Cosa abbiamo imparato dal video della masterclass di Ennio Morricone al CSC

Come compone, come studia i film, come dovrebbe essere la musica per i film, cos'è un sincrono e l'odio per i "rockisti" di Ennio Morricone

Critico e giornalista cinematografico


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Ne ha per tutti Ennio Morricone, ospite del Centro Sperimentale nel 1989 in una masterclass che la stessa scuola Nazione di Cinema ha messo online sul suo canale YouTube in questi giorni, assieme a molte altre.

Il compositore attacca con un intervento scritto da sé, una lunga tirata sui temi che gli piacerebbe affrontare in cui espone la sua visione del rapporto tra musica e film. Da qui già si capisce il rigore estremo con cui approccia quello che considera un lavoro commerciale, un lavoro da fare bene, molto bene, in un ecosistema difficile, quello del cinema, avendo a che fare con registi e produttori.
A tal proposito parlando di aspirazioni alte ma anche esigenze commerciali del mercato chiude gloriosamente dicendo:

Il compositore deve esprimersi in un linguaggio comprensibile dalla media degli spettatori, in maniera semplice per responsabilità verso il regista, il produttore e il pubblico. Privatamente invece dovrà risolvere i dilemmi della propria creatività [...] Bisogna tenere conto di tutto questo per lavorare senza finire a sputarsi in faccia allo specchio al mattino per i condizionamenti del mercato ma mantenendo la dignità professionale e artistica che un compositore deve sempre avere.

È un calcio d’avvio pazzesco per una lezione fitta di domande fatte a Morricone (che con una penna stilografica se le appunta una ad una su un foglio per essere poi certo di rispondere con ordine a tutte) mette bene in chiaro cosa lui ritenga musica vera, cosa ritenga un lavoro fatto bene, come si debba concepire la composizione per il cinema e anche cosa nella sua testa crei il matrimonio perfetto tra immagini e musica.

Se Sergio Leone aveva attaccato il suo intervento in una scuola di cinema dicendo che la teoria non serve, Morricone attacca dicendo:

Penso che un cinema veramente rigoroso dovrebbe evitare l’uso di altre arti. Anche la musica. [...] Quando del chiarimento non c’è bisogno la musica non ha necessità di intervenire. Si auspica che un film sia così rigoroso da non aver bisogno di musica avendo invece in se stesso, nella sua fisionomia, i risultati sonori e espressivi.

Come si applica la musica in un film

Concettualizzare i sentimenti e sentimentalizzare i concetti, questo il dovere della musica. Il film è falsamente profondo per Morricone, è una proiezione piatta che imita la profondità e sta allora alla musica dare verità a quella falsa profondità, renderla realtà, concettualizzando i sentimenti che il film vuole proporre.

Come si compone una musica per un film

Non ci sono dubbi: la musica deve esistere per sé, non deve esistere in funzione del film, così ha sempre proceduto e così del resto vede che le grandi musiche che già esistono, quelle dei classici maestri per questo funzionano così bene nei film, perché esistono per sé, non per i film. Per usare proprio le parole di Morricone:Una musica commissionata per il cinema deve essere grammaticalmente e sintatticamente corretta, cioè un linguaggio che comunica con lo spettatore. La musica applicata alle immagini deve avere gli stessi valori che hanno le musiche dei grandi autori che le hanno composte senza pensare ad un film”.

Cos’è il sincrono

Ad un certo punto Morricone usa il termine “sincrono” rendendosi conto che non tutti lo conoscono o sanno cosa sia. Spiega che è un termine tecnico che si usa per descrivere un rapporto che musica e immagini possono avere: “Il sincrono è un elemento del montaggio, una componente visiva che influenza la composizione musicale. Ad esempio un cambio d’immagine di cui il compositore deve tenere conto o magari avvenimenti psicologici e visivi, una correzione di rotta del regista”. Quando avviene regista e musicista si mettono d'accordo per una variazione rispetto a quel che c’è stato prima “spesso corrisponde ad un cambio sentimentale o psicologico che non si vede ma che lo spettatore deve tenere presente”.
Sbagliare o comprendere male un sincrono per Morricone rende proprio illogico un film là dove invece è indispensabile ammorbidire la comprensione.
Ovviamente esistono eccezioni a tutto questo, alle volte un taglio può essere enfatizzato con una sterzata brusca.

La questione delle musiche non originali

Apriti cielo: le musiche non originali! Ovviamente Ennio Morricone ha una visione durissima della musica che esiste in un film, distinguendo tra quella seria, vera e quella da poco. Quella da poco sarebbe quella diegetica, quella cioè che sentono anche i personaggi perché esce da una radio o è suonata nella scena, spesso Morricone armonizza anche quelle così che siano suonabili ma dice senza problemi di farlo con la mano sinistra.
Il caso in esame è quello di Amapola, più volte usata in C’Era Una Volta In America e Yesterday dei Beatles anch’essa usata nell’ultimo film di Leone:

Sono musiche scelte con rigore e utili a comunicare qualcosa, come il cambio di un’epoca con Yesterday. Ma per me quella non è la musica del film, quella è musica realistica come l’orchestrina che suona in un night. Non mi riguarda nemmeno, la scrivo e la faccio se serve ma non mi riguarda, perché non riguarda il rapporto sentimentale e tragico dei personaggi, quella è una musica che c’è perché viviamo in mezzo alla musica. Vi dico anche che le trascuro un po’ queste espressioni musicali casuali e realistiche, non vorrei mai che una musica di radio o di night o di altre fonti venisse confusa con quella dei personaggi. Se dò la medesima confezione e la medesima maniera di lavorare ad un tema come Yesterday o Amapola avrei timore che queste canzoni casuali assumessero un ruolo che il regista non vuole abbiano.
Yesterday l’ho strumentato nella maniera più blanda e standard possibile.

La sua musica nelle pubblicità

Morricone confessa ad un certo punto che in molti gli scrivono oltraggiati perché alcuni brani di Mission sono stati usati “per la pubblicità di... cos’è? Un olio? Un’acqua? ....ecco sì un’acqua minerale. Ma se vogliamo c’è anche il coro finale di quel film che è stato usato per un deodorante mi sa. Non sono io che le autorizzo, non l’ho mai fatto e non ho mai preso una lira, quelle musiche si comprano e costano anche tanto. In questi casi mi hanno pure chiesto dei consigli eh, ma io gli ho detto “no” e non li ho dati. Tuttavia il proprietario del nastro è chi l’ha finanziato non io. Ne sono addolorato di quest’uso, non solo perché non prendo soldi (ma non mi interesserebbe nemmeno prenderne in quella maniera) quanto perché a quella musica in quel film ho voluto dare dei significati che mi rappresentano molto”.

Il rapporto con Pasolini

Morricone confessa che non tratta con i registi che arrivano da lui dicendogli già cosa vogliono “perché se un regista non ha la fiducia e non lascia al compositore che chiama la libertà di riflettere e proporre ma gli vuole imporre una cosa, allora non è il caso di lavorarci, ne ho lasciati tanti per questo motivo”.
Solo in un caso della sua vita però questa situazione è stata ribaltata, con Pier Paolo Pasolini. Racconta Morricone che per Uccellacci e Uccellini c’era una lista che Pasolini aveva fatto di quel che voleva per il film, “un foglio dattiloscritto”. A questa lista Morricone rispose di non essere un adattatore di musica altrui e quindi non avrebbe lavorato al film “e Pasolini, unico caso nella mia carriera, cambiò idea e mi disse di fare quel che volessi. E lo feci”.
Poi Morricone ha precisato che ovviamente tutto questo non vuol dire che non ascolti i consigli di un regista, le sue esigenze, che non si confronti con lui e non attenda il suo benestare per andare ad incidere la musica che ha scritto. Ma sempre partendo dalla libertà di fare le proprie proposte.

Gli appunti durante i film

Alle volte Morricone si trova a dover comporre su una sceneggiatura (“la legge mia moglie e me la riassume però, che non mi trovo bene a leggerle io”), alle volte come nel caso di Leone non legge le sceneggiature ma il regista gli racconta le inquadrature e altre volte invece viene chiamato quando il film è quasi pronto e quindi glielo fanno vedere. In quei casi prende appunti durante la visione del film e non sono quasi mai appunti a parole. Nel tempo ha infatti elaborato un suo modo di appuntarsi la musica che gli viene in mente. Lo ha fatto per esempio per Novecento di Bertolucci.

La musica di Queimada e lo sgarbo a Liliana Cavani di cui non va fiero

Nonostante tutto il rigore messo in campo e la forza artistica temperata dal buon senso di cui evidentemente Ennio Morricone è portatore ed è in grado di mostrare, c’è un caso che ha raccontato in cui ha fatto qualcosa di cui non va fiero per amicizia:

Per Queimada Gillo Pontecorvo si era innamorato di un mio pezzo che sta in I Cannibali di Liliana Cavani. Voleva che praticamente lo rifacessi, io ho lottato per non rifarlo, ma alla fine ne ho dovuto fare un altro molto simile, perché a lui pareva funzionasse troppo bene. Addirittura quel brano l’aveva prelevato da I Cannibali e l’aveva provato a mettere sul suo e se n’era definitivamente innamorato. Sono sempre stato amico con Pontecorvo ma in quel caso penso di essere stato disonesto nei confronti dell’altro film, ho fatto una cosa che non avrei dovuto ma per amicizia. E in effetti c’è da dire che quel brano funzionava su quelle immagini, è quello della scena in cui Dolores torna trionfante con il popolo sulla spiaggia, un pezzo di due minuti e mezzo.

La semplicità volontaria, non quella dei “rockisti”

È abbastanza evidente il disprezzo profondo celato a fatica che Morricone ha per i musicisti improvvisati, non rigorosi, moralmente condannabili e via dicendo. A questi ad un certo punto aggiunge anche tutti i musicisti rock quando, parlando della scelte di estrema semplicità che spesso si trova a fare, ci tiene a operare un distinguo:

Ho scritto alle volte pezzi che sono immobili su due accordi, una cosa che ha fatto sì che poi molti rock... rockettari...rockisti mi abbiano seguono per questa semplicità armonica, perché essendo dei dilettanti devono semplificare le armonie. Ecco io a quella semplicità ci arrivo per altre ragioni e non per le loro. Cioè non per carenza ma per coerenza storica.

Nel dire questo ci tiene a fare un esempio pratico che spiega molto bene che intende quando dice che i “rockisti” devono semplificare per ignoranza e lui lo fa per scelta:

Nel Marco Polo ho lavorato molto su un accordo solo o due accordi su tutto il pezzo, variando il tema e l’orchestrazione o mettendo dei cori ma con una assoluta immobilità armonica, perché il periodo storico non mi consentiva di avere dei momenti modulanti possibili. Quando invece ho modulato, come nella seconda parte del tema esposto nei titoli dalla viola, c’è un tipo di modulazione che sono passaggi modali, vado a toni lontanissimi come i canti gregoriani (ammesso che li vogliamo armonizzare) passando da un modo all’altro, dal re al la, dal la al mi, tutti passaggi che diventano una modulazione, che è improprio chiamare tale perché non esisteva, ma che mi fanno andare lontanissimo dal re minore fino al sol#minore sempre con una coerenza che mi tiene agganciato alla storia della composizione musicale di quei tempi.

I rumori nella scena iniziale di C'era una volta il West

Durante la sua masterclass al Centro Sperimentale, Sergio Leone ha raccontato di non aver messo musica nella prima scena di C’era una volta il West, perché tiene molto ai rumori e lì funzionavano meglio. Ora Morricone dà la sua versione dei fatti, cioè (dice lui) che molte scelte di Sergio Leone nascono da una racconto che gli fece:

Quando facevo dei concerti con un gruppo di improvvisazione, 22 anni fa, mi capitò a Firenze di vedere qualcuno esibirsi prima di noi, fu un’esperienza importantissima sia per me che per Leone cui l’ho raccontata. La gente entrava in sala senza sapere cosa avveniva ma c’era sul palco già un personaggio che era entrato levandosi un cappotto e attaccandolo all’attaccapanni, era poi salito su un soppalco con una scala, mettendosi su una specie di balcone che seguiva il perimetro del palcoscenico e da lì aveva cominciato a torcere la scala di legno che aveva salito facendola cigolare [imita con la voce il cigolio leggerissimo ndr], il tutto mentre la gente entrava. Questa cosa è andata avanti per 40 minuti, la gente ormai era seduta e aveva capito che stava accadendo qualcosa di importante. Sembrava quasi comico lì per lì ma per me fu importante e straordinario. Finito di torcere la scala quel personaggio è sceso, ha preso il cappotto e se n’è andato. Fine. Il senso era che qualsiasi rumore della vita, dai più volgari ai più nobili, se isolato dal contesto che lo promuove e messo all’interno di un silenzio, assume un significato che trascende la sua validità realistica e ne assume un’altra che non sappiamo né possiamo immaginare, una totalmente empirica o poetica o drammatica.

Così nacquero i primi 20 min di C’era una volta il West in cui c’è una sequenza di suoni realistici: “Quel racconto incoraggiò Leone” dice Morricone “che essendo un pragmatico lo mise subito in pratica. Ma è lo stesso che accade con la tazzina di C’era una volta in America, quel rumore fa capire nervosismo e tensione. Ecco in questi casi il compositore non deve entrare in competizione con simili rumori che hanno un significato assoluto”.

Sull’uso di cantanti o cantautori come compositori di musica da film

Ovviamente è il male assoluto. Una pratica degradante così descritta: “Si preferisce alle volte prendere un cantautore che si fa scrivere una musica (perché non la sa scrivere, come potreste fare voi lui la canta e poi un compositore la scrive, e il cantante la firma nonostante sia il compositore ad averle fatte diventare belle, ad averle date ad un’orchestra e persino ad averle dirette). Spero che i registi futuri come voi evitino questo affronto ai compositori veri e pensino a chi ha studiato anni e anni per diventare musicista e imparare a scrivere. Pensateci prima di chiamare i dilettanti. Dilettanti che spesso sono miei amici eh, ma anche io posso cantare se mi metto, tuttavia non lo faccio”.

Il film cui più è affezionato

È Un uomo a metà di Vittorio De Seta, film sfortunato e stroncatissimo che tuttavia ha un valore grandissimo per Morricone che ne curò le musiche:

È un film straordinario per me, in cui ogni immagine è curiosa. Fu fatto solo con 150 milioni ma era sentito potentemente dal regista. Fu stroncato alla Mostra del cinema di Venezia da una critica incredibilmente crudele, quasi non è andato nelle sale. Quel regista che poi ha sofferto e ha solo fatto lavori televisivi e non più film, è stato distrutto da questa vicenda e da chi scrive improvvisando su un lavoro di altri voluto per anni. Questo regista mi consentì di fare una musica che io ritengo contemporanea nel senso vero, finalmente una musica applicata al cinema che ha una dignità di oggi, di un compositore di oggi. Ma è stato possibile perché quel tipo di musica serviva le immagini!

Il rifiuto di Nuovo Cinema Paradiso

Per dire di quanto alle volte una sceneggiatura possa fare Ennio Morricone racconta di aver inizialmente rifiutato di fare Nuovo Cinema Paradiso. Però poi il produttore Franco Cristaldi insistette così tanto che lui si dovette leggere la sceneggiatura e, arrivato all’ultima scena, vista l’idea che nasce dentro al film “e non è buttata lì per commuovere la gente”, si commosse così tanto da cambiare idea, abbandonando Old Gringo, un film americano che doveva musicare e per cui sarebbe stato pagato molto bene, e decidendo di fare Nuovo Cinema Paradiso. La scena è ovviamente quella del collage di baci.

Su Vangelis

È un discorso complicato quello che Morricone fa su Vangelis. Del compositore greco che lavora con musica elettronica (anche se Morricone non la chiama musica elettronica, per lui, giustamente, la musica elettronica è quella generata da sintetizzatori che non imita le 12 note canoniche ma che cerca nuovi suoni e nuove armonie) apprezza abbastanza il lavoro (e già non è poco!) ma disprezza la maniera in cui dà emozione:

Si può dare emozione in tanti modi, se io batto sul tavolo [comincia a farlo con un ritmo tribale ndr] posso dare una grande emozione, ma è un modo del compositore di approfittarsi della maniera esplicita dell’immagine di essere se stessa per appoggiarsi e dare un contributo attivo/passivo. Cosa espone un semplice ritmo battendo? Un cuore in ansia, un tamburo dell’Africa, è pieno di equivoci, quindi è possibile addirittura che quel battito dia le stesse sensazioni in un film diverso. Ecco a me questo sembra degradante. E anche se Vangelis è un buon compositore e musicista, l’uso che fa di questi parametri disponibili dei sintetizzatori, riproducendo la musica tonale nel suo studio, imitando l’orchestra non avendola, ritengo che lo renda più colpevole di chi lo fa per ragioni di risparmio.

C’è qualche compositore nuovo che trova interessante?

Nicola Piovani è uno di quelli che lavora più seriamente di altri. Altri che facciano una professione dignitosa non ne conosco.

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