Colpa delle Stelle: stenditi a terra, cerca di non piangere, piangi a dirotto
Colpa delle Stelle, il fenomeno a sorpresa dell'estate americana, metterà a dura prova la vostra tenuta emotiva
Normalmente, le recensioni dei film sulle pagine di BadTaste vengono curate da Gabriele Niola e dai video del ritrovato Francesco Alò. Il sottoscritto, a cadenza smaccatamente irregolare, si occupa di rigettare su carta – virtuale s'intende – pensieri più o meno sparsi e generalmente privi di senso logico su questo o quel film. Può essere un Iron Man 3 o un Cloud Atlas.
Dal caffè probabilmente, come recitava Pippo Baudo in un noto spot di qualche anno fa.
O dai suggerimenti che giungono home di Facebook e dalle sue inserzioni sponsorizzate.
Nello specifico, quella di Colpa delle Stelle che mi ha portato a pensare "Ho voglia di spendere due parole su questo film".
Si sa, sono un trentaquattrenne che, per ragioni lavorative, deve trascorrere un quantitativo abnorme della propria giornata sui social network e deve tenersi informato su svariate questioni che, magari, non rientrano necessariamente nell'ambito degli interessi primari. Come ad esempio la cosiddetta letteratura young adult e i vari adattamenti basati sui romanzi appartenenti al genere.
Sia chiaro, non parlo per snobismo culturale, anche perché fra gli antesignani di questo filone potrei citare anche opere come Il Libro della Giungla, Oliver Twist o Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi Trovò.
E' semplice mancanza di attrazione epidermica.
Verso i personaggi creati da una Stephenie Meyer provo sostanziale indifferenza e mi avvicino a loro solo per avere la necessaria cognizione di causa richiesta dal doverne parlare con tutte e tutti voi, mostrando peraltro un dovuto rispetto per coloro i quali nutrono affetto per Bella Swan e soci.
Ammetto di non essere immune allo scetticismo e quando assisto a un nuovo “fenomeno” di questo tipo, cado vittima di giudizi preventivi che, però, non restano saldamente ancorati nel terreno del preconcetto. Tutt'altro. Capita anche che il “giudizio preventivo” citato poco fa, venga scardinato con rara forza.
Nel caso di Colpa delle Stelle, il cedimento iniziale è avvenuto nel momento in cui mi sono trovato a tradurre alcune dichiarazioni del regista Josh Boone collegate al suo prossimo progetto, l'adattamento cinematografico dell'Ombra dello Scorpione di Stephen King. Scrittore che ha accompagnato la mia crescita fra il 1989 e il 2002.
“Questo tizio non pare uno sprovveduto. Chissà, magari questa storia di una adolescente con un piede nella fossa merita un'occhiata”.
Che poi nel cast c'è Shailene Woodley. L'adolescente più di là che di qua. Quindi l'avrei visto comunque, in virtù del fatto che malgrado i soliti, inutili rant internettiani dei (pochi) giorni in cui ha recitato la parte di Mary Jane Watson nel sequel di The Amazing Spider-Man, la trovo estremamente graziosa e, soprattutto, promettente grazie alla sua performance nello strepitoso Paradiso Amaro di Alexander Payne. Regista che adoro perché appartenente a quella categoria di filmmaker che raccontano la vita così com'è, fatta di alti e bassi, di pugni nello stomaco e abbracci pieni di affetto e amore.
Distribuiti non esattamente nella giusta e adeguata proporzione.
Torniamo a Colpa delle Stelle, “tratto dall'omonimo romanzo di John Green edito in Italia da Rizzoli” (questo è il momento in cui mi accusate di prendere bustarelle dalle case editrici, ndr.).
Faccio direttamente un grosso salto in avanti, sintetizzando, tramite l'ausilio di un meme alquanto noto la mia reazione al termine della pellicola.
Lie down. Try not to cry. Cry a lot.
Frangenti in cui l'avere un tappeto a portata di mano sarebbe abbastanza comodo, per rendere più confortevole il rotolamento a terra in preda al pianto a dirotto.
“Ma queste lacrime sono versate a ragion veduta o perché, magari, il film risulta essere un po' troppo ruffiano?” domanderete, legittimamente, voi.
Entrambe le cose.
Se tu, scrittore o regista, decidi di raccontarmi la storia di due adolescenti - di cui una malata e uno sopravvissuto a un osteosarcoma - in cui, già dal titolo, citi la Scena 2 del primo Atto del Giulio Cesare di Shakespeare (“La colpa, caro Bruto, non è delle stelle, ma nostra, che ne siamo subalterni”), respiro aria di “furbata” da cento chilometri di distanza. Eppure, anche io uso – in maniera differente e esponenzialmente meno redditizia di Green – la lingua per ottenere uno stipendio e sono perfettamente consapevole che si tratta di un modo per attirare l'attenzione di chi legge.
Probabilmente in queste poche righe, sono stato più paravento io che lo scrittore in questione in 300 pagine di romanzo o Josh Boone in 126 minuti di film.
Quello che bisogna constatare è se questa ruffianeria sia solo fine a sé stessa o meno.
Nel caso di Colpa delle Stelle è tutto estremamente genuino, credibile. Merito del materiale alla base, chiaro, ma soprattutto della mano di Boone che, citando il Mario Brega di Bianco, Rosso e Verdone “po' esse fero e po' esse piuma”, e della bravura dei due giovani protagonisti, Shailene Woodley (che conferma, dopo Divergent e Paradiso Amaro, il suo talento) e Ansel Elgort. Il regista e le giovani star passano da momenti lievi, ironici, divertenti, ad altri in cui la narrazione lascia spazio al dramma. E avviene in maniera tutt'altro che telefonata in una vicenda in cui sappiamo fin dall'inizio che qualcosa andrà storto. La sveglia del “usa una frase a effetto tipo: la chemistry tra i due protagonisti è letteralmente sensazionale e palpabile” sta suonando come una forsennata, perché, di fatto, è davvero così.
Non empatizzare con Hazel Grace e Augustus è umanamente impossibile. I due non si piangono addosso, gestiscono l'avere – o l'aver avuto - a che fare con la malattia in maniera convincente con tutta la loro piena consapevolezza che la nostra
natura è caduca, ma che loro devono – o hanno dovuto – combattere una battaglia ben più aspra. Hazel, come se non bastasse, deve avere, e di fatto ha, la forza di badare a sé stessa e al dramma attraversato dai suoi genitori, una ritrovata Laura Dern e il Sam Trammell di True Blood.
E se c'è una cosa, una qualità che contribuisce a elevare Colpa delle Stelle al di sopra del teen drama medio è proprio la sua non indulgenza nel facile pietismo, nel piagnisteo a buon mercato. Nell'elargire "carezze e schiaffi" sulle facce degli spettatori.
Ogni singola lacrima che verserete al termine della pellicola – ma anche durante se volete evitare di fare come il sottoscritto e di mantenere una fittizia maschera di durezza fino al crollo finale – solcherà le vostre guance per una ragione ben precisa.