Cosa significa Guardiani della Galassia: Volume 3 per la DC?

Guardiani della Galassia: Volume 3 è un film importante per la Marvel ma anche per i genere dei cinecomic che deve sconfiggere l'appiattimento

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Spoiler Alert

È la prima volta che finito un film Marvel penso alla DC. È capitato con Guardiani della Galassia: Volume 3 e il motivo è presto detto. Mentre scorrevano i titoli di coda finiva anche il ciclo di James Gunn in quei Marvel Studios che l’avevano “scoperto”, messo a capo di una futura divisione cosmica, licenziato e poi riassunto. Una storia d’amore turbolenta e quindi bellissima. Quasi cinematografica. 

Mentre si susseguivano le scene post credit, si apriva anche il terzo atto della carriera di questo sceneggiatore, poi regista, ora diventato anche co-presidente, co-amministratore e direttore creativo dei DC-Studios. La sua missione? Rilanciare la rive gauche dei supereroi, la sponda rivale

In bilico tra Marvel e DC

Marvel e DC sono avvicinati da questa immagine molto romantica, costruita negli anni dal pubblico, prima frequentatore delle fumetterie, poi da quello delle sale, di due colossi che desiderano il rispettivo fallimento e ridono degli inciampi del rivale. Una prospettiva che dà pepe alle discussioni e alimenta le tifoserie, ma poco utile per capire il contesto in cui ci si muove.

Proviamo per una volta a credere alle parole di Kevin Feige, di James Gunn, e di tutti i dirigenti interpellati sulla questione. Nella lingua da ufficio stampa ci dicono che entrambi vogliono solo una cosa: fare bei film (ma dai?).

Traduco. Il punto non è contendersi una fetta di mercato. È ingigantire la torta. La lotta non è quindi contro qualcuno, semmai contro il passare del tempo, la noia, la stanchezza. La cosiddetta “superhero fatigue”.

Credo che vada trovato alla svelta un termine migliore per raccontarla. Ci provo ora. Sostituiamo “stanchezza da supereroi”, chiamiamola invece “appiattimento da supereroi”. 

I Guardiani della Galassia sono tridimensionali (come personaggi e come film)

Basta affiancare Ant-Man and the Wasp: Quantumania, Shazam: Furia degli Dei e Guardiani della Galassia: Volume 3 per capire cosa li distingua. I primi due, per quanto gradevoli, sono ore di intrattenimento concepite per darci l’impressione che il tempo acceleri. Tenerci impegnati, divertiti e anche appassionati per farci dimenticare le fatiche della settimana trascorsa.

L’esito è che in una settimana dimenticheremo anche il film. 

Il linguaggio è uniforme, il tono è simile tra l’uno e l’altro (Quantumania prende dalla fantascienza grottesca, Shazam dal racconto di formazione fantasy, ma alla fine si assomigliano come sapore che lasciano). La prevedibilità è una scelta: dare allo spettatore tutto quello che vuole, che sa di volere, e per cui ha pagato il biglietto.

Credo che entrambi gli studi abbiano capito, prendendo scappellotti al box office, che barattare la propria identità per essere semplicemente piacevolmente indolore è l’anticamera della disaffezione. 

Dolore, dice invece Guardiani della Galassia, contro ogni appiattimento. Il suo proposito è riempire il tempo a disposizione di cose (forse pure troppe): idee, emozioni, citazioni, easter egg. In ogni suo volume, quello di James Gunn è stato un franchise tridimensionale. Coloratissimo, si è settato sul più ampio spettro emotivo: grandi risate e qualche lacrima. 

È bi-autoriale, perché è chiarissima la visione di Gunn, ma ammettiamolo, è lampante anche quella dello studio! Questa duplice personalità gli ha permesso di parlare a me, a te, al bambino in seconda fila, alla mamma in fondo, al signore anziano che ha sbagliato sala. Spaccare il box office. Tenere in piedi i cinema che accolgono, nella sala accanto, anche il film più ricercato e indipendente della stagione.

È un dato di fatto che questa convivenza di più esigenze in uno stesso film, quelle commerciali e la creatività libera da vincoli, generi talvolta commenti stizziti dal mondo indipendente, d’essai. Come se avere un pubblico ampio fosse barare, giocare facile. Credo che i recenti insuccessi commerciali supereroistici abbiano dimostrato che il pubblico non si beve tutto. Anzi, quando un film dal pubblico ampio è fatto con qualcosa da dire, a cui tiene veramente, parlare così chiaro a tutti è la cosa più difficile. 

I Guardiani della Galassia per la DC

Così penso alla DC, che forse, per la prima volta dopo tanto tempo, ride lei in quel celebre meme. 

Non è mai stata così in pole position. Non ha nulla da perdere (con buona pace della campagna sullo Snyderverse), ha tutta l’attenzione di un pubblico alla ricerca di qualcosa di nuovo e, immagino, prontissimo a migrare da uno studio all'altro. Ha la possibilità di chiudere bene con The Flash e ripartire ancora meglio. Come la Marvel nel 2008, ma sapendo sin da subito come si costruisce un universo e le potenzialità che ci sono nel farlo bene.

Certo, le cose si stanno complicando già da ora per via dello sciopero degli sceneggiatori. Ricordiamo la promessa di Gunn di non iniziare nessun film senza la sceneggiatura completa per filo e per segno. Questo potrebbe ritardare ancora di più l’inizio del nuovo corso. Intanto l’appiattimento dei supereroi è sempre in agguato; prima James Gunn farà vedere che nuova dimensione riuscirà a creare, più potrà godere di un pubblico ancora affezionato al genere.

Nel frattempo The Marvels, Blue Beetle, Aquaman e il regno perduto hanno tutto da dimostrare. Dovranno tirare fuori una buona personalità per rinsaldare l’affetto di chi meno frequenta il mondo dei fumetti. Per mantenere la fiducia anche di chi non si fa problemi a perdersi qualche cinecomic di tanto in tanto. 

E la Marvel?

Mentre i titoli di coda continuano a scorrere, arriva anche quella sensazione di un senso di chiusura per la Marvel. Quello che avevo provato con Endgame. Come se la fase 3 avesse dato un ultimo colpo di coda adesso, salutandoci. Mi sento strano nel pensarlo. Proprio io, che (contro corrente?) ho amato tantissimo molti film della prima parte di questa saga del multiverso (altri meno, come per tutte le altre fasi). 

È un bias un po’ nostalgico che fa rileggere il passato come non è mai stato. Invece si dovrebbe quasi sperare che i Marvel Studios entrino sì in una profonda crisi. In fondo è stato durante i loro scricchiolii (non sapere se sarebbero arrivati ad Avengers, la faida con Perlmutter etc..) che hanno dato il meglio. 

Non ce lo ricordiamo, ma la Marvel che abbiamo imparato ad amare viveva alla giornata senza sapere quanti altri film avrebbe fatto. Una delle mosse azzardate di chi vuole fare tutto prima che l’incantesimo finisca è stata proprio l’assunzione di un certo James Gunn per adattare degli assurdi personaggi semi sconosciuti. 

Così Guardiani della Galassia: Volume 3 vuol dire tanto per i Marvel Studios. Perché non chiude la fase 3, ma suggerisce come aprire la 5. Che sia questo il livello emotivo, creativo, attoriale e spettacolare a cui si può tendere per dare spessore credo l’abbiano capito tutti… non solo il pubblico.

Replicarlo certo non è facile, ma la storia di Rocket Raccoon ha dimostrato che si può ancora farlo. Oltre la fatica, l’appiattimento, senza godere più di quel lasciapassare che aveva fatto accettare cose come The Incredibile Hulk, Iron-Man 2, Thor: The Dark World, i Marvel Studios possono ancora essere alla guida dell’industria. Insieme alla DC.

È come se James Gunn avesse segnato un goal per la sua squadra, e poi avesse cambiato casacca passandosi il pallone correndo in contropiede. Con un film del genere, così duro eppure solare, ha ricordato quanto il grande schermo, talvolta grandissimo, vesta bene queste opere. 

Dentro Guardiani della Galassia: Volume 3 c’è quindi la più grande promessa che il nuovo direttore creativo poteva fare per la sua DC. Su questo verrà valutato. Ricordiamocela: ci sono ancora molte storie da raccontare, risate da condividere e lacrime da versare. 

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