David di Donatello 2022, l'anno in cui ci fu una nomination per tutti

In un'annata di eccezionale densità di film importanti, le nomination ai David di Donatello da studiare sono quelle delle migliori attrici

Critico e giornalista cinematografico


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Lo sapevamo da mesi, il 2021 è stato un anno inusualmente denso di film grandi. La compressione delle mancate uscite del lockdown ha portato ad un’annata in cui Nanni Moretti, Gabriele Mainetti, Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino, Mario Martone, i fratelli Manetti, i D’Innocenzo, Alice Rohrwacher, Giuseppe Tornatore, Francesco Munzi e Leonardo Di Costanzo hanno tutti avuto un film in uscita. Sono nomi che, a livelli diversi, animano le nomination ai David e che in altre annate avrebbero dominato. Invece adesso in modi differenti si spartiscono le nomination. Chi con molto, chi con poco, chi con pochissimo. Inevitabilmente sarà questo un anno con più sconfitti che vincitori. E di contro sarà molto bello vedere una serie di nomi necessariamente meno grandi nei premi dell’anno prossimo.

Se lo straripare di candidature per È stata la mano di Dio era abbastanza scontato (non è difficile immaginare che uscirà dalla serata levandosi molte soddisfazioni), è un piacere vedere che l’industria ha capito il lavoro dietro Freaks Out, a pari merito quanto a numero di candidature (16) e per il quale bisognerebbe invece lottare affinchè ne sia riconosciuta l’eccezionalità. Se questo dato indica qualcosa infatti è la comprensione non scontata di come questi siano i film in cui c’è stato un lavoro maggiore a tutti i livelli, quelli espressione di un cinema totale che tocca ogni ambito, che non lascia nessun sasso scoperto che utilizza ogni strumento possibile nella maniera migliore. Certo è anche il cinema con i budget migliori (ma non sono gli unici film costosi di quest’annata), quelle risorse però bisogna saperle usare bene. In questo senso sarebbe auspicabile che la statuette del miglior produttore andasse all’incredibile impresa Freaks Out.

All’inverso, rimasti penalizzati da questa concentrazione sono forse stati i fratelli D’Innocenzo, con solo 3 candidature. America Latina è sicuramente il film più difficile tra quelli usciti quest’anno e avrebbe avuto bisogno di una competizione meno violenta per emergere (lo stesso è incredibile che non abbia la nomination per la miglior scenografia, un premio che proprio dovrebbe vincere a mani basse).

Promesse mancate

A fronte di tutto questo però una nota. Nel 2016 Lo chiamavano Jeeg Robot usciva come vincitore della serata. Nel 2017 Veloce come il vento raccoglieva una gran numero di premi soprattutto tecnici (6). Sembrava l’alba di un mondo diverso. Oggi, 6 anni e molti tentativi di film spettacolari italiani dopo, possiamo dire che invece di abbracciare quei film i David hanno abbracciato quei nomi, quegli autori, accolti nell’empireo di solito riservato al cinema tradizionale. Rimangono infatti fuori dalle nomination film che hanno seguito quel filone come Mondocane.

Rovescio della medaglia e parzialissima consolazione è invece la presenza di Laura Samani e del suo Piccolo corpo tra i candidati al miglior esordiente (si spera molto in una vittoria anche perché gli altri candidati non sono a livello ma, ahimè, storicamente questa è una categoria in cui raramente ha vinto davvero l’esordiente più promettente).

L’arena violentissima dei documentari

Il culmine di anni di crescita del nostro documentario è questa annata di “concentrazione” di grandi titoli, in cui per quella statuetta c’è una lotta durissima. Il David al miglior documentario ha 5 titoli formidabili: Marx può attendere, Futura, Onde radicali, Atlantide e Ennio. E proprio quest’ultimo, probabile vincitore, ha 6 nomination in totale, un caso più unico che raro, che fa un po’ il paio con quello che abbiamo visto accadere agli Oscar, dove Flee non era solo candidato a miglior documentario ma era arrivato anche a miglior film (come Ennio).

È senza dubbio un cambio opportuno che arriva a fotografare l’esistente, a ratificare la potenza di questa forma di produzione, specialmente in Italia, oltre alla sua ricchezza e varietà di approccio (ci sono Munzi, Alice Rohrwacher, Marcello, Tornatore e Bellocchio dentro, due nomi che solitamente vediamo in altre categorie). Senza dubbio in quella categoria c’è la miglior concentrazione di cinema di tutta la serata.

Le nuove nomination ai David per la miglior attrice

Impossibile infine non notare la stranezza della categoria Miglior attrice protagonista, luogo in cui di solito si trovano i nomi maggiori del cinema italiano e che invece trabocca di esordienti o semi esordienti. Esclusa Miriam Leone e la sua nomination per Diabolik, c’è Aurora Giovinazzo per Freaks Out, Swami Rotolo di A Chiara, Rosa Palasciano di Giulia (che ha fatto una gran campagna per arrivarci e se lo merita) e Maria Nazionale per Qui rido io. Esclusa quest’ultima sono tutte sotto i 36 anni. Esclusa Miriam Leone, nessuna ha più di 4 film sulle spalle. E non è troppo diverso il discorso per le attrici non protagoniste, pochi i nomi maggiori, molti i nomi con meno esperienza.

Se i David e le loro nomination sono anche un modo per capire che stagione cinematografica è stata, questo dettaglio ci racconta il cambiamento del cinema italiano. Più storie con al centro donne, un rinnovo molto forte tra le attrici e un ampliamento delle forze in campo.

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