Comics vs Movies: Death Note, di Adam Wingard

Il film di Death Note è ormai arrivato su Netflix, ma può reggere il confronto con il manga originale?

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Il film di Death Note appena uscito su Netflix non è il primo tentativo di far interpretare a un cast di attori in carne e ossa le storie raccontate per la prima volta dal manga di Tsugumi Oba e Takeshi Obata. In passato sono usciti in Giappone due lungometraggi cinematografici e un serial TV che ripercorrevano - più o meno fedelmente - la trama del fumetto. Ora, per la prima volta, la trama viene adattata da un prodotto interamente occidentale, diretto da Adam Wingard, e con un cast di attori americani.

Se avete letto la nostra recensione conoscete già la nostra opinione a riguardo, ma ora è tempo di addentrarci in un paragone più approfondito tra film e manga con la nostra rubrica Comics vs. Movies!

Light Turner

Light TurnerDurante la campagna promozionale del film, il regista e i produttori hanno voluto rassicurare i fan dicendo in più occasione che i protagonisti non sarebbero stati quelli originali, così come la storia. Be', è difficile vederla in questi termini quando i nomi e l'aspetto dei personaggi sono simili a quelli del manga, seppur traslati in un contesto occidentale.

Light Yagami è diventato Light Turner e condivide un difetto del protagonista del drama nipponico: nel tentativo di favorire l'empatia con gli spettatori viene presentato come un ragazzo qualunque, che nel cortile del liceo vende i risultati delle verifiche ai compagni di classe. Dovrebbe essere un tratto da ribelle, qualcosa che mostra da subito la sua indole trasgressiva, ma è un'infrazione delle regole affatto coerente con un personaggio ossessionato dalla ricerca della giustizia, anche a costo di commettere degli omicidi.

Inoltre, non ci viene mostrato in alcun modo che è dotato di un'intelligenza al di sopra della media, perciò risulta abbastanza sorprendente quando tutt'a un tratto riesce a tenere testa a L e a utilizzare il Quaderno della Morte con un acume superiore. Un Death Note in cui il personaggio di Light è ridotto a un "ragazzo qualunque" è sicuramente un adattamento privo di uno degli elementi di maggior fascino, vale a dire lo scontro tra due delle menti più sagaci del pianeta.

Di certo, Light Yagami non si metterebbe a osservare sospirando la sua amata, è una figura estremamente razionale e la sua enorme capacità intellettiva viene incanalata nella missione di giustiziare criminali, appena gli si presenta l'occasione.

Certo, avrebbe potuto essere comunque interessante vedere quali conseguenze avrebbe portato il Quaderno della Morte in mano a un liceale goffo e senza particolare spirito di iniziativa, ma il film non fa nemmeno questo: dopo essersi preso la rivincita sul bullo di turno, come in una qualsiasi commedia scolastica, improvvisamente diventa un giustiziere in grado di agire senza farsi scoprire dalla polizia giapponese.

Vincitore: Fumetto

L

LL è l'eccentrico detective che nel manga riesce a tenere testa a Kira, ma la sua figura risulta quella più appiattita in questa versione live action. La colpa è da imputare in parte allo scarso screentime che gli viene concesso, non sufficiente a renderlo una figura carismatica quanto potrebbe.

Lo vediamo mangiare manciate caramelle nella sua cameretta, mentre all'incontro con Light alla tavola calda sta con i piedi sulla sedia; sono due atteggiamenti isolati che ai lettori del fumetto risultano una pallida replica dell'originale, mentre sembreranno probabilmente immotivati agli spettatori che non conoscono Death Note.

La questione di avere un L di colore non è certo un problema di tipo etnico, quanto dell'immaginario che richiama; sembra infatti una versione teenager del classico agente di un poliziesco americano, che potrebbe benissimo essere interpretato da Samuel L. Jackson o da Denzel Washington. Tutto ricalca stereotipi e figure archetipiche del cinema hollywoodiano, sfuggendo invece alle particolarità che rendevano Death Note un prodotto più originale delle altre opere inserite nello stesso genere. Anche il costume di L - una felpa con cappuccio e una bandana - dà l'impressione di voler ricreare il look di un vigilante oscuro che dovrebbe incutere timore, quasi un Batman della strada.

In definitiva, L è un personaggio che si dimentica fin troppo facilmente, purtroppo, una figura agli antipodi rispetto alla versione cartacea del detective.

Vincitore: Fumetto

Ryuk e il Death Note

RyukFortunatamente, il Death Note e le regole che ne determinano il funzionamento sono rimaste invariate. Ci riferiamo soltanto alle principali, dato che in cento minuti non c'è il tempo di applicarle tutte, ma il rischio che venissero edulcorate per allargare il target di riferimento, o in qualche modo modificate per il gusto di sperimentare nuove soluzioni narrative, c'era tutto. Da questo punto di vista, possiamo tirare un sospiro di sollievo: le leggi che governano questo universo narrativo sono state rispettate, c'è coerenza con quanto narrato finora negli altri media.

Ryuk è un demone della morte (non viene mai citato il termine giapponese shinigami) uguale in tutto e per tutto a quello del manga. La computer grafica finalmente realizza una versione accettabile del personaggio, dopo i modelli fin troppo grezzi visti nei film e nel drama nipponici. Va detto che la regia non svela troppo di Ryuk e si tutela mostrandolo perennemente nell'ombra, lasciando la figura avvolta nel mistero e al contempo celando eventuali lacune degli effetti speciali.

Willem Dafoe ha prestato il suo ghigno malefico al demone, una scelta di casting decisamente azzeccata, e anche il suo doppiaggio è buono, pur prestando una voce tipicamente "oscura" che lascia in disparte le sfumature più leggere del personaggio; ma anche in questo caso si può imputare una parte della colpa alle limitate apparizioni di Ryuk nel corso della vicenda.

Vincitore: Pareggio

vs pareggio

Mia Sutton

Mia SuttonMisa Amane diventa Mia Sutton, ma il cambiamento di nome non è l'elemento che più infastidisce chi ha il letto il fumetto, anzi. Nel manga abbiamo una idol di grande successo che improvvisamente si innamora di Kira, mentre nel film di Netflix è una liceale ordinaria, popolare sì ma al contempo un'outsider, come ci viene mostrato fin dalle prime inquadrature, con le quali scopriamo che è l'unica fumatrice nella squadra delle cheerleader.

Anche in questo caso troviamo una caratterizzazione grossolana, che nemmeno si arrischia a tratteggiare un personaggio realmente inusuale, come invece il fumetto aveva avuto il coraggio di fare.

Lo stravolgimento principale è però nel suo ruolo all'interno della storia: se tra le pagine del manga Mia è succube di Light e mette al suo servizio il secondo Death Note, oltre agli occhi dello shinigami (entrambi elementi assenti in questo film), qui è il ragazzo a essere segretamente innamorato di lei. Questo elemento sembra passare in secondo piano, ma torna a galla verso il finale, quando la vediamo diventare una villain che manipola Light per i suoi loschi scopi, indebolendo ulteriormente la figura già precaria del protagonista.

Insomma, da vivace groupie alla tipica femme fatale che fa il doppio gioco: un altro stereotipo è servito.

Vincitore: Fumetto

Tiriamo le somme

L'operazione Death Note made in Hollywood era partita con i peggiori timori da parte dei fan, e purtroppo le loro paure si sono rivelate fondate: i limiti di questa versione non sono stati il poco tempo a disposizione per raccontare una trama elaborata o il whitewashing, quanto più la volontà di adagiarsi su modelli di personaggi visti e stravisti, accantonando molte particolarità del fumetto originale.

Adam Wingard riesce comunque a realizzare un prodotto tecnicamente apprezzabile, con una fotografia sufficientemente inquietante e alcune scene registicamente ingegnose (per quanto ecceda nel suo gusto splatter di mostrare gli elementi gore di ogni scena di morte), ma dal punto di vista narrativo il film di Netflix risulta essere molto più banale della fonte originale.

Se non si conosce affatto l'opera di Tsugumi Oba e Takeshi Obata è possibile restare affascinati dal soggetto di partenza e da alcuni passaggi della vicenda, ma chi ha già fruito delle precedenti versioni di Death Note constaterà di trovarsi di fronte a una versione annacquata e meno originale.

VINCITORE FINALE: FUMETTO

vs comic

Death Note

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