Dan The Man, quando il retrogaming è più moderno dei videogiochi tripla A
Scaricato senza dargli troppo peso, Dan The Man si è rivelato essere la scoperta del mese
Scaricato gratuitamente dall’App Store con pochissime aspettative e solo il blando desidero di un po’ di piacere sinestetico, Dan The Man si è rivelata una sorpresa. Non ci sono dubbi che ad oggi solo il retrogaming soddisfi la necessità di botte, rapidità e saturazione dei sensi, quello complesso di azioni semplici da compiersi in combinazioni sempre più complesse e rapide tipico del platform. E questo promette Dan The Man: venite per le botte a gran velocità e rimanete per la storia. Forse è così proprio perché la trama non appartiene a Halfbrick, lo studio già responsabile di Fruit Ninja (loro sì che sanno cosa significa giocare con la velocità e lavorare sul piacere del giocatore), ma a StudioJoho che invece si occupa di animazione o, per essere più precisi, di storytelling.
Sono stati loro, 6 anni fa, ad inventare Dan The Man per un video finito in rete con straordinario successo. Un corto in cui un personaggio da videogioco vive un’avventura videoludica semplice, al termine della quale, sconfitta la minaccia e salvata la principessa, scopre di doverci anche convivere, sacrificando i soldi accumulati, finendo per indebitarsi comprando macchine, televisori ed elicotteri e subendo un pestaggio al momento del pignoramento. Da quel video è nata 3 anni dopo una webserie di 7 episodi, più elaborata e peculiare nello svolgersi della trama, che ha a che vedere con i sentimenti, le amicizie e le diverse vite che si possono vivere, ma sempre con la metafora del personaggio di un platform (la parte in cui accede ad un MMO è incredibile). La webserie però non si conclude perché Dan The Man, il videogame vero, sarebbe l’ottavo e ultimo episodio (non a caso il primo stage è 8-1).
"Facendo finta di seguire la falsariga di qualsiasi platform degli anni ’90, Dan The Man introduce lentamente elementi che non avrebbero nulla a che vedere con esso"Facendo finta di seguire la falsariga di qualsiasi platform degli anni ’90, Dan The Man introduce lentamente elementi che non avrebbero nulla a che vedere con esso, come un board amministrativo alle spalle del re costantemente in bagno o in piscina, un esercito di ribelli che sempre di meno pare immacolato, una specie di essere mistico, una ragazza prigioniera e due amici maniaci del sesso ma preoccupati per la sopravvivenza della loro gente. Tutto avviene saltando e dando calci e pugni, senza parole, inseguendo soldi come ricompense ed evitando trappole , insomma tutto l’armamentario classico che di stage in stage conduce dal villaggio alla cima del castello del re.
[caption id="attachment_164883" align="aligncenter" width="600"] Dan The Man - screenshot[/caption]
Questo tipo casual game che punta sul fascino delle sinapsi messe alla prova, della coordinazione testa-mano sempre più ardita, affinata, allenata e scandita, della goduria del risultato ottenuto in un caos ludico denso di colori sparati, musica, effetti sonori e nemici massacrati in sequenza, centra in pieno la ricetta della gran parte dei giochi per NES e SNES ma oggi, nell’era dell’indie gaming, non può non avere anche un altro sapore. Che è l’esemplificazione migliore delle conquiste della videoludica come forma d’arte: non accontentarsi di essere ordinaria ma accettare la propria natura di medium narrativo ed offrire accanto al gioco (e quindi accanto ad un’idea di videogame) anche un’idea di mondo.