Crime Week: i finali di stagione di Blindspot, Chicago Justice e Chicago P.D.

La nostra analisi sui nuovi episodi di Blindspot, Bull, Chicago Justice, Chicago P.D. e Law & Order: SVU

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Spoiler Alert
Blindspot 2×22 Lepers Repel [FINALE DI STAGIONE]
Per una stagione che ha avuto decisamente parecchi problemi, Blindspot si è concluso su una nota alta. La cosa che abbiamo apprezzato di più dell'episodio è che, dopo una storyline durata due anni che ha coinvolto Sandstorm e Shepherd, questo particolare capitolo della cospirazione atta a rovesciare il Governo degli Stati Uniti viene fortunatamente chiuso e anche se il personaggio interpretato da Michelle Hurd non viene ucciso, il che fa pensare che potrebbe esserci la possibilità di rivederla in futuro, l'importante è che ciò accada per altri motivi che non siano quelli che ci hanno accompagnato fino al fallimento della cospirazione, soprattutto perché la serie necessita di nuova linfa affacciandosi alla terza stagione. Nonostante Kurt ed il suo team siano riusciti a sconfiggere l'inafferrabile Shepherd, questo non vuole dire che  non ci siano ancora molte risposte da dare al pubblico: oltre al fatto che Jane non è riuscita ad arrestare Roman, che si è allontanato indisturbato, Sandstorm era un piano talmente elaborato che sembra impossibile che la sua ideatrice non avesse alleati di grande rilievo politico, la questione è quindi se e quando la serie tornerà ad affrontare l'argomento, ed a giudicare dalla comparsa di Nas alla fine dell'episodio, pronta ad interrogare la sua acerrima nemica, siamo piuttosto certi che gli autori intendano farlo.
Per quanto concerne il Team Weller, una menzione d'onere spetta sicuramente a Patterson: il personaggio interpretato da Ashley Johnson ha avuto una notevole evoluzione dal debutto della serie, da una sorta di fatina ottimista che crede ancora nelle favole si è trasformata in una donna forte ed ha dimostrato di avere più risorse di quanto fosse inizialmente ipotizzabile, mettendosi sempre in prima linea contro Shepherd. Certo l'aver perso un fidanzato e l'essere stata tradita e torturata per mano di un uomo che pensava di amare sono esperienze che hanno lasciato un profondo segno e la nostra speranza è che la Patterson della prossima stagione riesca a trovare un equilibrio tra queste due parti di sé e torni anche a recuperare parte della sua adorabile ingenuità e soprattutto ci auguriamo che abbia il tempo di guarire le sue ferite. Tutto si muove molto rapidamente in questo finale di stagione e nonostante a Jane venga offerta la libertà dai suoi impegni con l'FBI, a Zapata di lavorare con la CIA e a Reade di insegnare all'accademia di Quantico, ci riesce difficile immaginare una terza stagione senza il team al completo.
E poi ovviamente ci sono Kurt e Jane, trascurare il così detto "effetto Jeller" sarebbe ingenuo, ma sul modo in cui questa ship è stata gestita abbiamo comunque qualcosa da obiettare più che altro perché il tutto, dalla fine della prima stagione, è sembrato piuttosto impacciato e strano, come se la storia di questa coppia, che era nata tanto bene, sia stata relegata ad un "fan service", un modo per tenere sulle spine gli amanti della coppia e allungare il brodo della loro riconciliazione il più a lungo possibile. Da questo punto di vista ci sarebbe decisamente piaciuto vedere molta più introspezione dei personaggi che ci accompagnasse dalla separazione al "ti amo" di questo finale. Narrativamente parlando la storia d'amore di Kurt e Jane, a nostro avviso, è stata un vero autogol e non perché non avrebbe dovuto esserci, ma per come è stata gestita da quel primo bacio in poi, con poche spiegazioni e molto calcolo da parte della writer room.
Gli ultimi minuti dell'episodio sono probabilmente i più sorprendenti ed interessanti con un salto temporale di due anni che ci mostra una Jane impegnata in una difficile scalata ed intenda poi a discutere con quello che sembra monaco buddista dell'importanza di tornare a casa (cosa che apparentemente lei rifiuta di fare), fino a che non comparirà Weller. Non ci è dato di sapere cosa sia accaduto in questi due lunghi anni - anche se prevediamo molti flashback nella prossima stagione - se non che i due devono essersi sposati, Kurt infatti indossa un anello, mentre Jane sembra aver deciso di prendere il largo e girare le spalle alla vita che aveva costruito assieme a lui. Ma Weller non è arrivato per convincerla a tornare e reca con sé una brutta notizia, infatti le rivela che i loro amici, Patterson, Reade e Zapata sono scomparsi e che gli è stata recapitata una misteriosa cassetta - che le mostrerà - con sopra inciso il nome di Jane, scatola che si aprirà solo quando entrambi ne toccheranno il coperchio, per tirare fuori quella che sembra un piccolo specchio che, posto vicino ad uno dei tatuaggi di Jane, fa illuminare il suo corpo ed i disegni che ha sulla pelle.
In conclusione questo finale apre le porte a quella che sembra un'interessante terza stagione e soprattutto ha alzato la barra qualitativa del prodotto, come nel caso degli effetti speciali usati per mostrare la stazione spaziale ed il mortale satellite di Shepherd, di qualità veramente notevole per una serie TV che hanno certamente contribuito a rendere avvincente questo finale.

Bull 1×22 Dirty Little Secrets
Il penultimo episodio di Bull affronta un tema estremamente attuale e peraltro simile a quanto accaduto negli Stati Uniti alla Apple. Ad una società informatica viene infatti chiesto dall'FBI di consegnare i dati conservati sul loro server per poter indagare su un attacco terroristico che ha portato alla distruzione di un albergo a causa di una bomba che ha provocato diverse vittime. Il concetto di privacy, in un caso del genere, diventa ovviamente fondamentale e la presenza di Eliza Dushku, che torna nel ruolo di J.P. Nunnelly, contribuisce a scaldare l'atmosfera della puntata. J.P. arriva a riscuotere il patto stretto con Bull la scorsa settimana e gli chiede, o sarebbe meglio dire gli impone, di partecipare al suo successivo caso, in difesa di una compagnia informatica che rifiuta di consegnare i dato dei suoi clienti al Governo che potrebbero aiutare nella soluzione del caso dell'hotel. I due inizialmente hanno posizioni completamente contrastanti e Jason, costretto a rispettare il patto, non farà nulla per nascondere il suo punto di vista o la sua ritrosia, nemmeno di fronte ai clienti i quali, peraltro, hanno una posizione piuttosto condivisibile. Consegnare i dati dei propri clienti significherebbe per loro il fallimento e, considerate quante persone lavorano per la compagnia, l'amministratore si senti in dovere di proteggere la privacy dei suoi clienti e l'esistenza stessa della sua società. Per cercare di guadagnare un po' di tempo, l'amministratore della compagnia decide di consegnare all'FBI i dati conservati nei loro server, ma criptati, in modo di poter nel frattempo trovare la giusta strategia di difesa. E' a questo punto che Bull farà di tutto per impossessarsi della copia di quei dati e cercare di decriptarli, perché Jason non solo vuole capire davvero se il cliente gli stia mentendo, ma soprattutto vuole la verità sull'esplosione di quell'hotel. La scelta del nuovo cliente, anche se in realtà gli è stata imposta, creerà anche parecchie tensioni con il suo team, soprattutto con Cable, che inizialmente rifiuterà di aiutare Bull il quale, invece di comprendere il suo punto di vista, finirà per arrabbiarsi con lei e insinuerà persino che potrebbe licenziarla. L'atmosfera tuttavia finirà per calmarsi quando tutte le parti in causa e con esse ci riferiamo soprattutto a Bull, il suo team e J.P., più che ai clienti, troveranno il tempo per confrontare davvero le loro opinioni, aprendosi alle alle idee espresse dagli altri. Così Bull, che non avrebbe mai voluto un cliente simile, finisce per rendersi conto che il diritto alla privacy è davvero una cosa fondamentale e che la vita era molto più semplice quando le informazioni personali di tutti non erano facilmente reperibili online da chiunque abbia un minimo di esperienza con una tastiera. Ad aiutarlo in questa direzione sarà soprattutto Cable, che gli rivelerà di avere scoperto che lui ha fallito per ben due volte l'esame d'avvocato (ricordiamo che Jason è appunto psicologo, ma non avvocato) e che, teoricamente, non sarebbe giusto per lei saperlo, perché le persone hanno diritto a poter tenere per sé anche le proprie sconfitte per riuscire comunque a superarle senza che qualcuno usi tali informazioni per lo scopo sbagliato. Ovviamente Bull e J.P. vinceranno il caso e anche questa volta riusciranno a trovare il vero colpevole dell'esplosione e a farlo arrestare dall'FBI.

Chicago Justice 1×13 Tycoon [FINALE DI STAGIONE]
A tutt'oggi, e nonostante la conclusione degli Upfront, non ci è dato di sapere se la NBC rinnoverà o meno la serie, conclusasi con il tredicesimo episodio ed una guest star di eccezione come Ricahrd Schiff, questa potrebbe quindi essere l'ultima recensione di questo show che forse il network potrebbe considerare superfluo, considerato soprattutto il suo stile simile a quello di Law & Order: SVU. Il caso di questa settimana mette Stone contro un magnate di nome Frank Linden il quale, nonostante abbia portato le sue società alla bancarotta per ben cinque volte, è convinto di essere un genio degli affari e soprattutto pensa di essere stato portato in tribunale per una sorta di invidia, da parte della procura, per il suo sfacciato stile di vita. Il rischio, ovviamente, era che la puntata si trasformasse in una sorta di parodia dell'attuale situazione americana, ma grazie alla bravura di Schiff così non è stato e l'attore ha saputo dosare la tracotanza del personaggio con notevole maestria, dando vita ad un uomo che non solo crede davvero di essere al di sopra della legge, ma in un certo senso, lo pretende o comunque crede che gli sia dovuto. Il fatto che qualcuno sia morto e che quella persona sia suo genero e che il suo decesso abbia lasciato la propria figlia vedova ed una bambina senza un padre, per Frank conta davvero poco, perché lui crede fermamente nell'idea che una perdita che contribuisca a tenere insieme il suo impero sia comunque un danno collaterale accettabile. Il fatto poi che i figli dell'imputato facciano inizialmente fronte comune, rifiutandosi di accettare l'dea di testimoniare contro il padre, non aiuterà certo la Procura e solo quando Stone minaccerà di arrestare Sarah Linden e levarle per sempre la custodia della figlia il caso comincerà a prendere una piega diversa, fino al momento in cui a far condannare Frank, finirà per essere la sua stessa convinzione di essere intoccabile e l'incapacità di rifiutare la silenziosa sfida che Stone gli lancerà e che, sostanzialmente, lo porterà ad autoaccusarsi davanti alla giuria. Nonostante l'episodio sia intenso e sostanzialmente piacevole, non sembra un finale di stagione (o tanto meno un potenziale finale di serie) e quindi è da considerarsi decisamente troppo "tiepido" e prudente. Nonostante Chicago Justice sia il più classico dei procedurali, tutta questa prima stagione ha avuto casi interessanti, attuali ed avvincenti ed il fatto che anche in questa serie, come in Bull, non ci sia una grande introspezione dei personaggi (anche se gli autori hanno fatto sforzi maggiori che nella serie con protagonista Michael Weatherly) non significa che abbia ottime carte per proseguire, soprattutto se supportata da un franchise già ben avviato. Forse gli autori, se mai la serie tornerà, dovranno prendersi maggiori rischi e mostrare qualcosa in più della vita privata dei personaggi, ma nel complesso non possiamo dire che - se apprezzate questo genere di show - Chicago Justice meriti l'eventuale cancellazione.

Chicago P.D. 4×23 Fork in the Road [FINALE DI STAGIONE]
Il vero problema con il finale della quarta stagione di Chicago P.D. è che quello con cui si conclude non è un cliffhanger poi così sorprendente, più che altro perché non è la prima volta che Lindsay (Sophia Bush) pensa di lasciare per sempre l'Intelligence e quando un finale che dovrebbe creare suspense comincia a diventare una situazione ricorrente più che un colpo di scena, capirete che a soffrirne è proprio l'effetto sorpresa. Certo, questa volta le circostanze sono diverse, quella di Erin non è una scelta, ma la situazione in cui lei stessa è andata a cacciarsi, dopo aver aggredito un sospettato in sua custodia, ha messo in moto tutta una serie di eventi che le hanno imposto una scelta quasi obbligata, almeno se vuole continuare a lavorare per le forze dell'ordine. La sua stessa carriera è messa a rischio dalle sue azioni sconsiderate, ma grazie a Voight, Lindsay ha una possibilità di salvarsi e trasferirsi a New York per collaborare con l'FBI in un'operazione che la porterebbe lontana dal suo mentore. Per quanto Voight voglia proteggere quella che considera essere a tutti gli effetti come una figlia, parte del problema della serie risiede proprio nel modo, sprezzante delle regole, in cui l'Intelligence agisce: con Lindsay indagata e tutta la squadra sotto scrutinio, nessuno sembra preoccuparsi di cambiare atteggiamento e, come spesso abbiamo visto nel passato, assistiamo all'ennesimo pestaggio da parte di Jay ed altri membri della squadra ai danni di un sospettato nell'indagine sulla morte del compagno di Bunny, la madre di Lindsay. Quello che ci piacerebbe davvero, è vedere gli autori mettere in discussione questo assioma che "il fine giustifichi i mezzi", perché il guaio in cui Erin si trova non è solo frutto della sfortuna o del fatto che il comandante sia arrivato nel momento sbagliato, ma del fatto che nessuno metta in discussione che i metodi dell'Intelligence siano spesso discutibili. La posizione in cui Lindsay finisce per trovarsi, scatenerà  anche una reazione in Jay il quale, improvvisamente, deciderà di fare ad Erin una proposta di matrimonio, anche se l'episodio si concluderà senza che i due abbiano avuto sostanzialmente avuto modo di parlare e con la detective che ignora le telefonate del suo ex ragazzo. Per quanto questa circostanza possa essere frustrante per gli shipper della coppia, non siamo certi che la cosa sia un male: tra i due ci sono ancora troppe questioni in sospeso, Jay - che noi sappiamo - è ancora sposato e soprattutto non sembra aver davvero affrontato i problemi che lo hanno portato a lasciare Erin la prima volta, il che ci porta a pensare che, per quanto sincere fossero le sue parole quando confessa al fratello di voler stare accanto alla donna che ama in un momento tanto difficile, la sua sia una reazione istintiva, più che meditata e che per garantirsi un rapporto duraturo, Jay abbia invece molto su cui riflettere, a partire da se stesso.

Law & Order: SVU 18×19 Conversion
Come spesso accade con questa serie, anche in questo episodio viene affrontato (tra l'altro con una certa sensibilità) un tema piuttosto spinoso come quello dello "stupro correttivo", un reato nato in Sud Africa in cui l'aggressore violenta la vittima nella convinzione che questo atto possa curarla dall'omosessualità. Per aggiungere il danno alla beffa in Conversion, l'aggressore confesserà i aver stuprato la vittima per motivi religiosi, il che finirà ovviamente per portare in aula un caso che si concentrerà più sulla libertà di culto che sul reato di stupro correttivo in sé. L'aspetto ancora più agghiacciante della storia è che l'episodio solleva la questione se sia legittimo parlare di stupro in un caso in cui la vittima stessa non creda di essere stata aggredita sessualmente, entrambi i giovani coinvolti nel caso - infatti - fanno parte della medesima congregazione e la giovane Anne, inizialmente, dichiarerà di aver compreso e perdonato il suo amico e aggressore per averla stuprata, il che rende tutto più complicato sia per Olivia che per Barba. Ciò nonostante Olivia sarà molto chiara con Anne e fin da subito le farà comprendere che, anche se lei può credere diversamente, quello che ha subito è indiscutibilmente uno stupro, che lei ne sia consapevole o meno, il che - pensiamo - sia una necessaria precisazione da fare, soprattutto in un'epoca in cui il il concetto del consenso è spesso messo a rischio. Quello che negli anni ha reso Olivia un detective ed un capitano tanto valente, è la sua capacità di mettersi sempre dalla parte delle vittime e di accompagnarle lungo tutto il difficile processo delle indagini e del processo, rimanendo loro accanto anche quando il suo lavoro potrebbe dirsi finito, un supporto che si rivelerà indispensabile per la vittima, la cui decisione di testimoniare contro il suo aggressore ed il pastore della sua congregazione, la allontaneranno anche dalla sua stessa famiglia, lasciandola sola a d affrontare una battaglia tanto ardua. Questo, inoltre, è uno di quei casi in cui si finisce per essere quasi dispiaciuti anche per il colpevole, Lucas, che verrà condannato, perché - proprio come Anne - il ragazzo, educato a credere che quello che veniva chiamato a fare fosse il volere di Dio, non ha mai avuto molta scelta, soprattutto quando si scoprirà che lui stesso è stato una vittima ed è stato "riprogrammato" per avere avuto quelli che il suo pastore chiamava istinti omosessuali e anche in questo caso viene sollevata  la questione se sia davvero possibile che una persona adulta non si renda conto che ciò che fa è sbagliato, anche se pensa che si il volere del proprio Dio, d'altronde quello che ci rende umani è proprio il libero arbitrio, giusto? Ma se fosse facile rispondere a questa domanda o dargli un senso, probabilmente nel mondo avremmo molti meno crimini commessi in nome della religione.

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