Come la Pixar emoziona con i colori (e ne vuole creare nuovi nella tua testa)

Come la Pixar usa i colori: studi sulle emozioni, super schermi 10 volte più accurati dei migliori in circolazione e percepire ciò che non c'è

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L’arte sfida la tecnologia e la tecnologia ispira l’arte” è uno dei motti più celebri attribuiti a John Lasseter e, per esteso, alla Pixar. La formula, in altri termini, è semplice: l’innovazione tecnica si deve piegare alle esigenze artistiche, e così facendo genera altri stimoli e nuove possibilità in un circuito virtuoso.

Spesso si analizzano i capolavori Pixar negli aspetti più evidenti: la quantità di emozioni trasmesse, la complessità narrativa proposta e l’armonia del design dei personaggi con la storia, la precisione delle texture e l’espressività. In un lungo speciale la rivista Wired ha approfondito all’uso dell’illuminazione scenica e più nello specifico del colore, adottata dallo studio. Una sfida tecnica, che spesso si tende a dare per scontata. 

Adam Rogers, l’autore del libro Full Spectrum: How the Science of Color Made Us Modern, ha discusso con alcuni tecnici Pixar del lavoro sul colore nei film d’animazione digitale. La tesi di fondo è che gran parte dei loro capolavori riescano a veicolare le emozioni proprio grazie all’equilibrio delle scelte cromatiche.

Prima di produrre ogni film viene redatto un “color script” una sceneggiatura dei colori che riporta le palette da adottare di scena in scena. Ad esempio: in WALL•E, ambientato in un mondo post apocalittico con la terra devastata dalla spazzatura, hanno ridotto al minimo le tonalità di verde. Soul invece mette in contrasto i colori azzurri e verde acceso dell’ante-mondo con il seppia della città di New-York.  

Uno dei più difficili da colorare fu Coco. La direttrice della fotografia Danielle Feinberg spiega che prima di ogni film il team di produzione si reca nei luoghi in cui è ambientato. In questo caso il Messico. Hanno studiato i vestiti, la cultura, l’atmosfera che si respira. Una scena chiave del film, quando i genitori scoprono che Miguel nasconde una chitarra, stava per essere chiusa e inserita nel film, ma qualcosa non andava. Era ambientata al tramonto e i colori tendavano quindi all’arancione, rosso. Una decisione dell’ultimo minuto fece fare un salto di qualità: virare il tono dello sfondo sul colore verde. Il regista Lee Unkrich lo approvò subito: ora sembrava veramente di essere in Messico.

Adam Rogers fa notare che la scelta è insolita dal momento che, nella grammatica dei colori, il verde fluorescente indica una sensazione di inquietudine o un evento infausto che sta per arrivare. Invece la colorazione del film è così complessa che questa scelta insolita assume un nuovo significato e trova la sua ragione d’essere. La Terra dell’Aldilà ha ogni tipo di colore. Questi risaltano, quasi fluorescenti, per via dell’ambientazione notturna. Il verde che circonda Miguel in quel momento non crea quindi la sensazione rarefatta dell’atmosfera del Messico, ma è come se suggerisse una compresenza dei due regni.

Pixar coco colori

La stanza dei colori della Pixar

A differenza di quando si riprende un film dal vivo i colori di un'opera di animazione non esistono in natura (per semplificare estremamente), ma sono "creati" dalla combinazione dinamica dei pixel di uno schermo. Le condizioni di visione cambiano la percezione del colore. Così l’angolo in cui si guardano, la luminosità dello schermo e la luce della stanza.

Per veicolare le emozioni attraverso i colori serve per lo meno avere un modo per vedere questi ultimi con la maggiore precisione possibile.

Nella sede Pixar di Emeryville c’è una sala di proiezione adoperata solo per questo. Il soffitto ha un rivestimento di feltro, il tappeto è nero per ridurre al minimo la contaminazione della luce. Lo schermo ha una diagonale di circa tre metri, ma la cosa veramente eccezionale è la macchina che lo illumina. Un proiettore laser Dolby Cinema, ovvero lo standard più alto che si possa trovare, “pimpato” al massimo. Normalmente ha due fonti che emettono i tre raggi dei colori rosso, verde e blu. In quello della Pixar tutti e sei i raggi vengono dalla stessa fonte. L’intervallo dinamico della luminosità, ovvero il rapporto tra il nero più nero e la massima luce, è dieci volte più grande di quello del sistema di cinema più avanzato disponibile al pubblico.

L’esperienza di visione, racconta Rogers, è incredibile. Nelle scene buie i contorni dello schermo scompaiono, il nero è assoluto e i colori emergono brillanti, precisi, perfetti. Dominic Glynn, l’uomo che ha modificato il proiettore, sostiene che il 60 percento dei colori di quelle immagini è fuori dalla gamma del tradizionale cinema digitale. “Abbiamo una versione del film che è stata approvata e pensata per essere mostrata su televisori che ancora non esistono”.

La Pixar possiede anche un prototipo per questa “TV del futuro” che, quando portata alla massima luminosità, è quasi difficile da guardare talmente la luce riempie gli occhi. 

Scenari futuri: la Pixar e i colori generati dal nostro cervello?

In questi superschermi si arriva ai limiti della percezione umana, con un’accuratezza dello spettro di colori quasi totale. Sicuramene siamo molto vicini a riprodurre tutte le sfumature che l’occhio umano può vedere. 

Ma cosa accadrà quando queste tecnologie entreranno nei normali cinema? Risponde Poppy Crum, una neuroscienziata che lavora per Dolby. Le sue ricerche l'hanno portata a scoprire che vedere questo tipo di immagini con un intervallo dinamico così elevato può innescare riposte involontarie. Fa l’esempio di persone il cui corpo sembra avere vampate di calore (a freddo) dopo avere visto un video estremamente accurato con delle fiamme. Ha dimostrato che le risposte ai colori sono anche emotive: i trucchi di luce influenzano subliminalmente ciò che recepiamo dalla storia. Più dinamica c’è, più accuratezza c’è, maggiore la possibilità di giocare su questi effetti.

Infine, e qui siamo nell’ambito della fantascienza, la Pixar sta studiando dei modi di “inventare” nuovi colori non esistenti in natura. Con una luminosità e una saturazione così importante, guardare un film su questi schermi equivale talvolta a osservare una candela accesa. Quando si distoglie lo sguardo l’immagine resta impressa per qualche secondo (è il fenomeno di persistenza retinica su cui è basato anche il funzionamento del cinema).

Pixar colori

Per Dominic Glynn sarà possibile controllare questo effetto. Come in quelle immagini in cui osservando a lungo delle macchie e guardando poi sul bianco si vede la versione “in positivo” del disegno, svelando la forma che soggiace. Un esempio simile è il quadro Flags di Jasper Johns: una riproduzione su base verde della bandiera Americana. Se la si fissa e si guarda il bianco si può percepire la versione con i colori corretti.

Ecco, Glynn crede che stimolando l’occhio nel modo giusto su una tonalità, si potrebbe accrescere la sensibilità sugli altri colori. Ad esempio propone di aggiungere gradualmente e in maniera non immediatamente percepibile in una scena di un film la luce in una lunghezza d’onda specifica del verde. Intende aumentarla sempre di più fino a troncarla di colpo. In quel momento il film otterrebbe il colore complementare come immagine residua. Si immaginerebbe di vedere un rosso che non esiste sullo schermo, ma come risposta neurofisiologica.

Scegliendo le lunghezze d’onda giuste si può indurre il pubblico a percepire un colore che non avrebbe modo di vedere naturalmente. 

Che cosa ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti!

Fonte: Wired

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