Come è invecchiato Tron: Legacy in questi 10 anni?

10 anni di Tron: Legacy. Ripercorriamo la storia del film dalla presentazione al comic con ai Daft Punk. Verrà rivalutato o cadrà nell'oblio?

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Tron: Legacy è stato, per quasi 10 anni, il film perfetto per testare il vostro impianto home video o mostrarlo a parenti e amici. Un po’ come The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd per l’alta fedeltà musicale. Poi con l’arrivo del 4K e relative riedizioni eccellenti (come quella recente del Signore degli Anelli) Tron: Legacy ha perso questo primato - nella assai soggettiva opinione di chi scrive. È significativo, a tal proposito, il fatto che su Disney+ sia ancora disponibile solo in HD. Test a parte, il fatto di non avere ancora a disposizione una versione rimasterizzata in 4K di questo film fa capire che posto abbia il franchise nella mente dei produttori.

Un vero peccato, ma una storia di abbandono già nota e prevedibile, che richiama quella del suo predecessore. 

Come ci ricordiamo oggi Tron

Il primo Tron, nel 1982, aveva segnato un notevole passo in avanti nell’immaginario del virtuale. Con i suoi effetti visivi all’epoca all’avanguardia, aveva dato vita a un sorprendente mondo di programmi e bit. Le sue iconiche immagini furono realizzate tramite un mix di computer grafica e rotoscopio che comportò una mole di lavoro tremenda. Tutte le scene all’interno del computer erano girate nativamente in bianco e nero e poi ricolorate fotogramma per fotogramma impressionando la pellicola. Basti pensare che la tecnica non fu più replicata per capire quanto lavoro - e denaro - richiese.

Il film fu un fallimento, il videogioco tratto da Tron diventò invece un grandissimo successo arcade. Sono le premesse per un appassionante film ambientato negli uffici dove i dirigenti si trovano per fare il punto sul rendimento della pellicola. Un film che non vedremo mai, ma che sarà stato sicuramente composto da molti grattacapi. 

Tron

Pian piano Tron acquisì però lo stato di cult movie. E più veniva ricordato con affetto più diventava irreperibile nei mercati home video. Dimenticato e abbandonato, proprio come la sala giochi di Flynn, o meglio: nascosto. 

Sebbene il film scritto e diretto da Steven Lisberger rappresentò un traguardo importante, il suo stile invecchiò presto. I costumi appariscenti, l’ambientazione virtuale e anche un certo ottimismo dal sapore mistico, sulle possibilità dei computer e delle intelligenze artificiali, fecero invecchiare il film nel giro di un decennio. Rivederlo con la sensibilità di oggi rovina i ricordi, distorce lo stupore e lo affoga nel kitsch. Forse nasce da queste basi la sensazione che a Hollywood il film sia stato considerato un oggetto prezioso da non smuovere per non rompere l’incantesimo. 

La macchina venne spenta. Restò ferma negli archivi e nella memoria collettiva, intatta, ma precaria. Saltò una generazione a piè pari, come a prendere lo slancio per ritornare a distanza di tempo, in pompa magna e con grandi ambizioni.

Si iniziò però a vociferare di un seguito non appena fu chiaro l’amore dei fan rispetto a questa perla vintage. Bastò un pizzico di nostalgia e arrivò…

Il via libera a Tron: Legacy

Il 29 dicembre del 2010 la Disney faceva uscire Tron dall’oblio portando sugli schermi italiani un sequel dal sapore di reboot. 

Tron: Legacy venne affidato a un regista alle prime armi, Joseph Kosinski. Ed è un qualcosa di incredibile se ci si pensa. Non si è mai veramente capito come e perché fu proprio lui, senza esperienza e con un curriculum da architetto, a prendere le redini di un progetto così ambizioso. Quello che sappiamo è che Kosinski ha un buon talento per il marketing, indubbie doti nella messa in scena e una buona dose di coraggio. 

Per convincere la Disney ad affidargli il progetto creò un video test preliminare per provare gli effetti speciali e mostrare l’atmosfera che voleva dare al film. Era la scena della corsa sulle motociclette ripensata in chiave moderna. Una bomba che piacque molto. Una volta mostrato al comic-con di San Diego, il filmato fece partire un chiacchiericcio molto positivo che convinse ancora di più a darci dentro con il progetto.  

Tron: Legacy è sì una pellicola piena di problemi di ritmo e fiaccata da una trama per nulla appassionante, ma è anche un’esperienza sensoriale incredibile.

Si metta da parte per un attimo il fallito tentativo di ringiovanire Jeff Bridges il cui risultato, a dirla tutta, non è molto distante da quello ottenuto da Martin Scorsese per The Irishman o dalla Lucasfilm per l’ultimo episodio di The Mandalorian, dieci anni dopo.

Il resto degli effetti visivi sembra prodotto oggi. Anzi, ha un gusto dell’immaginario di cui si sente la mancanza. I blockbuster si influenzano tra di loro e, per questo motivo, sembrano un po’ tutti uguali. L’immaginario fantasy è stato per anni plasmato sul Signore degli Anelli, oggi su Game of Thrones (si veda ad esempio Bori Khan di Mulan). Star Wars ha influenzato, e lo fa ancora, la fantasia nello spazio, mentre Matrix ha avuto il dominio del mondo virtuale per molti anni e così via...

Tron: Legacy invece è diverso. Dipende solo dal suo predecessore e non ha influenzato nessuno negli anni successivi. È un unicum, una scheggia impazzita nel cinema ad alto budget dal 2000 in poi. E se questo non è perfettamente in linea con il mondo virtuale fatto di glitch ed errori, allora cosa lo è?

Tron in 3D

Nel 2010 stava impazzando il 3D. Avatar aveva appena portato la tecnologia allo stato dell’arte, e le major riconvertivano di corsa i loro film per maggiorare il prezzo del biglietto. Kosinski, a testa alta e con un potere decisionale inspiegabile, gira tutto in 3D nativo. O meglio, solo le scene all’interno del programma come scelta artistica. Fu incredibile vederlo al cinema. Con Tron: Legacy sembrò, per un attimo, che i registi avessero capito come usare la terza dimensione in senso creativo efficace. 

Di lì a poco arrivò anche Transformers: Dark of the Moon, il terzo (e forse ultimo) uso memorabile della stereoscopia.

In Tron la realtà è piatta, grigia, i colori sono uniformi. Dentro i chip e i fili, la luce fa da padrona. Un nuovo mondo, letteralmente una nuova dimensione. Le inquadrature sono pensate in profondità, il suono avvolgente, il nero dello spazio virtuale si fonde con quello della sala che ne diventa un’estensione. Lo spettatore, come Sam, entra in un’esperienza sensoriale (e decisamente non intellettuale) che non vuole essere altro. 

Il film per tutta la sua prima ora non si ferma per un istante (certo, quando inchioda quanto inchioda!), è praticamente un film sportivo. Le arene sono quasi astratte, minimali. Personaggi si frantumano come vetro, mentre la folla urla con suoni metallici. Tutto è a disposizione del “gioco” tra grande e piccolo visivo e sonoro. Il terreno cambia, arrivano auto che soccorrono l’eroe e rompono le barriere (e anche l'immedesimazione). Ci ritroviamo in set alla 2001 odissea nello spazio (la stanza di Flynn) dopo essere stati in hangar al neon. Fantasia senza controllo, a volte sbagliata, ma un po’ ce ne affezioniamo. 

Daft Punk TRON Legacy

Un film che ci ha regalato un album dei Daft Punk 

Tron fu il primo film Disney ad avere un suono esclusivamente in Dolby Stereo. Tron: Legacy non fu da meno. Kosinski affida al duo francese di musica elettronica, noto anche come Daft Punk, l’aspetto sonoro della pellicola. E che bomba!

La loro colonna sonora crea un’intera trama musicale. Lo score regge tutto il film, lo salva, lo eleva. I Daft Punk ribaltano tutto, non si mettono a servizio del film, ma creano un film a servizio del loro immaginario sonoro.

Lo score cita (Bernard Herrmann, Vangelis, John Carpenter, il tema originale di Tron…), mischia (un’orchestra di 85 elementi e i suoni elettronici), e ritma il film. L’intero montaggio sembra basato sul ritmo impostato dai Daft Punk. Nella soundtrack ascoltiamo il brano “The Grid”; ecco la voce di Jeff Bridges che entra a far parte del tema musicale. Non è raro guardare il film e vedere truppe muoversi in sincrono con i battiti, o personaggi ordinare ai DJ di cambiare musica, dopo una svolta di trama.

L’impostazione delle note è perfetta; matematica, quasi fatta da un algoritmo e non dall’ingegno umano. Il film si modella su questo, su suoni che non esistono in realtà, su luci e ombre nette che confondono l’occhio, si intrecciano e si scontrano. Viene probabilmente da qui la sua freddezza e la fatica con cui il pubblico ha ricevuto Tron: Legacy. Però che coerenza, che coraggio nel non appiattirsi sui modelli di sicuro successo e proporre invece un cinema così a mille in tutto, così esagerato, quadrato, pensato ed estetizzato, da essere più vicino alla video arte che alla narrativa.

Chi lo sa allora, se tra altri dieci anni la reputazione di Tron: Legacy migliorerà o se condividerà il destino di oblio del suo predecessore. Almeno fino al prossimo reboot. O meglio, fino al prossimo riavvio. 

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