Come sarebbe "Io, Robot" se l'avessero pensato e girato oggi?

Non bisogna essere nostalgici come Will Smith in Io, Robot. La robotica inquietante è già qui, ed è molto diversa da quella del film!

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Io, Robot parte dall’immaginazione futuristica di Isaac Asimov, ma se ne discosta rapidamente per diventare un normale film d’azione con qualche velleità filosofica in più. La traccia del lavoro dello scrittore che rimane nel film viene incarnata dalle Tre leggi della robotica. Sono scritte nei titoli di testa, pronunciate innumerevoli volte da umani e automi. Non ve le ricordate? Provate a chiederle ad un qualsiasi assistente vocale installato sul vostro cellulare o nella vostra domotica, vi saprà rispondere come un perfetto scolaretto.

Inquietante vero?

Alex Proyas dirige Io, Robot cercando di mettere in primo piano il più possibile - per quanto consentito dalla tecnologia dell’epoca - Robot dalle sembianze umane, città del futuro, armi e autostrade progredite e… loghi di marche del presente. Siamo nella Chicago del 2035, ma Will Smith interpreta Del Spooner: un investigatore robofobico, appassionato della moda di 30 anni prima. Ascolta musica da stereo d’epoca, indossa scarpe di marca oramai in disuso, e non esita a metterle in bella vista.

Product placement a parte, il film fu all’epoca un buon esempio di intrattenimento per un pubblico estremamente giovane. Sembrava addirittura un po’ più ricercato rispetto ai soliti “giocattoloni" proprio per la sua alta ispirazione letteraria. 

Oggi, inevitabilmente, il film scricchiola. Gli effetti visivi non reggono più nemmeno ad uno sguardo distratto. Alcuni dettagli che, nel 2004 sembravano brillanti intuizioni, oggi appaiono come ingenue cantonate. Qualche esempio? Gli auricolari per parlare via bluetooth... enormi! I pagamenti contactless via bancomat come esempio di alta tecnologia (oggi lo facciamo con l’orologio). Fanno invece simpatia i pacchi consegnati tramite drone, ehm pardon, robot dalla FedEx.

Io, Robot

Ma quello di Proyas oggi sarebbe un film molto diverso. Io, Robot cavalca il senso di minaccia di queste nuove creature bianche traslucide che noi stessi abbiamo messo al mondo. Le leggi della robotica saranno in grado di controllare queste macchine ed evitare che facciano del male all’uomo? Ovviamente no, e servirà un Will Smith in massima forma per cercare di evitare il peggio.

Io, Robot è però, per gran parte, un thriller convenzionale. C’è un omicidio, c’è un detective e un assassino a piede libero. Gli automi hanno sembianze umane, cercano di imitare i nostri movimenti e di capire gesti come un occhiolino complice. Ma, in fin dei conti, questi oggetti senzienti non sono tanto diversi da degli alieni infiltrati tra le persone, o a dei serial killer insospettabili.

Il rapporto uomo-macchina al centro della trama era molto sentito in quel decennio. Eppure era arrivato con colpevole ritardo in America rispetto al cyberpunk giapponese (Ghost in the Shell per citarne solo uno). Aveva conquistato il grande pubblico con Matrix (qui più volte emulato) nella fascinazione tra carne e codici binari. Sarà poi Avatar a chiudere idealmente questa "nuova ondata "nel 2009. Nella storia spaziale di James Cameron infatti la soggettività delle persone può finalmente scegliere di fondersi con altra carne di un altro pianeta (i Na'vi) o con quella meccanica (la fine che fa Quaritch).

Per portare avanti queste suggestioni il film è costretto a disegnare i robot seguendo una concretezza speculare rispetto agli umani. Gli dà occhi, bocca, una voce e una corsa (assai ridicola per altro…). Oggi sarebbe tutto diverso. Oggi Io, Robot non sarebbe un film di inseguimenti e fughe, ma sarebbe una storia di fantasmi.

Perché la robotica di oggi, non è certamente meno inquietante, ma sicuramente è più invisibile. Quanti occhi e quante orecchie artificiali ci seguono per tutta la nostra giornata senza che noi ce ne accorgiamo? Le macchine non sono un aiuto ingombrante alle faccende quotidiane. Nessuno ha 100 chili di metallo che camminano in casa ed eseguono gli ordini. Oggi accendere la luce è più semplice che mandare un ingranaggio di ferro e olio a cliccare l’interruttore.

Se gli strumenti meccanici, programmabili e ammaestrabili, avessero una coscienza, questa sarebbe diffusa e in cloud. Sarebbe molto più simile a Skynet, ma non avrebbe nemmeno bisogno di grandi apocalissi per manifestarsi. Agli inizi del 2000 pensavamo che le macchine sarebbero apparse ovunque come vistosi simulacri del progresso. Fu un errore crederlo. Il mercato andò dalla parte opposta. Il vero valore dell’assistente virtuale o dello strumento di produttività è quello di sparire dietro alla volontà di chi lo comanda. Mentre guardiamo le mappe sul cellulare ci sentiamo in controllo del tragitto, non ci chiediamo se il device abbia in qualche modo influenzato il nostro desiderio di raggiungere quel determinato punto per suoi scopi malvagi.

Se Proyas avesse girato Io, Robot nel 2021 non avrebbe avuto bisogno di così tanti effetti speciali. L’eroe avrebbe rischiato la vita per sopravvivere anche solo alla rivolta... della sua stessa casa.

Io, Robot è disponibile su Disney+ nella sezione Star

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