Da Iger a Chapek a Iger: i retroscena della drammatica successione Disney
Bob Chapek ha definito il suo periodo a capo della Disney "quasi tre anni di inferno", ecco i dettagli del suo braccio di ferro con Iger
Un lungo articolo di Cnbc ha raccontato la difficile successione dei due Bob a capo della Disney. Il passaggio di testimone da Bob Iger a Bob Chapek e poi ancora a Bob Iger. In mezzo è successo di tutto: la pandemia, il crollo in borsa, il lancio di Disney Plus, la lotta legale con Scarlett Johansson e il bisogno di una presa di posizione politica netta a seguito della legge cosiddetta “Don't Say Gay”. Questa è la storia di una reggenza difficile che Chapek stesso ha definito “quasi tre anni di inferno”.
Un pensionamento difficile
Bob Iger stava provando ad andare in pensione da un po’ di tempo, ma aveva sempre rimandato l’occasione. Dopo aver soffiato 70 candeline e aver lanciato in pompa magna e con un immediato successo Disney Plus, il CEO si era convinto di essere pronto a voltare pagina. Aveva designato convintamente come suo successore Bob Chapek il quale era stato abile nel costruirsi una buona reputazione con Iger e il board Disney durante i colossali lavori per la costruzione del parco a tema di Shanghai. I due Bob ebbero tempo di per almeno dieci viaggi per conoscersi e convincersi a vicenda. Chapek aveva dalla sua una lunga storia nell'azienda e la capacità di saper tenere sotto controllo i costi e di portare a termine l'importantissimo progetto con successo.
I primi dubbi sul passaggio di testimone arrivarono a Chapek stesso. Bastarono poche settimane perché il nuovo CEO iniziasse ad avere un terribile sospetto: Iger non voleva veramente andarsene. L’idea fu condivisa con una parte della dirigenza dell’azienda. Più Iger chiamava se stesso “grande Bob” e il successore “piccolo Bob”, più montava il sospetto che il nuovo amministratore delegato sarebbe stato solo un esecutore di idee altrui, per proseguire nella direzione già impostata.
Solo che Chapek non voleva esserlo. E poco dopo il suo ingresso nell’ufficio capì che non poteva proprio esserlo. Si preparava infatti ad affrontare la tempesta della pandemia.
Che fare con i parchi a tema Disney? Il primo scontro tra i Bob
Il Covid-19 colpì con forza Disney. Iger decise di ritornare e restare fino a che non fosse passata l’emergenza. Disse pubblicamente che era necessario il suo ritorno per aiutare il suo successore. Peccato che Chapek non fosse dello stesso avviso. Gli rispose che non aveva bisogno di un salvatore in uno scontro che si racconta essere stato durissimo come mai i due avevano avuto. Sarà solo il primo di molti.
Dopo la chiusura dei parchi a tema Disney, l’azienda si ritrovava con circa 100.000 dipendenti in busta paga e doveva decidere come procedere per il congedo. Chapek voleva essere rapido e agire subito per evitare di perdere ulteriore denaro. A prendere la decisione di aspettare aprile prima di mettere i dipenti in cassa integrazione, fu però Iger. Usò un metodo molto personale: chiamò direttamente Nancy Pelosi e Chuck Schumer per capire quanto tempo si sarebbe preso il governo per varare la legge che desse i sostegni ai dipendenti. Una volta avuta la risposta, decise che si poteva attendere.
Con Iger ormai nuovamente a bordo, la Disney si trovava con due teste al comando, una si sarebbe occupata delle decisioni operative, l’altra di quelle creative. O, per lo meno, questo era quello che si pensava. L’accordo rimase solo una voce nell’aria, senza nemmeno che i due avessero partecipato a una contrattazione faccia a faccia rispetto ai rispettivi ruoli.
Susan Arnold, presidente di Walt Disney Company, invitò Chapek a essere paziente fino alla fine del contratto di Iger. Nella prospettiva di Chapek però, questo periodo di attesa portò un costante indebolimento della sua posizione.
Rendere Disney un’azienda tech
Chapek aveva una visione ben precisa: durante la crisi pandemica, Wall Street considerava Disney Plus come un’importante ancora di salvezza per l'azienda. L'unica che potesse fare profitto. La piattaforma, che stava avendo un buon riscontro, aveva però una struttura gestionale troppo complessa. C’erano troppi nomi che potevano avere voce in capitolo sui prodotti: erano stati nominati due responsabili dei contenuti, Agnes Chu e Ricky Strauss, ma oltre a loro partecipavano anche Kevin Feige e Kathleen Kennedy, e la dirigenza della Walt Disney television e dei Walt Disney Studios.
Chapek sapeva che il rilascio dei contenuti direttamente in streaming avrebbe minato il loro prestigio, rispetto alla release cinematografica tradizionale. Con le sale chiuse e con gli occhi degli investitori addosso, decise comunque di puntare tutto sulla piattaforma, con l’idea di posizionare sempre di più la Disney come un’azienda tech. Creò così al divisione Disney Media and Entertainment Distribution (DMED) con a capo Kareem Daniel con potere di veto sul budget dei film e dei prodotti TV (togliendo così controllo ad Iger e alla sua cerchia). L’inesperienza di Daniel provocò un forte malcontento nell’azienda che si espresse in molte liti e un clima tesissimo. La riorganizzazione stava avvenendo inoltre sotto lockdown. Una distanza che si trasformava sempre di più in una crepa. I vecchi dirigenti che stavano perdendo potere, andavano da Iger a lamentarsi.
Scarlett Johansson contro Disney
Nella prima parte del 2021 le cose stavano andando bene per Disney e Chapek si sentiva finalmente al comando. A sparigliare nuovamente le carte arrivò la causa intentata da Scarlett Johansson contro Disney per il lancio in contemporanea, in sala e in piattaforma, di Black Widow (LEGGI TUTTO QUI). Per Bob Chapek la faccenda era un problema creativo, riguardava quindi Bob Iger. Per Iger era il contrario. In questa incertezza la risposta fu piuttosto goffa: entrambi firmarono una dichiarazione molto dura contro l’attrice (la accusarono di cercare solo soldi senza guardare la situazione pandemica). La causa e il tono della discussione così acceso ed esposto in pubblico danneggiarono l’immagine dell’azienda. Iger chiamò Chapek intimandolo di porgere delle scuse pubbliche. Chapek rifiutò, convinto che dovesse farlo Iger.
Con questo clima di crescente tensione tra i due (Bob Iger si “dimenticò” anche di ringraziare Chapek durante una festa di pensionamento), la Disney veniva tirata per la giacchetta dalla politica.
Don't Say Gay
Nel marzo del 2022 la Disney venne accusata di non avere preso posizione rispetto alla legge denominata “Don’t Say Gay or Trans” voluta dal governatore della Florida Ron DeSantis. (LEGGI QUI). Disney è tra le aziende che pagano più tasse in Florida e tra coloro che danno più lavoro. Molti dei dipendenti, tra cui gli animatori Pixar e Disney Animation hanno chiesto a gran voce una presa di posizione.
Chapek intendeva però tenersi fuori dalla diatriba politica, ribadendo semplicemente i valori a cui si rifà la casa di Topolino: contenuti, cultura e il supporto di organizzazioni favorevoli alla comunità.
Iger ruppe la cauta strategia con un tweet in cui diceva esplicitamente: “Se questa legge dovesse passare, metterebbe le persone giovani e vulnerabili appartenenti alla comunità LGBTQ in pericolo”.
L’impatto a livello di immagine è stato devastante. Susan Arnold intimò a Chapek di scusarsi con i dipendenti per non avere preso posizione pubblica contro la legge. La sua reputazione era ormai estremamente danneggiata.
A dare il colpo di grazia alla gestione Chapek ci fu il drastico calo della fiducia di Wall Street verso i giganti dello streaming. Disney ebbe un crollo nelle azioni, a seguito del contraccolpo, ma il peggio doveva ancora arrivare. Christine McCarthy, CFO di Disney, aveva una posizione molto pessimista sugli utili di novembre dell’azienda. Quando Chapek informò il consiglio di amministrazione del rapporto attaccò la gestione finanziaria di McCarthy. Quando però le previsioni negative si sono verificate, Chapek ha sostenuto un'interpretazione positiva dei dati, generando sgomento per la miopia della situazione in cui versava l'azienda. Il giorno seguente, i prezzi delle azioni della società sono scesi del 13% e il consiglio ha deciso che era giunto il momento di cambiare CEO. Si presentò alla porta Bob Iger. Unico successore possibile.
Fonte: cnbc