Cip e Ciop agenti speciali è uno spasso, ma svela anche la peggiore ossessione di Hollywood: il copyright
Cip e Ciop agenti speciali racconta le ossessioni dell'industria audiovisiva graffiando come non si faceva da anni nel cinema "per tutti"
Chi si ricorda di cosa parlava The Lego Movie? Non di Emmett Mattonowski e della sua ricerca del Pezzo Forte, unico strumento per fermare il Kragle. Questo è quello che si raccontano all’interno della città di Bricksburg gli abitanti, semplici giocattoli LEGO. Il film in realtà era tutto dedicato alla libertà creativa, all’improvvisare e non seguire le istruzioni. L’indicazione che dava al pubblico-giocatore è di cambiare posto ai mattoncini per fondere mondi, colori e trovare la bellezza nella confusione. Tutto quello che succede a Emmett è infatti creato da due umani: papà e bambino, che hanno due modi completamente opposti di intendere il gioco. Il padre è un collezionista che vuole incollare i pezzi e preservare l’esistente. Il piccolo vuole lavorare di squadra, remixare e personalizzare.
Cip e Ciop agenti speciali è invece un film originale targato Disney+. È uno spasso. Si parte dalla serie di animazione classica di Cip e Ciop, ma non c’è spazio per la nostalgia. Scopriamo subito infatti che i due scoiattoli, così come tutti gli altri personaggi dei cartoni animati, sono in realtà attori che esistono in un mondo in cui umani e disegni convivono. Un Chi ha incastrato Roger Rabbit? contemporaneo e ancora più spinto nelle easter egg e nei camei di altri personaggi amatissimi da tutti e in tutto il mondo.
Trent’anni dopo si rincontrano. Sono cambiati, sono disillusi, Ciop addirittura ha fatto un intervento chirurgico che l’ha ridisegnato in 3D. Nel frattempo una banda di criminali sta rapendo le vecchie glorie dell’animazione. Un traffico di persone verso l’estero per lo sfruttamento dei loro corpi. Cambiati, alterati nello stile del disegno, questi personaggi devono creare copie dei loro successi. Dei falsi “taroccati” a basso costo per sfruttare la celebrità del loro nome.
Per un adulto tutto questo si traduce in poche parole: prostituzione intellettuale e ossessione del copyright.
Il vecchio avviso sulle cassette Disney
“Non accettate i falsi, esigete sempre e solo videocassette originali Walt Disney Home Video”. Il target primario a cui si rivolge Cip e Ciop agenti speciali si ricorderà di questo monito, presente in quasi tutte le edizioni in videocassetta a partire da quella di Robin Hood. Negli anni ’90 la pirateria colpiva in due modi distinti: riproducendo fedelmente l’originale e vendendolo su circuiti illegali (spesso materia dei venditori ambulanti) o facendo un knockbuster. Cioè un film a basso costo che imitasse in tutto e per tutto i classici celebri e più amati. Questi avevano evidenti (ma non troppo per acquirenti distratti o poco informati) differenze. Cercavano di cavalcare l’onda del successo rifacendo a basso costo le pellicole di prima categoria.
La Disney dovette correre al riparo. Le imitazioni rischiavano di costare molto, non in termini di incasso, ma di reputazione. Il pericolo era che le famiglie scambiassero per originali questi emuli di qualità infima, erodendo così la buona nomea di cui gode la casa di produzione. Come reazione la già alta tensione sul diritto d’autore esercitata per queste proprietà si acuì ulteriormente.
Già nel 1928 infatti Walt Disney aveva intuito l’importanza del copyright, ma fu nel 1998 che l’azienda portò all’estremo le sue pressioni influenzando addirittura una delibera sull’estensione del periodo di validità dei. Il Mickey Mouse Protection Act, di quell’anno, è chiamato così proprio perché creato in corrispondenza della scadenza del copyright dei primi film di Topolino. Fu emanato grazie ad una forte azione di lobby. Il mercato audiovisivo stava infatti continuando a creare valore anche per le opere più antiche grazie ai canali homevideo e delle tv via cavo. Il prodotto non moriva anni dopo l’uscita: veniva continuamente rimesso in circolo andando a riempire i palinsesti.
Cip e Ciop agenti speciali in missione per conto di Disney
Cip e Ciop agenti speciali nasce sull’atmosfera di quel periodo e rappresenta una lotta che oggi sembra sopita. Non è però cambiato il livello di tensione sul possesso e sul rispetto dei diritti e della reputazione dei personaggi. Marvel, Pixar, Lucasfilm non sono solo possedute dalla Disney, sono anche tutelate. Nella guerra delle acquisizioni ogni azienda di intrattenimento sa che gran parte del valore viene a crearsi dallo stato di salute delle singole IP che possiede e dalla loro capacità di penetrare il mercato su più prodotti (giocattoli, gadget etc..).
La cosa che più sorprende è quindi con quanta spudoratezza Cip e Ciop agenti speciali evidenzi questo clima di paranoia. È un mondo, quello del film e anche in generale quello dell’intrattenimento audiovisivo, regolato da avvocati ed equilibrato in tribunale. Solo che è la prima volta che la Disney lo ammette.
Da sempre infatti il messaggio che cerca di mandare raccontandosi alle famiglie di consumatori è opposto: l’azienda si propone come un incentivo alla creatività, stimolando le idee e la fantasia. La più grande tragedia? Che i bambini smettano di sognare. Quindi nei parchi si invita ad avere Paperino e Topolino come amici. Negli store si possono comprare action figure con cui creare nuove avventure e immaginare emozionanti storie. Basta che poi i bambini non le depositino o non le vendano violando così il copyright e recando danno all’azienda.
Cip e Ciop agenti speciali e l’ossessione per il creativamente corretto
Quanta distanza quindi da quel The Lego Movie che invitava a scombussolare le carte in tavola e a creare qualcosa di nuovo. Cip e Ciop agenti speciali è l’opposto: la sua posizione politica è conservativa e aziendalista. Addirittura i personaggi che sono sfuggiti alle maglie dei regolari contratti e che creano falsi sono brutti, sporchi e cattivi.
Nessuno invecchia, solo chi tradisce le regole commerciali (Peter Pan). Sono tollerate le emulazioni nelle fiere di settore che vediamo frequentate anche dai due scoiattoli, ma non le copie. Infrangere il copyright è rappresentato come un insieme di tutte le cose peggiori che può fare la criminalità: sfruttamento delle dipendenze, traffico di organi, torture, mutilazioni, creazione di false identità e violenza. Cip e Ciop invece riportano l’ordine ritornando amici, e soprattutto ritornando a fare esattamente quello che facevano nella serie animata! Come a dire: i buoni sono quelli che non cambiano mai. Il lieto fine è la conservazione dello status quo.
Tutto questo in un film che, invece, non si fa problemi ad attingere a piene mani da un incredibile cestone di personaggi, imitazioni e versioni sbagliate (Ugly Sonic per dirne uno, per scoprire gli altri vi lasciamo al nostro articolo su tutte le easter egg). Quando avviene un cambiamento, questo ha un peso differente in base a chi lo subisce. Dei personaggi delle altre aziende si ride, se sono proprietà Disney diventano elementi centrali del dramma: vanno assolutamente salvati dai due detective.
Cip e Ciop agenti speciali non ha una grande storia, ma ha un enorme provocazione al suo interno. Rappresenta l’ossessione per il copyright come pochi avevano avuto il coraggio di fare prima d’ora, soprattutto in prodotti di così ampio respiro. Le sue conclusioni sono durissime, di una severità mai vista prima: la creatività non può essere appropriazione, le variazioni devono essere approvate, i rapporti tra personaggi devono essere regolati da contratto. Perdere uno show, per Cip e Ciop ha comportato perdere anche la loro amicizia.
E tutto questo viene detto in uno show di Disney+! A seconda di come la si voglia vedere quindi Cip e Ciop agenti speciali può diventare il film più ipocrita dell’anno, prendendo e cambiando gli altri, ma mai se stesso. Oppure l’atto di apertura più sincero e rischioso che Hollywood abbia fatto negli ultimi tempi rispetto ai veri valori e alla veri timori che attraversano l’industria dell’intrattenimento e della “libera” fantasia.