Da C’è ancora domani a Cento domeniche: il filo della rabbia gentile che lega il bel cinema italiano
Da C’è ancora domani a Cento domeniche passando per Comandante il cinema italiano sta trovando i propri eroi poco super, molto veri
Erano anni che non si vedeva una continuità tale tra film italiani che sono pieni di cose da dire. Ed è una gioia per tutti. In primis per gli spettatori, in seconda battuta anche per il nostro paese. Perché quando l’arte riesce a far parlare di sé, quando gli artisti si interessano del presente e lo colpiscono forte, allora c’è la possibilità che qualcosa si muova. È animato da questo spirito Cento domeniche, il nuovo bel film di Antonio Albanese. Guardandolo è impossibile non tracciare un filo che lo lega con quel terremoto (al botteghino e negli occhi degli spettatori) che è stato C’è ancora domani di Paola Cortellesi.
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Un’immagine, quella della scialuppa trascinata verso le coste dal mare, che si ricollega a Io capitano di Matteo Garrone, dove il tema è il viaggio (molto di più che l’immigrazione). Chi trascinerà a riva Seydou nel potente finale del film? Quale sarà il destino del bambino costretto a diventare adulto nella sua fuga dal Senegal fatto di colori e danze, verso gli orrori della tratta libica?
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C'è ancora domani per il cinema italiano!
Fermiamo il filo qui, nella consapevolezza di poterlo allungare ancora un po’ indietro, nella speranza di poterlo sciogliere ancora a lungo in avanti. Che cosa ci dicono questi legami è chiaro: quando il cinema italiano ha qualcosa di urgente da dire e ha fiducia in se stesso per farlo, non ce n’è per nessuno.
Non è questione di avere successo al botteghino, quello dipende da molti fattori, alcuni dei quali slegati dal discorso critico. Quello che interessa di più, a chi il cinema lo legge e lo analizza, è quello che dicono i film e l’impatto che hanno sul pubblico. Non è una grandezza misurabile. In molte sale si possono ascoltare gli applausi alla fine di C’è ancora domani, ma il silenzio per altri film non significa che non siano piaciuti. Se si ha lo stomaco chiuso da un finale che colpisce emozioni complesse da digerire, a volte si esce di sala in religioso silenzio anche se lo si ha amato.
Però c’è un qualcosa che si può mettere a fuoco chiaramente: ed è la passione con cui gli autori di questi film hanno girato gli schermi di tutta Italia presentandosi di persona davanti al pubblico, parlando con loro e accompagnando il film ben oltre il primo weekend, a volte per settimane intere! Si intenda: tutto questo non è affatto scontato. Compito del regista è fare il film. Compito del marketing portarlo al pubblico. Sia chiaro: non è obbligatorio per un artista seguire la propria opera e non significa che, se viene portata “a mano” al pubblico sia automaticamente valida.
Autori che accompagnano il film in prima persona
Però guardando questi film e vedendo quanto i loro autori (contiamo anche gli attori e tutti coloro che ci hanno lavorato) si spendano per quelle storie, si capisce che il loro scopo non è (solo) intrattenere, è cambiare le cose. Stiamo esprimendo un cinema determinato e muscolare come non lo facevamo da anni. Non con questa continuità. Ci sono finalmente voci, più che trame. Punti di vista. Non capita spesso che le opere sembrino fatte per il qui ed ora. Quasi scritte anni fa anticipando i temi più attuali di oggi.
C’è ancora domani pare un commento perfetto, sensato e rispettoso, ai terribili femminicidi che stanno riempiendo il dibattito pubblico. Cento domeniche si muove tra la gente comune rappresentandola benissimo. Parla di gente che perde tutto nei crack bancari, ma in qualche modo anche chi muore sul lavoro. Anche i semplici che non riescono ad arrivare a fine mese perché devono curare un proprio caro malato o se stessi, perché truffati o mal consigliati. Racconta insomma “i primi”, ovvero la spina dorsale su cui si regge il pese, come dice Antonio Albanese. Questi diventano però gli schiacciati da un meccanismo perverso in cui chi dà fiducia viene fregato. Cento domeniche trova una rabbia pazzesca sul finale, ma per il resto il personaggio di Antonio è animato da una rabbia gentile.
Di fronte alla sincerità con cui affronta questi temi anche l’eccessiva semplicità del racconto, o i momenti sul finale in cui qualcosa scivola un po’ di mano al tono del racconto, passano in secondo piano. Quello che emerge più forte, rendendo Cento domeniche un film dalle spalle larghe e dalla testa alta, accomuna anche gli altri titoli: è la forza della rappresentazione.
I nuovi eroi
Sono regie abili nel trovare uno spicchio di una frazione dell’umanità ed esaltarla sul grande schermo. È un cinema che sembra essere smosso dal torpore dei drammi e della noia alto borghese. Sono film che esprimono il cinema, non solo nella ricerca della bellezza artistica, ma anche nella sua potenza comunicativa, creando dibattiti e prendendo posizione all’interno di essi.
Così facendo stiamo trovando i nostri eroi, poco super, molto veri. Un comandante di un sottomarino che sovverte la logica di guerra. Un uomo a cui viene impedito di adottare e che non scappa, ma resta per ciò che è giusto. Una donna violentata che forse non riuscirà a cambiare la sua condizione, ma prova a farlo per la figlia. Un operaio buono che viene privato di tutto nella solitudine di una società che non ha più la forza di scendere in strada e protestare per lui. Sarà il cinema ad aiutarci a farlo?