Cosa hanno azzeccato Spielberg e Lucas con le loro profezie sul cinema e cosa no
Nel 2013 Steven Spielberg e George Lucas avevano fatto ipootesi sul futuro del cinema. Vediamo cosa hanno detto giusto e cosa (ancora) no.
La crisi sanitaria ed economica legata al Coronavirus ha creato il caos negli studios hollywoodiani. Con le sale chiuse, o ad aperture alternate tra stati, le distribuzioni si sono trovate senza una rete di sicurezza sufficientemente ampia per lanciare i propri film verso le uscite theatrical.
Il resto della filiera nel frattempo, fatta da produttori e distributori non può che constatare il rischio di un’uscita prematura a fronte di una assenza di sale competitive. Stiamo vivendo in questi mesi in diretta la conseguente roulette di spostamenti di uscite.
Questa situazione momentanea potrebbe però imprimersi stabilmente sulle abitudini del mercato e portare concretamente alla fine del modello di business fatto di grandi blockbuster dagli incassi stratosferici e di un’infinità di schermi su cui proiettarli. Uno scenario che, di giorno in giorno sta diventando sempre più concreto.
Ma chi avrebbe potuto prevederlo?
Spielberg, mi si risponderà.
Sì ok. Ma chi altro a parte il maestro del cinema?
Lucas.
Battute a parte, occorrere chiarire qualche dettaglio prima di cadere in teorie di complotto varie ed eventuali. La situazione predetta da Steven Spielberg e George Lucas nel 2013 in occasione di un evento dedicato all'inaugurazione di un nuovo edificio della USC School of Cinematic Arts, non comprendeva alcuna pandemia globale. E, a dirla tutta nemmeno questo tipo di radicale inversione del mercato.
Ma ci sono andati abbastanza vicini. Vediamo quindi di seguito che cosa hanno previsto bene e che cosa, ancora, no.
Nel 2013 le affermazioni di Spielberg avevano fatto molto discutere per la forza con cui erano state espresse. Il regista aveva infatti affermato perentoriamente che il sistema hollywoodiano era letteralmente destinato a collassare su se stesso nel giro di pochi anni.
Ci sarà un’implosione quando tre, quattro, o anche una mezza dozzina di questi film dal budget gigantesco si schianteranno fallendo al botteghino e questo cambierà il paradigma per sempre.
L’affermazione nasce dalla semplice constatazione che il tempo a disposizione degli spettatori è limitato, mentre l’offerta di prodotti audiovisivi è da anni in costante aumento. L’offerta sta superando la domanda e inevitabilmente porterà con sé fallimenti economici. Chi si trova di fronte alla programmazione dei cinema è costretto a scegliere, a selezionare. Non ci sarà più spazio per prodotti intermedi.
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Lucas ha quindi espanso il ragionamento di Spielberg con la facile previsione dell’estinzione della tv via cavo e l’arrivo di una tv che si appoggi solo all’infrastruttura internet. Più interessante invece il possibile modello di business che verrà adottato dopo questo stravolgimento:
Finiremo con meno sale, ma anche con sale più grandi con un sacco di cose belle. Andare al cinema costerà 50, 100, 150 dollari, proprio come Broadway oggi o le partite di football. Sarà costoso e i film resteranno in sala per anni proprio come gli show di Broadway.
Poco prodotto, ma di grande richiamo (attenzione a non confondere la popolarità con la qualità). Mentre, sempre secondo Lucas, le piccole produzioni si sposteranno tutte sul piccolo schermo.
Con il coronavirus, è però accaduto esattamente l’opposto. Durante il crollo di Hollywood hanno raggiunto il grande schermo le produzioni medie, indipendenti e a basso budget, mentre i grandi tentpole hanno rimandato l’uscita o l’hanno affidata alle piattaforme streaming come nel caso di Mulan per Disney+.
Al netto dell’oggi, se ci proiettiamo in avanti verso la fine della pandemia, è chiaro che tutto dipenderà da come riusciremo a convivere con il virus. Se arriverà un vaccino efficace è probabile che rimarrà diffuso un certo timore degli spazi affollati ma, generalmente, ci si aspetta un ritorno in sala del pubblico sol leggermente inferiore al 2019. Una situazione di quasi normalità.
Se invece il virus dovesse diventare endemico, e quindi ripresentarsi secondo stagionalità, sarebbe difficile per le major investire in prodotti ad alto budget (con cast importanti, magari su set sparsi per tutto il mondo). Potrebbero ritornare le produzioni high-concept a basso budget, con idee molto forti e “pretese” economiche limitate. Il nostrano Perfetti sconosciuti ne è un esempio perfetto.
Detto questo, la previsione di Lucas è ancora assai lontana dall’avverarsi, anche se appare quanto mai logica. Ma questo scenario sarà da rimandare a fine pandemia, quando il mercato troverà il nuovo assetto. Quello che si dovrà capire sarà soprattutto la tenuta delle forme premium di acquisto o noleggio home video. Ci sarà una separazione netta tra i cataloghi in abbonamento e i film di "serie A" da acquistare prima del tempo e dell'arrivo nel mare magnum dei cataloghi? Tutti gli indizi portano a credere di sì. Ma il rischio è di ingannare la prospettiva guardando solo al particolarissimo momento e non al lungo termine.
Spielberg, rispetto a Lucas, si era mostrato più moderato. Egli immaginava una forma di prezzo variabile di film in film che avrebbe aiutato a diversificare. All'epoca il suo Lincoln aveva rischiato di saltare l'uscita in sala per essere acquistato da HBO. Il regista aveva quindi immaginato uno scenario in cui il biglietto per un film ricercato come il suo sarebbe stato pagato di meno rispetto al costoso Iron-Man.
Profezia mezza azzeccata. Il biglietto dinamico è una realtà presente già da anni in Italia e nel mondo (con variazioni di prezzo basate non solo sulla categoria di film ma anche sulla tenitura, la data e l’orario). La formula non ha però mai preso veramente piede. Quella che è stata fatta con efficacia è invece una politica per le esperienze premium (vicine a quelle immaginate da Lucas) con schermi enormi come l’IMAX o impianti proprietari di eccellenza. La variazione di prezzo è quindi più legata al tipo di esperienza e di servizio (ricordate il 3D?)
Alla fine dell’intervento Lucas ha chiosato con quella che, secondo lui, sarà la domanda futura che affronteranno gli analisti degli studios di fronte a una release: “vuoi che le persone vedano il film, o vuoi che le persone lo vedano sul grande schermo?”.
Fonte: The Verge
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