Con Soul la Pixar trova la sua nuova anima e mette le radici per il futuro
Soul è il film della Pixar più radicato a terra. Ed è anche quello che vola più in alto per ambizioni, domande e risposte.
Il marchio Pixar, apposto a un film, da sempre uniforma e supera il nome di ogni singolo autore. I loro lungometraggi sono concepiti più come un lavoro collettivo dell’intera casa di produzione che come espressione di un solo artista.
La domanda: "Perché si deve invecchiare?” ha generato UP. “Che cosa sono le emozioni e perché non le controlliamo?” Ha portato a Inside Out. Infine Soul (co-diretto con Kemp Powers), punta altissimo: “cosa significa vivere?”. Ci sono i film Pixar. E ci sono i film di Pete Docter.
Soul è un film di importanza vitale per il futuro della Pixar, non perché le sue innovazioni formali (che qualità visiva!) abbiano aperto chissà che scenari, ma perché la sua storia ha - per metà - esplorato un territorio nuovo.
Quando Joe Gardner muore e finisce nel mondo delle anime varca la stessa soglia fantastica che portava Alice nel paese delle meraviglie, o Sulley e Mike oltre la porta degli umani, Coco nel mondo dei morti e così via…
Ma se ritagliano via dal film tutta questa parte, quello che resta è il perfezionamento e l’ampliamento di un’intuizione avuta già con Inside Out.
Soul, quando è sulla terra, quando entra nei panni di Joe Gardner, perde ogni caratteristica dell’animazione e diventa un film in live action. Non che siano assenti le gag o i momenti assurdi, non che manchino i movimenti che possono essere ricreabili solo attraverso il disegno. Ma per tutto il tempo in cui siamo sulla terra poco ci importa che Joe sia modellato in 3D da uno stuolo di animatori. Quello che fa, quello che vede, il modo in cui tocca gli oggetti o interagisce con le superfici potrebbe essere benissimo fatto da un attore in carne e ossa.
La sceneggiatura non vive più sulle situazioni che si vengono a creare o sugli eccezionali ostacoli da superare. In Toy Story attraversare la strada è come nuotare in un fiume in piena. In Up l’avventura è sempre pericolosa. Soul invece trova le situazioni eccezionali, le avventure e le emozioni, nella vita quotidiana.
Ecco allora che una chiacchierata dal barbiere di fiducia è per il film un momento di sviluppo pari a un vero e proprio twist narrativo. Cambia tutto, non nel mondo del protagonista, ma nella sua mente. La Pixar scopre con Soul la poesia delle piccole cose, che l’ha sempre caratterizzata nei momenti più emotivi (Andy che saluta i giocattoli d’infanzia, il critico Anton Ego che assapora i ricordi). Docter e Powers li estendono a tutto il segmento che concerne la vita sulla terra.
Ed è uno spettacolo che nessuna grande idea dell’aldilà come la “linea", i magazzini di anime o i maestri “saggi”, può eguagliare. Il punto di contatto tra queste due dimensioni è, ovviamente, la musica. Un momento sublime di trance, una chiamata da un mondo sconosciuto a cui il protagonista risponde. È incredibile quanto sia così capace di perdersi nelle note, ma così incapace di lasciare un mondo concreto che quotidianamente gli fa male. Un paradosso umanissimo.
È un sottile equilibrio quello tra la propria scintilla, la chiamata della vita, e l’esistenza piena. Se la bilancia dovesse pendere verso l’ossessiva espressione della propria vocazione o, al contrario, nel totale godimento dell’istante fine a se stesso, l’anima si perderebbe nel non senso. Joe si immerge nel perfetto equilibrio in un solo momento, quando si mette di fronte al piano e ripone gli oggetti semplici, ma che hanno acquisito significato con le esperienze vissute.
Joe in quel momento fa i conti con il tempo. Il suo, quello della sua vita, con un inizio e una fine, e quello musicale ancora tutto da scrivere. Improvvisa, trova l’anima degli oggetti e la fa musica. Si connette con un mistero che, attenzione, è sì trascendentale, ma non è assolutamente religioso. Prima il musicista guarda dentro di sé, le sue emozioni e i ricordi più belli. Ma poi le inquadrature si allargano al quartiere, alla città, all’universo.
Il protagonista ha trovato il proprio io cercando un’altra anima, 22, alla quale cerca di riconnettersi. E per cercare l’altro crea una musica che è pura espressione di tutta la vita che ha trascorso fino ad ora. E quella vita non guarda il cosmo (per questo non è religioso, lui non “vede” l’universo), ma lo crea! La nebulosa è Joe, nella sua ricchezza, nelle sue infinite sfumature, nelle emozioni che porta con sé.
Ecco allora perché Soul è la nuova anima della Pixar, che speriamo continui a svilupparsi in nuovi capolavori. Perché riesce a trovare il sublime cinematografico nei momenti che, nella giornata di ciascuno di noi, sarebbero una parentesi. Una doccia, un taglio di capelli, una lezione noiosa o un viaggio in metropolitana, diventano nelle mani dei maestri del cinema delle storie emozionanti come un’avventura spaziale.