Crank: High Voltage è un grosso dito medio
Crank: High Voltage è un esempio da manuale di sequel che prende tutto quello che funzionava nel primo capitolo e lo spinge a 11
Non vogliamo spoilerare nulla, ma d’altra parte stiamo parlando di Crank: High Voltage quindi chissenefrega, spaccare tutto è nello spirito del film che comunque è uscito 13 anni fa, per cui se ancora non sapete come finisce la colpa è vostra e se avete da contestare rivolgetevi pure a Chev Chelios. Per cui vogliamo spoilerare tutto: Crank: High Voltage finisce con un’immagine indelebile, Jason Statham in fiamme che mostra il dito medio al pubblico sulle note di Keep on Loving You dei REO Speedwagon, e secondo noi non c’è modo migliore per descrivere il film, e soprattutto lo spirito con cui Mark Neveldine e Brian Taylor hanno approcciato questo sequel apparentemente assurdo.
È indicativa secondo noi questa recensione che uscì sul Guardian all’epoca: spiega che Crank: High Voltage “perde tutto il buon carattere del primo capitolo e si accontenta di essere un film cattivo e spiacevole”. Quello che viene presentato come un difetto è in realtà il cuore stesso di tutta l’operazione. Crank era un film violento e sopra le righe, ma con una marcata vena comica e fatto per strappare più di una risata; lo era al punto che il lato più viscerale e aggressivo del film veniva almeno in parte addolcito, e più di ogni altra cosa il film divertiva e intratteneva. Guardando Crank: High Voltage è chiaro che a Neveldine e Taylor questa roba non piaceva mica. Che loro avevano in testa un film abrasivo e urticante, che non giocasse sul filo del consentito ma lo oltrepassasse a testa alta, e poi si fermasse a prenderlo a calci e pugni insultando sua madre.
E attenzione, non intendiamo “citazioni” nel senso di “rimandi ad altre opere che vengono organicamente integrati nella trama”. No, Crank: High Voltage è (anche) un film che sembra uscito dagli angoli più bui di Internet, nel quale compaiono note pornostar, cantanti rock, un flashback/inserto comico ispirato ai più beceri talk show americani e nel quale Geri Halliwell interpreta la madre di Chev Chelios, e poi momenti che sembrano usciti dal manuale di come si fa un video hip hop, momenti kaiju… Come il primo capitolo, è una collezione di suggestioni e stili assemblata con lo scotch e tenuta in piedi dal grugno di Jason Statham.
Quello che ha in più del primo capitolo è un’assoluta mancanza di rispetto per qualsiasi cosa si muova. Crank era già stato salutato ai tempi come la miglior versione cinematografica possibile di GTA, ma puntava molto di più sullo spettacolo, le acrobazie e gli stunt. GTA però non è solo fuochi d’artificio, ma un’opera profondamente disturbante, e High Voltage è un film che l’ha capito; che poteva continuare sulla strada del primo film, e che invece decide di virare verso il mal di stomaco, il fastidio, la voglia di distogliere lo sguardo dallo schermo.
Al tempo venne molto criticato per questa sua cattiveria intrinseca, e indicato come offensivo verso il genere femminile, i disabili, i cinesi, i messicani; un film razzista, sessista, misogino, nel quale non si usa la parola con la N solo per caso ma comunque si usa con disinvoltura il suo equivalente asiatico. Il punto è: è tutto vero, Crank: High Voltage è un film che non si risparmia, che tratta le donne come pezzi di carne e le persone non bianche sempre come pezzi di carne, ma da macello. Ma è anche offensivo e insultante verso i maschi, verso i bianchi, verso i cani, verso qualsiasi cosa: più che misogino è un film misantropo, senza alcun rispetto per l’essere umano in quanto tale. Non è un film che offende qualcuno: è un film che offende tutti, lo sa e se la gode un sacco proprio per questo.
L’unico a salvarsi è ovviamente Chev Chelios, il centro di gravità di tutta l’opera, una specie di semidivinità immortale della quale Crank: High Voltage è una celebrazione. Ma questo valeva anche per Crank: sono film fatti per farti tifare per l’eroe ed esclusivamente per lui, scritti apposta perché tutti coloro che non sono Jason Statham siano o di contorno, o funzionali a Chev. In questo senso High Voltage è ancora più videogioco, un film al quale manca solo un kill counter in alto a destra per diventare un Let’s Play ad altissimo budget e con attori veri. È un’opera che vuole farsi odiare, che ci tiene a mettere in chiaro le cose entro i primi dieci minuti con uno stupro anale a mezzo fucile che è qualcosa che non si vede spesso al cinema.
Ed è talmente estremo che non ha ancora trovato un erede. Solo Hardcore! ci ha provato, spingendo ancora di più sull’immersività e sull’identità film/videogioco; ma il fatto di essere girato tutto in soggettiva, un punto di vista che molta gente trova insostenibile per novanta minuti, gli ha purtroppo impedito di avere lo stesso impatto di Crank e di Crank: High Voltage. Che restano due follie incredibili e ancora inimitate, e che probabilmente, visto quanto l’action contemporaneo si è allontanato da certi eccessi e da certe sperimentazioni, rimarranno inimitabili ancora molto a lungo.