David Fincher racconta a Ben Affleck un fallimento da regista
David Fincher e Ben Affleck parlano di regia: dalla creazione di Mank allo stile da adottare sul set e il rischio di scoraggiare gli attori
La discussione tra i due si è concentrata soprattuto sulla genesi di Mank, dall’idea della sceneggiatura del padre all’effettiva realizzazione molti anni dopo. I due hanno parlato delle difficoltà di trovare i finanziamenti a Hollywood per produrre un ambizioso film in bianco e nero dall’appeal ben poco commerciale. Ben Affleck ha incalzato il collega con una domanda diretta (e provocatoria):
"Chi altri avrebbe potuto produrre Mank se non Netflix?"
Fincher non si è particolarmente esposto alla polemica, sostenendo di non avere nessuno da incolpare. È anche vero però che molti altri studi ebbero in passato la possibilità di dare luce al film. La Universal aveva rifiutato nel 1995 e nel 1997 per via di accordi di distribuzione che mettevano delle clausole sul bianco e nero (il regista non è entrato più nello specifico). Ben Affleck ha dato man forte al collega dicendogli di avere bene in mente le difficoltà che si incontrano quando si propone ad uno studio un film in bianco e nero sulla creazione di Quarto potere. Ha continuato poi dicendo di considerare Mank come il primo esempio della grandezza di Netflix: “non so se un film del genere sarebbe mai stato fatto alla Warner”. 25 anni di tentativi falliti dimostrano la sensatezza di questa affermazione, ha risposto Fincher.
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Il fallimento del metodo David Fincher
Lo stile di regia peculiare di David Fincher, la sua gestione del set, non smettono di attirare l’attenzione e la curiosità. Spesse volte i toni con cui se ne parla sono quelli dell'ammirazione più assoluta. Questa volta però Ben Affleck è riuscito a fargli raccontare un caso di fallimento della sua tecnica.
L’attore e regista ha detto stimare la precisione con cui ha preparato il film Panic Room. Nei materiali di produzione, negli storyboard e nelle note di regia non erano indicate solamente le inquadrature e la posizione della cinepresa, ma anche la posizione precisa degli attori in ogni scena. Ma non solo: erano indicate anche le cose che gli attori non dovevano fare.
Non fu una buona idea, secondo David Fincher, e non funzionò per un motivo preciso: "perché ha sostituito la libertà della professionalità degli attori". È importante infatti che ogni voce sul set venga stimolata a osservare quello che succede e dare la propria opinione ha ribadito. Occorre infatti che le persone possano dire apertamente quando ritengono che ci sia qualcosa da correggere, “fermare il treno” e ripartire.
Sul set di Panic Room ho capito che l’ultima persona che volevo respingere dal processo creativo era Forest Whitaker, perché ha così tanto da dare nel momento delle riprese, è così bravo in questo. Quattro o cinque settimane dopo che avevamo ricominciato a girare, perché avevamo fatto delle riprese aggiuntive, si è scoraggiato.
Un altro esempio è l’esperienza di Carrie Coon sul set di Gone Girl. Quando Fincher le diceva di girare ancora una volta la scena, l’attrice si risentiva credendo di aver fatto qualcosa di sbagliato. Il punto, dice il regista, è che non c’è un giusto o sbagliato. Quando le persone escono da questa mentalità e non si sentono offese dal dover rifare più volte la stessa scena, allora si crea sul set un clima di positiva creatività.
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Fonte: Variety