David di Donatello 2023: sta succedendo qualcosa

La premiazione dei David di Donatello 2023 ha dato il maggior numero di premi più importanti ai film più visti della stagione, che succede?

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

La serata di premiazione dei David di Donatello 2023 ha mostrato ancora una volta segnali di maturazione dell'industria, scelte più sensate e un gusto più in linea con quello del pubblico

Ci sono due dei maggiori successi italiani della passata stagione tra i film più premiati di questi David di Donatello. Già l’anno scorso vincevano Freaks Out ed È stata la mano di Dio, due film molto guardati. È un passo in avanti gigantesco rispetto al 2018, l’anno terribile, in cui i David più importanti andavano ai film che avevano incassato meno di tutta la stagione (Nico, 1988, A Ciambra, Sicilian Ghost Story, Gatta Cenerentola, Fortunata). Invece quest’anno ha vinto La stranezza con 4 premi, il caso della stagione, un film che non si credeva capace di intercettare così bene il gusto del pubblico e invece mettendo insieme due comici estremamente popolari (Ficarra e Picone) con un attore considerato tra quelli di maggior peso specifico (Toni Servillo) in una storia di tradizione italiana e buona cultura scolastica (Pirandello) ha fatto il miracolo e attirato un target molto più ampio di quello prevedibile. Giustissimi quindi sia il David alla miglior sceneggiatura originale che quello al miglior produttore. La stranezza è stata un’operazione impeccabile.

L'operazione più rischiosa e eccitante semmai è Le otto montagne, l’altro grande vincitore sempre con 4 premi, un film di vette e uomini tratto da un romanzo, a produzione italiana ma con marito e moglie dal Belgio a dirigere. Anche lì un successo di botteghino che in pochi avrebbero previsto nonostante l’unione della coppia Borghi/Marinelli e nonostante l’evidente bontà del film. Sembrava destinato a soccombere in questi David e invece ha portato a casa gli indubbi David per la migliore sceneggiatura adattata, la miglior fotografia e il meritato premio al miglior film (più quello per il miglior sonoro). Gli è mancata la migliore regia (andata a Bellocchio con una scelta molto conservativa) e ovviamente gli è mancato il premio che meritava più in assoluto, quello agli attori. 

C’è da pensare che se Borghi e Marinelli non fossero stati entrambi candidati nella stessa categoria, finendo sicuramente per sottrarre l’uno voti all’altro, ma si fossero divisi, uno come miglior protagonista (Marinelli, perché se proprio si deve scegliere è un po’ più la sua storia) e l’altro in miglior non protagonista, avrebbero vinto entrambi (e magari ci sarebbe stato spazio nella categoria miglior protagonista per Favino, inspiegabilmente fuori nonostante l’eccezionale lavoro fatto in Nostalgia). Due come loro, così bravi, così di successo, così amati e soprattutto così uniti e amici, come si è visto più volte anche durante la serata, forse non si erano mai visti nel cinema italiano. Forse era dai tempi di Sophia Loren e Marcello Mastroianni che non esisteva una coppia di attori al tempo stesso così affiatati e così benvoluti. Un asset commerciale senza pari, un poster per il nostro cinema imperdibile.

I premi agli attori li hanno invece vinti senza grande fantasia Fabrizio Gifuni per Esterno notte (la scelta conservativa, anch’esso 4 David incluso miglior regia) e Francesco Di Leva per Nostalgia (il vero sconfitto). Molto più interessante invece la premiazione delle attrici. Si è confermato il gradimento eccezionale (e meritato) che esiste intorno a Emanuela Fanelli, ma che non è cinematografico, come ha notato anche lei nasce in televisione con la trasmissione Una pezza di Lundini. La sua parte in Siccità è breve e non eccezionale, lo stesso ha vinto il premio battendo attrici più note. Come spesso capita da noi le star le costruisce la televisione. Soprattutto è stato sancito il talento fuori dalla norma di Barbara Ronchi. Da qualche anno è riuscita ad imporsi, è una delle attrici più brave, versatili e potenti che abbiamo (basta vedere cosa fa in Mondocane), Settembre non aveva necessariamente le carte per battere L’immensità e il ruolo molto più fiammeggiante e clamoroso di Penelope Cruz (presente alla serata) e invece ce l’ha fatta. Non è una cosa da poco.

L’impressione non è certo che l’industria del cinema italiano si sia adattata e abbia cominciato a votare i film che le persone hanno visto (figuriamoci!) ma che la produzione stia con molta calma virando verso una concezione che è l’opposto di quello snobismo terribile che ha rivendicato Fabrizio Gifuni nel ritirare il premio, la libertà creativa “svincolata dalle logiche del profitto” che al cinema significa sempre “svincolata dal pubblico”. Invece l’impressione è che film come Le otto montagne, Esterno notte e La stranezza siano qualcosa che il nostro cinema ha sempre prodotto e che ora arrivino con una produzione e un atteggiamento più commerciali e che per questo riescano a piacere di più. Non è abbastanza (altrimenti il cinema italiano non soffrirebbe al botteghino) e non è vario (il target più o meno è sempre lo stesso) ma è qualcosa. 

Ha vinto inoltre Giulia Steigerwalt, sia per il David alla miglior regista esordiente, sia per il premio a Barbara Ronchi, protagonista del suo film. Non era facile e sicuramente Settembre (che è un buon film e merita) ha avuto l'appoggio di una produzione più importante di quella che di solito si permettono gli esordienti o che avevano i suoi rivali. Ma bene così. Sono anni che Giulia Steigerwalt scrive i migliori copioni commerciali che vediamo e che questo venga sancito (anche se con un premio alla regia) è solo che giusto. Il cinema che lei fa non è per forza quello che prende premi, anche se possiede un tono e una capacità molto migliori della media. Matteo Rovere, che è suo produttore e marito, lo sa e forse anche per questo si è così commosso (probabilmente no, ma è bello pensarlo).

È molto molto molto complicato dire se in tutto questo abbia giocato un ruolo la maniera in cui Piera Detassis da diversi anni ha iniziato a cambiare i David di Donatello. Non ci sono dubbi che il premio non sia quello di prima, a partire dalla composizione dei votanti (nota per il lettore: parte di questi cambiamenti è stato l’inserimento di una quota di giornalisti e critici che ha fatto sì che due membri della redazione di Badtaste.it rientrino tra i votanti) ma anche nell’atteggiamento generale che ha nei confronti del cinema, in cosa promuove e in come lo fa. È complicato tirare una linea tra questo e i premi più sensati che cominciamo lentamente a vedere, soprattutto perché intanto il cinema italiano passa in mezzo a tantissime altre rivoluzioni. Però è indubbio che se i David non hanno guidato questo cambiamento non ne sono esterni, anzi tengono il passo e, sempre con molta lentezza (i veri cambi richiedono tempo), cercano di essere il volto migliore del cinema italiano da che ne erano diventati il più sconfortante.

Continua a leggere su BadTaste