Dai fumetti al piccolo schermo: andata e ritorno - The Walking Dead, le ragioni di un successo passato, presente e futuro

Analizziamo assieme cosa ha reso The Walking Dead, fumetto prima e serie TV poi, un longevo caposaldo della narrativa e cultura pop del XXI secolo

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In attesa del ritorno di The Walking Dead con la sua ottava stagione, previsto per il prossimo 22 ottobre sul canale americano AMC, proviamo ad analizzare assieme ciò che ha reso questa serie TV lo show di maggiore successo sul piccolo schermo tra quelli tratti da un fumetto.

Il fatto che The Walking Dead rappresenti oggi un fenomeno di cultura pop ben consolidato è un dato di fatto, come dimostrato dal raggiungimento - senza alcuna difficoltà - dell'ottava annata di vita dello show, così come dalla realizzazione dello spin-off Fear The Walking Dead. Nonostante le tante critiche piovute addosso alla serie TV - alcune delle quali assolutamente fondate e legittime - e diversi errori e sviste che sembrano quasi aumentare progressivamente, The Walking Dead è ancora lì, ben saldo, e rappresenta il prodotto di punta dell'emittente AMC, così come una delle serie più seguite della storia della televisione.

Quasi come fosse il magico risultato di un'equazione perfetta, lo show sta ripercorrendo in maniera pedissequa quanto fatto precedentemente dalla serie originale a fumetti a cui è ispirato: il fumetto di The Walking Dead, creato da Robert Kirkman nel lontano 2003, raggiungerà proprio domani negli Stati Uniti il numero #170, traguardo straordinario per un titolo creator-owned e non pubblicato da una delle due major - Marvel e DC Comics - americane.

Ma quali sono gli ingredienti segreti che hanno reso quella di The Walking Dead una ricetta vincente?

Nella nostra analisi partiamo prima da un assunto, e da tutto ciò che ne consegue. Con la creazione di The Walking Dead, fumetto prima e serie TV poi, Robert Kirkman e i suoi collaboratori non hanno inventato niente che già non esistesse in precedenza, coniugato in maniera crossmediale. Si tratta, infatti, di una classica survival story, che vede un gruppo di uomini e donne impegnati ad affrontare un'"apocalisse" che ha trasformato il loro mondo, quasi dall'oggi al domani, in una realtà distopica in cui ogni paradigma della società preesistente è venuto meno. Lasciamo a voi il facile compito di elencare titoli di film, romanzi, fumetti, ecc., precedenti a quello preso in esame, in cui si racconta la stessa cosa.

La minaccia che mette fine al mondo per come i personaggi lo conoscevano è inoltre quella zombie. I non-morti, resi tali da un misterioso virus (o eventualmente anche da altre cause) sono uno dei tòpos della narrativa horror più inflazionati da diversi decenni a questa parte, come ci ha saputo insegnare molto bene il compianto maestro George A. Romero. Lo zombie di The Walking Dead è il prototipo classico, quello che in una virtuale concessionaria di mostri delle storie horror potrebbe essere classificato come "modello base": non corre, non parla, non pensa, non coopera con altri suoi simili, deperisce senza "morire", trasmette il virus di cui è portatore con il morso o con una contaminazione diretta veicolata da alcuni fluidi corporei, e viene ucciso con un colpo alla testa. Anche qui, nulla di nuovo, esclusa forse la variante che nell'universo narrativo di The Walking Dead tutti gli esseri viventi sono stati già contagiati, e alla loro morte - sia questa naturale o indotta - si risveglieranno.

Ancora, i personaggi di The Walking Dead sono individui a tutto tondo, in grado di evolversi nel prosieguo della storia in base alle esigenze, o soccombere quando incapaci di farlo. Rick Grimes e compagni o avversari sono fortemente caratterizzati e resi riconoscibili dalla loro umanità: in quest'opera, infatti, non ci sono eroi nel senso più classico del termine, così come i villain - alcuni dei quali grandiosi, come Negan - hanno precise motivazioni che li spingono a fare ciò che fanno, tanto da incontrare eventualmente perfino il favore del pubblico. I protagonisti del racconto sono dei sopravvissuti, nel senso più estremo, e rispondono a una meccanica evoluzionistica perfettamente darwiniana, per quanto resa bizzarra dalle condizioni in cui versa questa dimensione narrativa. Tutto ciò contribuisce a rendere lo spettacolo proposto quanto più realistico possibile, nonostante la storia poggi su fondamenta del tutto fantasy/horror, e ai lettori e/o spettatori di sincronizzarsi e riconoscersi nei personaggi del racconto. Anche qui, fatichiamo a trovare assoluta originalità, visti i tanti altri prodotti che in tempi recenti o meno - basti pensare a Game of Thrones (Il Trono di Spade) su tutti - poggiano su queste premesse.

L'impianto narrativo di The Walking Dead è infine costruito secondo la struttura del racconto ongoing, ossia continuativo. Il fumetto e conseguentemente la serie TV, in quanto a storytelling, vanno a "copiare" le stesse dinamiche che hanno saputo rendere i fumetti americani, quelli di natura supereroistica in particolare, un prodotto eccezionalmente longevo, come dimostrano i tanti anni di storia e storie alle spalle per personaggi come Superman, Spider-Man, Batman, Capitan America, ecc., personaggi che oggi sono ancora più vivi e vegeti che mai. Avere un impianto narrativo tale, di natura quasi "soap-operistica", contribuisce significativamente a rendere una storia più longeva, oltre che più "facile" da scrivere, permettendo poi un'alta fidelizzazione del lettore e/o spettatore.

Dunque, cosa ha reso The Walking Dead, nelle sue diverse iterazioni cross-mediali, un tale successo di pubblico? Cosa ha consentito a questo franchise, nonostante diversi scivoloni e relative battute d'arresto, di continuare a correre e marciare, sempre nelle posizioni di testa, quasi come fosse una vettura di Formula 1? Rimanendo fedeli a tale metafora, rispondiamo: la miscela. Kirkman e i suoi collaboratori sono stati infatti capaci di mescolare e modernizzare elementi archetipici classici della narrativa di finzione, spaziando per più generi e dando vita a un prodotto finale altamente appetibile e concorrenziale in grado, inoltre, di perdurare nel tempo.

L'emivita così ampia di The Walking Dead è infatti il frutto di un'abile pianificazione a monte della catena produttiva che è stata accompagnata sicuramente anche dall'estro degli autori, capaci di saper tirar fuori sempre un nuovo coniglio dal proprio cilindro, in un circolo virtuoso che ha consentito al franchise di superare fasi di stanca, che si sono meritate anche critiche feroci, con sempre nuovo vigore.

La struttura di questa storia è solida e vincente perché quella di The Walking Dead è una storia di personaggi invischiati in pericolose dinamiche, ma pur sempre umane, tanto che lo stesso zombie è poco più che un MacGuffin, uno strumento pretestuoso atto a mettere in moto l'azione, partecipandovi relativamente, come un catalizzatore in una reazione chimica. Il cuore pulsante dello show sono infatti le decisioni e le azioni dei protagonisti e dei loro avversari: quello che interessa davvero lo spettatore, affezionatosi a Rick e compagni, è sapere cosa accadrà loro, e quali scelte saranno costretti a fare per affrontare villain e minacce sempre più grandi, quasi come ci si trovasse in un videogioco in cui, alla fine di ogni quadro, ci viene presentato un boss sempre più forte e difficile da sconfiggere. E a conti fatti, in tutto questo, poco importa lo zombie, che potrebbe essere facilmente sostituito da qualsiasi altro "mostro", come per esempio un invasore alieno. Pensateci.

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