Come è stato possibile il successo di C’è ancora domani?
Le ragioni del successo di C'è ancora domani, perché non andrebbe sottovalutato come fenomeno e perché è così difficile da replicare
Succede raramente che un film riesca ad essere sulla bocca di tutti e diventare imperdibile, la cosa da vedere assolutamente. Quando accade è sulla pista di lancio per trasformarsi in un fenomeno al botteghino che riesce a incassare settimana dopo settimana per merito del passaparola. La persone, non il marketing o gli esercenti, convincono altre persone a vederlo. Dopo che questa onda si esaurisce e le acque si calmano, spesso arrivano le voci contrarie, prima timide, poi più coraggiose e infine portatrici di un vero e proprio vessillo: “vi siete sbagliati, il film non è come tutti dite, non è niente di ché!”. Anche C’è ancora domani non ne è immune, per lo meno è quello che emerge leggendo qua e là i commenti ora che il film è arrivato sulle piattaforme di registro spesso contrario a quello degli spettatori che l'hanno visto in sala. Questo gli fa onore. Questa è la dimostrazione che non si può ignorare C’è ancora domani.
Paola Cortellesi è Paola Cortellesi
Serve onestà. Paola Cortellesi è un fenomeno. Quella faccia tesissima e malinconica nel bianco e nero della locandina è potentissima. Una posa diversa da tutti i ruoli a cui ha abituato il suo pubblico. La sua capacità di muoversi dagli show al cinema, passando per la serialità più tradizionale, l’ha resa una delle poche attrici a parlare a un pubblico trasversale. La qualità delle sue maschere e la costanza con cui ha portato avanti un graduale passaggio alla malinconia (il bellissimo Figli, sempre con Valerio Mastandrea, ne è un esempio) l’hanno resa la donna giusta con la storia giusta.
C’è ancora domani racconta le persone giuste
Il cinema italiano ci ha abituati a vedere o famiglie strozzate dalle difficoltà o altre altoborghesi, piene di problemi inutili. Nel 2023 c’è stata una rinascita delle persone comuni (ve ne abbiamo parlato qui). Gente che resta nella situazione in cui è e lotta. Ha una rabbia gentile. Non vuole spaccare il mondo, ma cambiarlo un passo alla volta.
Sono persone rassegnate allo stato delle cose nella misura in cui non aspettano un miracolo dall’alto. Però provano ad agire non per cambiare tutto, bensì per provare a emanciparsi, a ottenere un diritto (Nata per te) o a far valere la propria dignità di vittima (Palazzina LAF, Cento domeniche). Sono persone comuni. Come gran parte del pubblico che va a vederli.
Ridere, senza che ci sia niente da ridere
È facile per i film drammatici veicolare contenuti. Anche un dramma poco riuscito talvolta riesce a portare a casa “un messaggio”. Per le commedie è molto più difficile. C’è ancora domani è sapiente e sistematico nello spezzare costantemente i confini tra commedia e dramma. Non ci si capisce niente. Si dovrebbe ridere nella bizzarra scena di danza tra moglie e marito? Certo che no, dato che è la soluzione che la commedia trova per indicare le botte. Allo stesso modo nei momenti più drammatici ci si trova a sorridere. Merito della semplicità di questa famiglia del passato, in cui molti possono ritrovare almeno una piccola somiglianza con quella dei nonni o dei propri genitori.
C’è l’anziano patriarca lasciato in una stanza ad attendere la morte che non arriva. C’è la religione, presenza fissa importantissima nelle famiglie italiane del dopoguerra (anche quando la si respinge). Paola Cortellesi fa vedere i primi accenni di una comunità che si sta per formare. Li si ritrova nelle piazze, al mercato. Scorci dell’Italia che sarà. Non c’è nulla di (neo)realistico. Poco è accurato storicamente. Ma veramente serve precisione per mostrare dei modi di vivere che non si sono radicati in un momento preciso nel tempo?
C’è ancora domani è un film drammatico condotto con leggerezza. O una commedia con un forte cuore sociale. Che sia uno o l’altro l’equilibrio è stato azzeccato.
Il finale giusto…
C’è ancora domani di difetti ne ha parecchi. È didascalico in qualche passaggio, nei dialoghi tra donne o anche nelle situazioni che si vanno a creare. I personaggi dei soldati Americani non vanno mai al ritmo del film. Nino, di Vinicio Marchioni, è scritto solo in funzione del colpo di scena finale e Giulio di Francesco Centorame è una sottolineatura del tema del patriarcato violento e possessivo buttato troppo in faccia.
Però il bello dei film è che non vanno valutati nelle singole parti, ma nell’insieme. A volte un finale potente come quello di C’è ancora domani va a cambiare i pesi con cui si misura il film. La trama di Nino diventa quasi brillante: quello che vedevamo come un uomo-stereotipo da film… era proprio un personaggio da film che Delia supera senza rimorsi. Gli altri problemi restano, ma si ricorda l’emozione con cui si lascia la sala ben più del viaggio che ha portato fino a lì.
Un colpo di scena in un film che non ha promesso colpi di scena. Un’idea che ribalta la chiave di lettura con cui abbiamo visto il film. È quella di spettatori abituati a troppe storie rosa in cui i personaggi femminili sono dipendenti da quelli maschili. La rivoluzione del finale di C’è ancora domani sta proprio nell’aver preso i nostri pregiudizi filmici inconsci e averli ribaltati. Tutto questo sotto la luce del sole. Chi è stato attento, il finale, è riuscito a prevederlo! Merito del film, che ha dosato bene gli indizi, non solo di chi ha intuìto.
… al momento giusto
Paola Cortellesi arrivava in sala il 26 ottobre con C’è ancora domani. L’11 novembre la cronaca nera raccontava dell’omicidio di Giulia Cecchettin. Il cinema aiutava in quei giorni i genitori e gli insegnanti a trovare le parole, a proporre riflessioni e soluzioni. Non è stata una coincidenza che ha alimentato il passaparola del film. Dal momento che in Italia si conta un femminicidio ogni due giorni il punto non è la coincidenza con il fatto di cronaca, il punto è che Paola Cortellesi ha dato un contenuto su cui intavolare una discussione. Ha aperto una finestra di dialogo su una vergogna passata troppe volte sotto silenzio o nella rassegnazione.
Di parole, sul dramma dei femminicidi, sono state spese in abbondanza. Moltissime a vuoto, troppe fatte di sola retorica. C’è ancora domani ha provato a fare di più: dove non c’erano più discorsi da fare ha creato una storia. Ha poi lasciato una domanda: dopo questo finale di riscatto, che cosa succede a Delia lungo i titoli di coda? Che destino le spetta in quel fatidico domani? La risposta è lasciata fuori dalla sala. Come fanno i bei film.