, la saga è stata tra quelle produzioni videoludiche tacciate di promuovere una versione eccessivamente stereotipata e caricaturale della donna, al limite (e per qualcuno anche oltre) del sessismo, della misoginia e di tutto ciò che riguarda in generale la mercificazione della donna.

Non ci sentiamo affatto di dare torto a chi ha mosso queste accuse per anni. Dead or Alive ha costruito il franchise anche intorno alla bellezza delle proprie protagoniste, arrivando addirittura alla serie spin-off Xtreme Beach Volleyball, nella quale l’immaginazione deve veramente sforzarsi pochissimo per intuire cosa c’è sotto ai costumi striminziti delle varie Hitomi, Ayane e compagnia bella.

A questo proposito Koei Tecmo ha fatto sempre fatica a promuovere le proprie produzioni in Occidente. È noto, e lo dice anche spesso il buon Francesco Alò di BadTaste riguardo il mondo del cinema, che la nostra società ha un problema con la sessualità. Ne siamo spaventati, siamo estremamente suscettibili al riguardo, e soprattutto nei confronti del genere femminile c’è sempre una miccia troppo corta pronta a far esplodere questioni e polemiche che vanno oltre ogni misura comprensibile.

[caption id="attachment_193799" align="aligncenter" width="1280"]Dead or Alive 6 screenshot In Dead or Alive 6 c'è anche il photo mode, destinato solo ai replay salvati[/caption]

D’altra parte anche il Giappone ha un problema con la sessualità, ancora una volta col genere femminile in particolare, ma da una prospettiva diametralmente opposta. Per fare un esempio, la pornografia giapponese censura l’organo genitale maschile, ma contemporaneamente esistono vagoni dei treni esclusivamente per donne con lo scopo di evitare che le passeggere subiscano violenze o molestie di qualche tipo. All’industria videoludica giapponese, inoltre, piace costruire le figure femminili in un certo modo, di tanto in tanto. Senza voler tirare fuori l’erotismo quasi comico del franchise di Senran Kagura (di cui abbiamo recensito un episodio recentemente) pensiamo solo per un attimo a Quiet, la cecchina interpretata da Stefanie Joosten in Metal Gear Solid V: The Phantom Pain.

Al riguardo, Hideo Kojima stesso disse che pensò l’outfit del personaggio con l’unico scopo di ispirare le cosplayer, e durante il corso del gioco non c’è mai una spiegazione plausibile per cui un agente operativo debba andare in giro vestita in quel modo (mentre gli uomini sono, giustamente, bardati come si deve). O meglio, una spiegazione a livello narrativo c’è, ma è talmente improbabile - anche per gli standard esagerati di Metal Gear Solid - che è evidente sia stata costruita a posteriori solo per mettere una pezza.

[caption id="attachment_193798" align="aligncenter" width="1280"]Dead or Alive Xtreme 3 screenshot Un po' di gameplay c'è in Dead or Alive Xtreme 3, anche se non sembra[/caption]

Questa situazione al limite ha portato Koei Tecmo in particolare, ma non solo, a dover prendere decisioni singolari riguardo i propri titoli. Dead or Alive Xtreme 3, datato 2016, non è mai stato commercializzato in Occidente. La motivazione? Verrebbe da pensare ai costi della localizzazione, a problemi distributivi o alle scarse prospettive di vendite, considerata la particolarità del titolo. In questa iterazione dello spin-off di Dead or Alive, il gameplay aveva abbandonato quasi del tutto ogni velleità sportiva, focalizzandosi quasi del tutto sul puro fanservice: le ragazze potevano abbronzarsi, i corpi erano ancora più rotondi e morbidi e di fatto si giocava con delle vere e proprie bambole digitali fotorealistiche che potevano essere vestite con una miriade di costumi da bagno, alcuni dei quali al limite del soft porn. Invece, su Facebook un esponente dell’azienda rispose riguardo la mancata pubblicazione del titolo in Occidente così:

“Ha idea di quanti problemi ci siano nella video game industry riguardo le donne nei videogiochi? Non vogliamo parlare di tali questioni in questa sede. Sappia che è una decisione che abbiamo ponderato negli ultimi due anni circa”

Per evitare polemiche, Koei Tecmo non prese in considerazione la release occidentale del titolo. Difficilmente sarebbe stato un best seller, intendiamoci, ma nonostante tutto fu un avvenimento che fece riflettere. Negli anni, situazioni del genere si sono ripetute oltremodo. Ricorderete la censura delle animazioni di ingresso di Cammy e quella della super di Rainbow Mika in Street Fighter V, che mettevano rispettivamente in mostra la zona inguinale ed un vigoroso schiaffo sulla natica, ma anche la rimozione del costume a bikini per Lin Lee Koo di Xenoblade Chronicles X, giudicato eccessivo per una tredicenne (nella versione americana ed europea del gioco viene descritta come quindicenne, tra l’altro), tanto per citarne un paio.

[caption id="attachment_193801" align="aligncenter" width="960"]Giornalisti tette meme Possiamo riassumerla così?[/caption]

Anche Valve è andata nel pallone non molto tempo fa riguardo i contenuti erotici presenti sulla sua piattaforma Steam. Partendo dall’impossibilità di arrestare la pubblicazione di contenuti incompleti, al limite della truffa e del raggiro, Valve decise per un periodo di togliere ogni contenuto spigoloso o problematico dal suo store, compresi tutti i videogiochi erotici già presenti da tempo, che facevano portare comunque a casa la proverbiale pagnotta ad altrettanti sviluppatori, i quali, da un giorno all’altro, si ritrovarono espulsi da Steam. C’è un evidente problema riguardo la sessualità nei videogiochi, che abbiamo esplorato e vissuto in lungo ee in largo, volendo anche citare il GamerGate, la cui onda lunga non si è mai arrestata del tutto.

Mentre, per fare un esempio, Soul Calibur 6 celebra la bellezza dei suoi personaggi, con tanto di editor in cui creare un combattente personalizzando ogni singolo dettaglio, di nuovo Koei Tecmo si è ritrovata a dover fare i conti con le proprie idee. Nel giugno del 2018 il director del gioco Yohei Shimbori annunciò che Dead or Alive 6 sarebbe stato meno incentrato sulla sessualità, scatenando le ire dei fan, ma alla prova dei fatti le cose sono rimaste le stesse. Come accennato nella recensione, infatti, tutte le rotondità delle ragazze si muovono allegramente quando sollecitate da movimenti nemmeno troppo bruschi.

Il bouncing si può disattivare dalle impostazioni ma, nonostante la figura barbina all’EVO Japan dello scorso febbraio, con la manifestazione che si è scusata per le scenette imbarazzanti messe in atto dai caster, Dead or Alive 6 è arrivato al lancio con questa feature sana e salva. Non solo, ai microfoni di Game Informer, Shimbori-san ha anche dichiarato di aver lavorato fino all’ultimo per rendere Dead or Alive 6 il più morbido possibile, e con le patch future vuole addirittura aumentare la fisica riguardante il seno delle lottatrici, così come aggiungere tanti, nuovi, costumi succinti.

[caption id="attachment_193797" align="aligncenter" width="1280"]Dead or Alive 6 screenshot Tra i costumi più esagerati di Tina, ma quello base è decisamente più pudico[/caption]

Una parentesi sui costumi, ai quali bisogna dare atto di essere più morigerati rispetto al passato. La nuova tuta di Kasumi, ad esempio, è estremamente rigida e non lascia spazio ad un centimetro di pelle (ma è attillatissima, quindi nessuna fatica per la fantasia), ed in generale i costumi delle lottatrici sono abbastanza accettabili in termini di sensualità estrema. Giusto Nyotengu è quasi nuda – ma si sa che le donne più sono malvagie e demoniache e meno amano i vestiti – e Tina sfoggia una divisa da wrestler molto aggressiva, ma niente che non si sia visto nella realtà con le Divas della WWE. I costumi aggiuntivi sbloccabili invece apriti cielo, con alcuni outfit che non superano il confine del soft porn per un soffio. Alla fin fine, quindi Koei Tecmo e Team Ninja hanno rinunciato solo all’apparenza a ciò che ha reso celebre la saga: sensualità e costumi pruriginosi (il Season Pass completo costa qualcosa come 93 dollari, tanto per intenderci sulla quantità di contenuti).

"Accettiamo la violenza, da quella gratuita (e, a tratti, realmente offensiva) di un Hatred fino a quella più o meno contestualizzata di un Red Dead Redemption 2,arrivando all’estremo delle fatality di Mortal Kombat, ma il sesso è ancora un fortissimo tabù"Che dobbiamo fare, quindi, con queste donne? È comprensibile, anche molto, che qualcuno possa sentirsi infastidito da come siano rappresentate in Dead or Alive 6 e soci, perché di certo non siamo di fronte alla forma più alta di eleganza. D’altro lato, finché gli stessi creativi alle spalle di titoli del genere si battono perché la loro idea non venga modificata dalle reazioni del mercato, chi siamo noi per combattere delle guerre contro il fanservice erotico? Perché, tornando all’episodio di prima, Koei Tecmo deve sentirsi costretta a non pubblicare Xtreme 3 in Occidente per la paura delle reazioni?

Un medium di intrattenimento dovrebbe essere capace di trattare ogni argomento, su qualsiasi spettro e scala. Accettiamo la violenza, da quella gratuita (e, a tratti, realmente offensiva) di un Hatred fino a quella più o meno contestualizzata di un Red Dead Redemption 2,arrivando all’estremo delle fatality di Mortal Kombat, ma il sesso è ancora un fortissimo tabù. Questo non significa passare all’estremo opposto, ovvero pubblicare videogiochi in cui si offendono deliberatamente minoranze, generi, o qualsiasi altra cosa solo per il gusto di farlo e senza nessuna velleità artistica, satirica o politica che sia. È giusto che ci sia un controllo, o in generale una reazione comprensibile e ponderata nel caso si sorpassi un limite, come nel caso dei famigerati simulatori di stupro, che provengono sempre dal Sol Levante.

https://www.youtube.com/watch?v=xuSYd5CO0Xg

Ci sono argomenti per i quali, anche volendoli trattare sotto una chiave satirica o di denuncia, il videogioco è un medium che forse non è ancora maturo. Ma altri, invece, bisogna iniziare ad affrontarli con una certa tranquillità, affinché esso possa crescere. Tra questi, la sessualità, per far sì che la suscettibilità generale del settore diminuisca e che si riescano ad affrontare questi argomenti senza, ogni volta, assistere a conflitti etici di qualche tipo.

Sarebbe il caso, quindi, di iniziare a farcene una ragione. Anche perché non è che non ci siano casi di personaggi femminili di spessore nel mondo dei videogiochi. Senza voler scomodare la solita Lara Croft, abbiamo una Bayonetta che è forse la figura (fittizia) più femminista mai apparsa nella storia del videogioco. Riguardo Dead or Alive 6 potremmo capire se le combattenti di sesso femminile fossero dipinte come deboli, in cerca della continua protezione di un uomo (e con tutti quei paradossi e stereotipi riguardo le donne effettivamente fastidiosi da vedere nel 2019), ma le tier list di ogni episodio della serie sono state sempre popolate per la maggior parte proprio dalle ragazze. Neanche ci si può appellare al sesso debole, insomma.

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