Colpa delle stelle ha ridato vita al genere dell’amor(t)e giovane

Gioia, lacrime, amore e morte. Colpa delle stelle ha fatto scuola ridando vita a un genere di teen drama "clinico"

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Augustus Waters è il personaggio più interessante di Colpa delle stelle. Lo è per via di ciò che significa per la vera protagonista, nonché narratrice del film: Hazel Grace Lancaster. La ragazza, malata di tumore, legge e rilegge Un'afflizione imperiale di Peter Van Houten. Su quel volume e sul pensiero dell’autore lei costruisce la filosofia con cui affronta la malattia. Augustus la sconvolge e trascina il film proponendo un altro punto di vista. Perché è un ragazzo con una gamba amputata e con un grandissimo senso dell’umorismo. Una vitalità totale, quasi fastidiosa, che esprime in maniera radicale per dire una cosa: la malattia non ha vinto.

Ci sarà, chiaramente, tra i due una profonda storia d’amore. Ci saranno ricadute, ricoveri, riprese, viaggi impossibili, desideri. Se c’è una cosa che le cotte giovanili permettono è di essere imprudenti e con tanto tempo per sbagliare. Il gioco del teen drama a tema malattia è proprio fare il contrario, comprimere cioè tutto il rapporto in un lasso di tempo limitato. I giovani normali dei film si amano convinti di poterlo fare per tutta la vita. Quelli di Colpa delle stelle lo fanno a partire dalla fine, pensando sempre a quando si lasceranno perché sarà la morte a separarli.

Melassa teen, quella messa in scena da Josh Boone a partire dal romanzo di John Green. Si può prendere in due modi: opponendosi alla manipolazione emotiva oppure desiderandola. Nel primo caso il film risulterà totalmente irricevibile nella sua raffica di frasi ad effetto e sentenze (di morte e di vita). Nel secondo caso, cioè che lo si guardi con il fazzoletto già pronto e con l’intenzione di usarlo, Colpa delle stelle appare come il film più potente del genere a cui ha ridato vitalità: l’amor(t)e giovane. 

Too young to die old

Amore e morte è il binomio drammatico per eccellenza. Non serviva Love Story per rendere la malattia parte integrante nell’esperienza della relazione. Colpa delle stelle sbloccò però nel 2014 il sottogenere romantico portandolo al successo commerciale. Fiorirono le imitazioni. Ci fu nel 2015 la terribile prova arthouse di Quel fantastico peggior anno della mia vita (sempre di matrice letteraria). Poi la malattia è diventata limite fisico con Il sole a mezzanotte - Midnight Sun in cui Bella Thorne ha una particolare condizione genetica (lo Xeroderma pigmentoso) che non le consente di esporsi alla luce diretta. Un romanticismo notturno. Noi siamo tutto e A un metro da te furono film quasi pre-pandemici. Il primo ha l’immunodeficienza combinata grave, il secondo la fibrosi cistica come impedimento che costringe i due amanti a tenere la distanza, a non toccarsi. Ad astenersi insomma. Le cose si sono tranquillizzate dopo Nuvole, dove il protagonista ha il sarcoma osseo.

Dopo il 2020, il cinema ha iniziato ad affrontare la distanza in altro modo e le malattie individuali sono diventate pandemie collettive. A differenza di questi emuli, Colpa delle stelle non ha però paura del corpo. Questo grazie ancora a Augustus che emana fascino e ha un gran carisma, ma è ancora vergine. La cosa non gli pesa nemmeno troppo, ma è oggetto di una sottotrama, anche questa piena di simboli allo sfinimento, che non mina la desiderabilità del ragazzo. Anzi! 

I due corrono, nella loro relazione, finché hanno le energie, finché il corpo glielo permette. Il problema è che Colpa delle stelle è così patinato da non mostrare mai veramente la malattia. Anche quando sono in fin di vita tutto è pulito e ordinato. Le stanze degli ospedali sono accoglienti, l’aspetto dei malati è sempre quello di una persona in salute. L’effetto paradossale e sbagliatissimo è quello di rendere la degenza quasi desiderabile in quanto ricca di emozioni, di desideri e di amori. Come se la condizione emotiva di chi ha la malattia fosse lo stato ideale per amare nel mondo intenso descritto dal film.

Colpa delle stelle e merito degli sguardi

La direzione dello sguardo di Colpa delle stelle è verso l’interno. Non parte cioè dal personaggio di Hazel per arrivare ad Augustus. Hazel rimane il centro dell’identificazione, ma il bello del film viene dal modo in cui Augustus guarda lei. 

Per questo la disperazione è gestita come un modo per dichiararsi reciprocamente affetto, per ribadire l’importanza l’uno per l’altra e viceversa. La ragazza si interroga molto su come gli altri la vedano. Arriva quindi a preoccuparsi per il “dopo di lei” dei genitori. È lo spunto migliore del film, e il più sprecato. 

Perché alla fine Colpa delle stelle altro non è che il classico film sui desideri e su come ci consideriamo gli uni gli altri. È retorico, ma prende anche di mira la retorica della malattia. Non fa mistero di questa sua contraddizione interna, la vive e basta come fanno i film di transizione, quelli che prendono un pubblico fatto soprattutto da giovani e li spingono a provare emozioni fortissime in una storia che sembra di adulti. In realtà è totalmente per loro. L’amore giovane e la morte giovane, fatti un po’ meglio del solito.

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