Cosa abbiamo imparato su La terra dell'abbastanza vedendolo con i Fratelli D'Innocenzo

Durante la visione di La Terra Dell'Abbastanza i fratelli D'Innocenzo si sono sbottonati sull'incontro con Paul Thomas Anderson

Critico e giornalista cinematografico


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Nella notte prima dell’apertura (online) del loro secondo film, Favolacce, Fabio e Damiano D’Innocenzo hanno guardato con la redazione e gli utenti di Badtaste.it il loro esordio, La terra dell'abbastanza, in una serata a base di vino e codici per la visione gratuita di Favolacce regalati.

Di quel film avevamo scritto molto all’epoca ma è saltato fuori che molto c’era ancora da tirar fuori, molto c’era ancora da sapere dietro la storia di come due fratelli gemelli, appassionatissimi di cinema, autori di decine di sceneggiature siano riusciti a trovare un produttore che li abbia fatti esordire come registi senza aver mai girato un cortometraggio prima.

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Titoli di testa rubati a Giulio Base

Innanzitutto i titoli di testa, nonostante sia inusuale ad oggi avere i credits in testa al film i due fratelli li hanno voluti perché gli premeva moltissimo ringraziare tutte le persone che avevano lavorato al film quasi per nulla e poi volevano iniziare come Crack di Giulio Base, con quell’idea di film povero: “C’è chi spende i milioni per i titoli di testa e poi il film non vale niente, noi volevamo il contrario, volevamo dare subito l’idea che fosse povero”.

6 panini a Ponte Di Nona

Il film si apre poi con una delle sequenze più belle, quella in cui Mirko e Manolo in macchina parlano, ridono e mangiano: “6 panini si sono mangiati e poi hanno vomitato e sai perché? Perché non stavano pensando come gli attori ma come i personaggi e i personaggi hanno fame in quel momento, poi alla fine gli attori hanno vomitato”.
E tutto si svolge in un posto stranissimo, uno poco ripreso e raccontato che dà al film una dimensione sua, originale. È la zona di Ponte di Nona a Roma, non Tor Bella Monaca dove i D’Innocenzo sono cresciuti e che conoscono bene “ma quella è una zona povera come linee prospettiche, molto chiusa. Questo soggetto noi lo abbiamo scritto più di 10 anni fa e nel frattempo il cinema italiano ci ha superato con tantissime storie di borgata romana, così noi alla fine siamo arrivati ultimi. Per fortuna il nostro location manager ci ha trovato questo villaggetto con le case colorate tipo Tim Burton che era abbastanza nuovo”.

L’investimento in auto

Dopodichè Mirko e Manolo tornando a casa per errore investono una persona, l’evento che scatena tutto il film e che noi non vediamo, lo viviamo da dentro l’auto assieme a loro, ma in realtà i fratelli l’avevano girata la scena in cui si vede bene l’investito, solo che era venuta e male e non l’hanno messa.

La scelta di Max Tortora

Ancora prima del ruolo molto drammatico in Sulla Mia Pelle, Max Tortora era stato scelto dai D’Innocenzo per una parte seria, serissima. Ma non fu un’idea loro, era Tortora stesso che un po’ questo passaggio lo desiderava. A fare da tramite è stato il loro produttore ha fatto da tramite, suggerendo loro di provinarlo:

Era molto insicuro, mentre facevamo i provini lui si aggirava intorno alla sede facendo il giro largo, era teso e alla fine non fece un buon provino ma uno mediocre, eppure in quella fragilità che era frutto della tensione ci vedemmo una sorta di bellissima sensibilità utile a sradicare il clichè del padre tatuato, fico e palestrato. Ci serviva proprio quella disperazione dell’attore che ad un certo punto decide che non vuole fare solo il comico. Fece il provino in mutande si inventò una gag su una tartaruga sparita che non centrava con il film ma nelle sue corde c’era il modo in cui avremmo lavorato con gli attori, lunghissime teste e lunghissime code, per farli arrivare in temperatura. Come il Barcellona quando faceva melina.

E alla fine il giudizio complessivo su Max Tortora non potrebbe che migliore: “È un attore straordinario non se ne trovano altri 10 meglio di lui”.

Il lavoro con gli attori

Del resto il lavoro con gli attori è per i due fratelli l’elemento primario. Era la prima volta su un set sia per loro due che per i due protagonisti (anche se Carpenzano aveva già girato Tutto Quello Che Vuoi di Francesco Bruni) e tutti e 4 ogni mattina discutevano le battute, tagliandole se serve.
Così accadono miracoli come la scena di sesso in cui addirittura sono stati Matteo Olivetti e Michela De Rossi a decidere di farla “per bene”, spogliandosi nudi: “Sono stati dei grandi, sapevano che era giusto per i personaggi e alla fine questa scena ha una grande verità. Pensa che è la scena che piace di più a Carlos Reygadas, regista messicano a cui stiamo simpatici non si sa perché”.
Secondo i D’Innocenzo la differenza l’ha fatta come i due attori hanno osservato loro due registi, capendo che i protagonisti erano in realtà loro due e iniziando ad interpretarli imitandoli.

Mai più comparse

La terra dell'abbastanza è un film con molte comparse ma proprio per quell’esperienza hanno deciso di non usarle più o almeno il meno possibile: “Perché è pieno di gente che viene per farsi notare, che anche se devono camminare di sfondo camminano impettiti, e non c’è niente di più tremendo. Su Favolacce c’era una comparsa che si gonfiava i muscoli tra un ciak e l’altro”.

Aldo Baglio

Il ruolo del capo della malavita che incute timore inizialmente l’avevano pensato per Aldo Baglio, solo che l’accento sarebbe stato troppo un problema. Di certo volevano un contro-casting, cioè prendere un attore che solitamente non fa quelle parti per scardinare un po’ di luoghi comuni sulla periferia, tanto che avevano anche vagliato l’idea di chiederlo a Luca Medici (Checco Zalone).
Ad oggi fare un film con Aldo Baglio rimane un obiettivo.

Lo streetwear nel film

Abbiamo avuto un’adolescenza povera e quindi ci siamo sempre arrabattati con la moda. Ma abbiamo visto che in periferia spesso le persone hanno una grande attenzione per la moda e l’uniformarsi. Nei primi anni 2000 se non avevi le galaxy dell’Adidas eri una testa di cazzo e questa filosofia l’abbiamo messa nel film, i protagonisti hanno sempre la stessa tuta ma di marca. Perché in periferia magari sei povero ma se hai 100€ li investi sul brand e non su una cosa importante.

La rissa con la madre

Come la scena di sesso anche quella in cui uno dei protagonisti viene alle mani con la madre non è stata facile ma a sorpresa l’ha risolta l’attrice: “Quella scena veniva sempre male nei provini, invece quando toccò a Milena Mancini portò una concretezza e un pragmatismo decisivi. È un’attrice molto sottovalutata, un volto fatto per il cinema in America lavorerebbe tantissimo”. Quella scena è quasi un unico piano sequenza e per farla così hanno iniziato a girare da 20 minuti prima della rissa, per caricare i due attori, perché quel momento possa montare.

I generi

Ci piace mettere in scena i generi che non amiamo. Abbiamo scritto un western ma non sarà il nostro prossimo film, forse quello successivo ancora. Il prossimo sarà probabilmente un thriller molto dritto, genere a cui ci siamo approcciati con una grande umiltà, l’umiltà dell’ospite accolto in una casa che non si può subito impadronire della camera principale ma inizia dal divanetto e nemmeno si lava i denti nel bagno degli ospiti per pudore.

Chiuderà la trilogia dei generi annunciati anche una serie noir che faranno.

Il rapporto con Luca Zingaretti

Alla fine non Aldo Baglio e non Luca Medici ma Luca Zingaretti ha interpretato il boss, un attore molto grosso e d’esperienza che tuttavia “era disponibile a sentire quel che gli dicevamo perché le nostre indicazioni buone o cattive erano comunque coerenti e omogenee al resto del film, e se non si fosse conformato sarebbe sembrato il commissario Montalbano in un altro film. Non sappiamo quanti soldi ha preso ma di certo pochissimi, parliamo però di uno degli attori più intelligenti del cinema italiano, e mi fa ridere quando gli mettono le parrucche o le lenti per non farlo sembrare Montalbano. Quello è solo un look!”.
Tuttavia per questo film gli hanno fatto crescere la barba e un po’ di capelli “Si ma è stata una decisione che avevamo preso sia noi che lui contemporaneamente senza dircelo”.

Il consiglio di Matteo Garrone

I fratelli D’Innocenzo avevano collaborato a Dogman prima di iniziare La terra dell'abbastanza e in virtù di quello Matteo Garrone li ha aiutati con il loro esordio, più che altro dando una mano a reperire personalità importanti della crew tecnica (come il montatore Marco Spoletini). Garrone ha però dato anche un consiglio:

Ci disse che il momento in cui muore Manolo non era comprensibile ma in realtà è una questione di gusto e perspicacia. Ci suggerì di fare un giorno di riprese aggiuntivo rapido e veloce per girare giusto un’inquadratura in più in cui si vede meglio chi è coinvolto. Noi però come spettatori amiamo i film dove non tutto è sottolineato, potevamo stare sul primo piano di Manolo che si punta la pistola altri 2-3 secondi ma sarebbe stato come dare dello stupido allo spettatore. Ci piaceva che fosse un battito di ciglia. Alla fine pensiamo che non tutto debba essere spiegato, ci dev’essere qualcosa che ti attiva e ti fa scendere più in profondità.

Il cibo di Napoleon Dynamite

Abbiamo scoperto durante la serata che il punto di riferimento dei D’Innocenzo per le scene con il cibo è Napoleon Dynamite: “Quel film rende drammaturgico e narratio il cibo come nient’altro, lo usa per dare l’idea di una povertà disgustosa. Come la scena in cui la mamma se ne va e gli dice che le bistecche sono finite, quell’idea della bistecca come una cosa di lusso, rispetto invece a tramezzini e uova alla coque”. E infatti hanno curato molto il pranzo del crimine, quando al tavolone tutte le comparse sbranano teste di gambero facendo rumore “se le dovevano sventrare a livello acustico, doveva fare schifo: i criminali che mangiano i gamberetti , così avevamo titolata quella scena”.

Il rapporto con Paul Thomas Anderson

Dopo il successo al festival di Berlino diLa terra dell'abbastanza il Sundance Lab (un laboratorio in cui giovani registi lavorano con registi d’esperienza patrocinato dal Sundance Film Festival) ha proposto ai fratelli di partecipare e sviluppare lì un loro film. Caso ha voluto che il loro tutor fosse Paul Thomas Anderson con cui hanno sviluppato il famoso western che forse sarà il quarto film:

Abbiamo un inglese blasfemo ma lui era tranquillo. Una sera che aveva bevuto un po’ di più si mise a parlare di Philip Seymour Hoffman, fu una mezz’oretta in cui era successo qualcosa tra noi, non stavamo più parlando col tutor da aspiranti bravi registi, lì abbiamo fatto un passo successivo e quell’intensità non l’abbiamo più trovata. Adesso con lui ci sentiamo via mail anche se ora meno che ha cominciato a girare. Lui aveva letto la sceneggiatura, gli era piaciuta e ci voleva lavorare, ci disse che andava bene ma il titolo faceva schifo e secondo lui il titolo è la cosa più importante. Noi gli abbiamo detto allora di trovarcelo lui ma alla fine non l’ha trovato. O meglio uno ce l’ha proposto ma non era granchè nemmeno il suo: Black Dynamite.

Una volta sono anche finiti a parlare dei più grandi registi di sempre “e noi pensavamo che lui avrebbe tirato fuori Robert Altman, il suo mito, invece diede un pugno sul tavolo e disse Stanley Kubrick! E ha ragione, è così, è inutile fare i fichi. Anche io potrei dire che Akira Kurosawa è il migliore ma lo sappiamo tutti che in realtà quel che va detto è che è Stanley Kubrick”.

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