Cuore selvaggio: il film selvaggio da legare e fatto su misura per Nicolas Cage
Cuore selvaggio è la dimostrazione che il cinema di David Lynch e quello di Nicolas Cage sono talmente vicini che arrivano quasi a confondersi
Il film.
Cuore selvaggio è l’ultimo film di David Lynch prima del tunnel Twin Peaks, dal quale emergerà definitivamente cambiato e sempre più propenso a destrutturare ogni possibile struttura dell’oggetto-film, fino alla doppia apotesi di INLAND EMPIRE e dell’ultima (per ora) stagione di Twin Peaks, appunto. In realtà è curioso inquadrarlo in questo modo, un po’ perché nel periodo di tempo post-Cuore selvaggio Lynch è comunque uscito anche con il normalissimo Una storia vera, un po’ perché stiamo parlando di un regista che esordì con Eraserhead e con corti di questo tipo. Questo per dire che Lynch è sempre stato un regista genericamente “strano” qualsiasi cosa questo significhi, e Cuore selvaggio è solo un altro tassello di stranezza lungo una strada costellata di infiniti momenti assurdi. Cuore selvaggio è anche, probabilmente, il film peggio recensito di Lynch, almeno al momento dell’uscita, rivalutato poi con gli anni solo grazie al potere del senno di poi e alla luce del resto della carriera del suo autore.
Il cast.
Cuore selvaggio è, più ancora del precedente Velluto blu se lo chiedete a noi, il film che certifica la nascita di una stella, quella di Laura Dern, che al tempo aveva 23 anni e che interpreta Lula, il personaggio di gran lunga più sessualmente carico della sua intera carriera e modello per tante, perdonateci il termine, ragazzacce degli anni Novanta – una su tutte Juliette Lewis in Natural Born Killers. Essendo un film di Lynch, il resto del cast è a) strapieno di grandi nomi e b) strapieno di volti che si rivedranno in Twin Peaks. Per la prima categoria si segnalano soprattutto la mamma di Laura Dern, Diane Ladd, che in quegli anni girerà parecchi film insieme alla figlia, e un magnifico Harry Dean Stanton, oltre a Isabella Rossellini e Willem Dafoe. Nella seconda si annoverano Grace Zabriskie, Sherilyn Fenn, David Patrick Kelly e Laura Palmer in persona (Sheryl Lee).
Il regista.
Cosa dire di David Lynch che non sia già stato detto in mille forme in questi ultimi anni? Oltretutto, più passa il tempo e Lynch rimane lontano dal cinema (il suo ultimo film uscito in sala risale al 2006), più rimane spazio vuoto per discutere di lui, della sua visione, della sua intera carriera – è senza fatica uno degli autori contemporanei più discussi e approfonditi, e non c’è una sua opera che non sia stata analizzata e sviscerata fino all’ultimo fotogramma. Cuore selvaggio è paradossalmente uno dei film meno considerati di tutta la carriera di Lynch, probabilmente perché il suo simbolismo non è allusivo o contortamente metaforico ma molto letterale e facilmente leggibile: è forse il suo film più facile (che non significa per forza lineare), e quello dove Lynch comincia a sperimentare con una serie di immagini, suoni e suggestioni che gli torneranno comode nelle opere successive.
Di cosa parla.
Della tragica, ma anche un po’ tragicomica, storia d’amore tra Sailor (Cage) e Lula (Dern). Il primo è un ex corriere della droga dal cuore grande ma dalle tendenze violente, la seconda è la figlia unica e prediletta di una donna misteriosamente potente e legata a sua volta alla malavita di Los Angeles. Questa donna cospira per farlo uccidere, e non riuscendoci si accontenta di mandarlo in galera; uscito dalla galera, Sailor si riunisce a Lula e i due cominciano un viaggio d’amore che è anche una fuga da tutte le svariate bizzarre figure che la madre di Lula ha messo alle loro calcagna. Cuore selvaggio è quindi un mix tra un road movie, un crime movie alimentato a incompetenza e stranezze sulla cui sorta Lynch costruirà una delle tante sottotrame di Mulholland Drive, una commedia romantica e nerissima, ma anche un incubo citazionista e iperviolento di quelli che, di lì a pochi anni, Tarantino comincerà a girare con grande successo.
E Nicolas Cage che fa?
Sailor, che sta al cinema di David Lynch come Hi di Arizona Junior stava a quello dei Coen. Quest’ultimo era un personaggio che nasceva dallo stereotipo dell’americano di provincia ignorante e sempliciotto e che veniva trasformato in un trionfo di parossismo da un attore lasciato libero di fare lo scemo. Sailor è altrettanto surreale ed eccessivo, ma è inserito nel contesto di un film di David Lynch, e nei film di David Lynch è previsto che ogni tanto qualche personaggio faccia qualcosa di surreale ed eccessivo, e che lo faccia come se fosse la cosa più normale del mondo. È qui la differenza fondamentale tra Sailor e Hi, tra Lynch e i Coen: il primo è un pazzo in un mondo di pazzi, nel quale è normale interrompere il concerto di una band metal per impadronirsi del microfono e cantare una ballata di Elvis alla propria bella; il secondo è uno scemo in un mondo normale, e che quindi gli scemi li punisce, prima o poi.
A Nic Cage vengono bene entrambe le cose. Addirittura la sua interpretazione di Sailor è meno eccessiva di quanto potrebbe essere – in questo Laura Dern batte Nicolas Cage 2-0, visto che il secondo sceglie di vestire i panni di un personaggio sì assurdo, ma con una sua personale coolness figlia di un certo understatement, o se preferite l’italiano un personaggio assurdo che non ha bisogno di fare cose assurde per esserlo, e che anzi fa spesso della calma e del sangue freddo una componente fondamentale della sua follia. Se non fosse per un film che tratteremo tra qualche settimana, arriveremmo a dire che Cuore selvaggio è la miglior interpretazione della carriera di Nicolas Cage.
Cage-o-meter: quanto Nicolas Cage c’è in questo film da 1 a 10?
10 e lode (ma, per ora, niente bacio accademico).
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