Da Il racconto dei racconti a Freaks Out: la fantasia italiana va vista per essere inquietati, non consolati
Da Il racconto dei racconti a Freaks Out c'è il filo rosso della fantasia italiana: scomoda, corporea, morale, ma mai consolatoria
E se ci fossero stati degli esseri straordinari durante la seconda guerra mondiale che passavano la vita tra le strade e le macerie senza essere visti? O meglio, se fossero stati sotto gli occhi di tutti senza che ne cogliessimo le potenzialità? Ci chiediamo noi con Freaks Out. Senza dubbio, al di là dell’oceano, avremmo avuto una rivelazione con il punto esclamativo: nelle pieghe della guerra alcune vittime si sono rivelate in realtà mutazioni straordinarie in grado di cambiare le sorti dell’umanità! Magari con poteri come il controllo del metallo e con l’idea di realizzare una scuola per altre persone dotate di questo tipo di abilità.
Questi personaggi non vogliono insegnarci a vivere, non pretendono di essere esemplari. I nostri esistono in tutta la loro mostruosità sia interiore che esteriore. Pur non tradendo la propria vocazione "bassa" e della gente. Il racconto dei racconti attinge dall’immaginario folkloristico di Giambattista Basile, assai normativo, ma che elimina dalla morale ogni parte positiva. Sguazza all’interno del sentimento popolare (ma non populista) dell’orrore ed esprime il suo moralismo in un mondo ribaltato. Brutti sporchi e cattivi sono gli eroi del fantasy italiano che Matteo Garrone ha rappresentato anche in Pinocchio. Una versione tutt’altro che accogliente secondo l'immaginario Disney, ma che rispetta quello che è il racconto di Collodi. I bambini ne restano inquietati, come durante i racconti dei fatti delle vita da parte degli anziani. Sono realistici, ma colorati di quell’esagerazione fantastica che continua a parlare un linguaggio di tutti i giorni.
Come raccontava pochi giorni fa il nostro Gabriele Ferrari, i registi italiani che si confrontano con il genere sono tra i pochi ancora rimasti che non hanno paura a lanciarci nel body horror. Ne Il racconto dei racconti c’è di tutto: una vecchia scorticata, un’orribile pulce gigante, carcasse putride da squarciare. È un cinema che cattura il cambiamento nella materia di cui siamo fatti; la mutazione è una trasformazione mostruosa che accomuna anche Freaks Out e che piacerebbe anche a Guillermo del Toro (anche se lui per i mostri prova amore, noi tenerezza).
Certo, con il film di Gabriele Mainetti siamo dalla parte del cinema di supereroi, ma non di meno la composizione del cast è pienamente fantasy. Fulvio è un personaggio che pare pensato direttamente da Marco Ferreri che con il suo La donna scimmia parlava di sessualità e oggettificazione di un corpo diverso. Cencio è una fatina senza l’eleganza di trilli. Porta la luce, parla con gli insetti, ma non nella maniera pulita e armoniosa dell'animazione. Lui si sporca con la natura. Mosche, api, lucciole, vengono mandate a morte. Fanno schifo, scricchiolano, infastidiscono. Possono essere sì poetiche (come nella scena di apertura) ma soprattutto sono un oggetto in funzione della sopravvivenza.
Mario infine ha nella statura e nelle dimensioni delle parti del corpo il suo aspetto comico (ancora una volta: la risata che parte dalla carne) e ha una personalità da leggenda. Da poema medievale, del giullare di corte, eppure nel contesto romano della guerra. Senza barriere, quando i teloni e i muri vengono distrutti, il suo "tipo" narrativo può nascere. È questo che facciamo: squarciamo veli di fantasia (il circo) per far entrare la realtà in un modo così prepotente da sembrare essa stessa un inferno mentale, più che terreno.
Non è comunque semplice vivere nel cinema di fantasia italiano, ma non perché ci siano decapitazioni all’ordine del giorno come in Game of Thrones. Il problema è che a noi piacciono gli istinti, i sentimenti forti e le personalità dure. Siamo figli del Dante che torturava nell’Inferno e che toglieva il fiato con l’indicibile nel Paradiso. Siamo un paese in cui i mostri appaiono ovunque e camminano vicino a noi (vero Dino Risi?). Occupano gli scranni più alti della politica e della comunicazione con grotteschi messaggi spesso così lontane dalla realtà delle strade da essere assimilabili alle volontà di un re folle nell’immaginario di Garrone.
Cos’è Reality se non un’altro aspetto de Il racconto dei racconti? Una fiaba immaginaria, che si svolge interamente nella testa di una persona. Nei primi minuti c’è una carrozza trainata da bellissimi cavalli nelle vie della città. Entra in un palazzo con i cancelli spalancati in una festa dal gusto regale. È imbarazzante da vedere, esagerata, grottesca, delirante. Però è anche un perfetto ritratto dell’animo umano con le sue debolezze primitive e la tensione verso la ricerca di una vita da fiaba.
Tutto questo si esprime attraverso i corpi unici, deformati, esagerati nella magrezza e nell’eccesso di grasso, nei muscoli o nella statura. Se nessuno si conforma ai canoni imposti, allora c’è quella varietà dove nessuno è “sbagliato” o esterno, ma sono (siamo) tutti personaggi all’interno di una storia di reietti.