Nintendo Classic Mini: SNES, Crash Bandicoot, Micro Machines: ben oltre l’effetto nostalgia

Con il ritorno di Crash Bandicoot e l’ossessione per Nintendo Classic Mini: SNES sembra di essere tornati indietro nel tempo: forse è tutta colpa dei nostalgici, forse no

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


Condividi

Il fenomeno Stranger Things è la classica punta dell’iceberg, il campanello d’allarme di una generazione che vive un presente piuttosto frustrante, ansiogeno, persino opprimente, nella peggiore delle ipotesi. Ci saranno (ci sono) studi antropologici a restituire un minimo di onore, di merito, di amor proprio a giovani ora definiti choosy, ora mammoni, a riconoscerne il valore, il coraggio, la testardaggine, a tracciare le coordinate storico-culturali di un’epoca complessa, che ha finito per stritolare una sconfinata trafila di innocenti, tutt’altro che responsabili della asfissiante contemporaneità con cui, tuttavia, devono fare giornalmente i conti nella quasi totale impossibilità di cambiare effettivamente e fattivamente le cose.

A questo, dicevamo, ci penseranno i libri di storia. Nel frattempo, orde di nostalgici, perennemente in cerca di una “dose” di anni ’80 e ’90, manco fossero drogati sull’orlo di una crisi d’astinenza, abusano di tutto ciò che li riporta con la mente e la memoria ai tempi fatati dell’infanzia e dell’adolescenza, costringendo le industrie culturali ad un evidente dietro-front, nella disperata ricerca e recupero di tutto ciò che potremmo definire vintage, retrò.

I videogiochi, naturalmente, sono tutt’altro che sordi alle richieste di questo nuovo bacino d’utenti sempre a caccia di qualcosa che li faccia risentire giovani, che gli restituisca antiche emozioni, che li riproietti, in qualche modo, in un passato consolante e in cui sentirsi al riparo da tutto.

Basterebbe dare un’occhiata alla home page del nostro sito per accorgersene: la recensione di Crash Bandicoot N. Sane Trilogy, remastered di un terzetto di titoli che a modo loro fecero epoca, quella di Micromachines World Series, che riprende un concept molto in voga all’epoca dei sistemi a 16-bit, continue notizie sulla reperibilità negli shop online del Nintendo Classic Mini: SNES.

[caption id="attachment_175088" align="aligncenter" width="600"]Crash Bandicoot N. Sane Trilogy screnshot 1 Non è tutto oro ciò che viene dal passato. Il recente ritorno di Crash Bandicoot è stato anche utile per renderci conto di quanto, in realtà, alcuni titoli siano invecchiati e propongano meccaniche oggi non più funzionali come un tempo.[/caption]

Qualche bontempone, in cerca della battuta facile, vista la situazione attuale, sui social elemosina “like” esortando i propri contatti a ragguagliarli sull’anno corrente, terrorizzato all’idea di essere caduto, a sua insaputa, in qualche warp temporale.

La realtà dei fatti, a ben vedere, cela tra le sue trame una necessità, un bisogno che lentamente, ma progressivamente, in campo videoludico sta diventando imprescindibile, meritevole di essere affrontato sia da un punto di vista meramente accademico, che da uno più onnicomprensivo, che costringa, in qualche modo, i produttori di hardware e software a confrontarsi, nel tentativo di trovare una soluzione che, oggi, è più che mai urgente.

Morire per la milionesima volta nello stesso baratro che già ci punì anni addietro ha indubbiamente il suo fascino. Abbandonare l’estremo realismo di tante produzioni contemporanee, per divertirsi a controllare automobili giocattolo può tutt’ora regalare grandi soddisfazioni. Esibire orgogliosamente la riproduzione, funzionante beninteso, di una vecchia console può effettivamente risolvere una serata tra amici.

Non è solo questo. Non è tutto qui. Non si tratta solo di nostalgia, di voglia di rivivere certe emozioni, di rievocare, insieme ai propri amici ultra-trentenni, ricordi indelebili di tempi ormai tramontati.

Per avere una parziale risposta in merito, bisognerebbe citofonare in casa Microsoft, così impegnata, ultimamente, ad imporre al mercato la retrocompatibilità tra i suoi sistemi domestici, strategia ereditata di sana pianta dal mondo PC, ambiente che da sempre trascende il concetto di generazione e che, salvo casi di giochi effettivamente piuttosto vetusti, non ha mai imposto grossi limiti sui formati utilizzati dai software, fruibili anche su macchine ben più moderne.

Sì, perché dopo anni di spensierata giovinezza, il medium videoludico sta crescendo, acquisendo coscienza di sé, grazie anche ad un pubblico che, giocoforza, inizia ad avere un’età media relativamente alta. La nascita di esperienze e luoghi di studio come l’Archivio Videoludico di Bologna, sono lì a testimoniare la crescente necessità di catalogare, analizzare, proteggere un patrimonio digitale sempre più sterminato, accomunato dalla nociva incompatibilità tra software che utilizzano formati diversi e necessitano di piattaforme specifiche per essere fruiti.

"ogni tanto sorge il bisogno, la voglia, la curiosità di approcciarci ad un videogioco già completato anni addietro"

Così come sentiamo il bisogno di rivedere un vecchio film, di rileggere un romanzo che ci appassionò particolarmente, ogni tanto sorge il bisogno, la voglia, la curiosità di approcciarci ad un videogioco già completato anni addietro. Inoltre, le nuove generazioni potrebbero avere tutta la voglia e l’interesse di vivere in prima persona le emozioni che sono in grado di trasmettere Super Mario World, Metroid, ICO e tanti altri capolavori pubblicati ben prima della loro nascita.

Questo desiderio di antichità, insomma, nasconderebbe una più sana e legittima necessità di godere a tuttotondo del medium, senza limitazioni di formati, generazioni di console e quant’altro.

Certo, l’effetto nostalgia è un fattore piuttosto influente, che soprattutto su PlayStation 4 sta alimentando il criticato fenomeno delle remastered, pratica e strategia commerciale ben diversa dai remake veri e propri che, dal canto loro, si sforzano di aggiornare non solo la grafica, ma anche il gameplay.

[caption id="attachment_175083" align="aligncenter" width="600"]Nintendo Classic Mini SNES foto Lo abbiamo richiesto a gran voce e lo abbiamo ottenuto. Nonostante il ricco catalogo digitale della Virtual Console, il videogiocatore nostalgico resta indissolubilmente attratto dall’idea di possedere un oggetto fisico.[/caption]

La via di mezzo, l’onesta via di mezzo, verrebbe da dire, esiste già e si chiama Steam, si chiama Virtual Console, si chiama, a quanto pare, Xbox One X che dovrebbe addirittura apportare benefici tangibili ai comparti grafici dei vecchi titoli retrocompatibili.

Il videogioco cresce con i suoi videogiocatori che, non più giovani, iniziano giustamente a guardarsi indietro, per vedere a che punto sono arrivati, per intuire dove li poterà, un giorno, questa loro passione, consapevoli che i The Legend of Zelda: Breath of The Wild di oggi, sono figli di una lunga tradizione che, in parte, hanno vissuto in prima persona.

La moda delle remastered, della riproposizione di grandi classici del passato non è destinata ad appassire. Si intensificherà, al contrario, tanto più che altre produzioni, progressivamente, diventeranno “vecchie”, “vintage”, “retrò”. È tempo, semmai, che i produttori di hardware tentino una strada, una strategia per la salvaguardia delle proprie line-up. Microsoft ha intrapreso un cammino piuttosto interessante. Nintendo ci prova, a modo suo, già da anni con la sua Virtual Console. Sony sembra quella meno decisa e procede a colpi di remastered.

Al di là dell’effetto nostalgia, c’è la sempre più urgente necessità di trascendere il concetto di generazione di console, di superare i limiti imposti dai formati. Perché la possibilità di godersi in tutta tranquillità un titolo del passato deve diventare un diritto sia per i nostalgici incalliti, che per i neofiti curiosi di conoscere le origini e la storia del medium.

Continua a leggere su BadTaste