Cinema e videogiochi: come il linguaggio videoludico è stato influenzato da quello cinematografico

Parliamo di come il linguaggio dei videogiochi è stato influenzato da quello cinematografico

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Cinema e videogiochi, due linguaggi estremamente differenti, ma che nel corso del tempo hanno trovato diversi punti di contatto. Punti che non riescono comunque a fondere del tutto i due media, che si basano su idee quasi opposte. Da un lato abbiamo il cinema, che stabilisce una differenza tra autore (chi il film lo realizza) e fruitore (chi il film lo vede). Dall’altro, invece, abbiamo la medesima distinzione, ma con la chiara differenza che il fruitore diventa anche “co-autore”, ovvero in grado di interagire con l’opera fornita dall’autore. Questa possibilità cambia tutto, permettendo ai giocatori di vivere la propria personale avventura, senza rimanere inermi di fronte all’opera in questione.

Sia chiaro: quanto appena affermato non deve essere inteso come una svalutazione del linguaggio cinematografico, che presenta un’infinita quantità di pregi. Basti pensare all’esistenza del concetto di regia, che permette di dare un taglio più emotivo a ogni singola scena. Si tratta di una caratteristica che i videogiochi invidiano da tempo al cinema e che hanno spesso tentato di fare propria.

Ma partiamo dal principio.

LE CUT SCENE

È chiaro che, se un videogiocatore sta muovendo il proprio avatar all’interno di un ambiente virtuale, la regia sarà ridotta al minimo per favorire il gameplay. Per questo motivo, per raccontare determinate situazioni, sono state introdotte le cut scene. Le cut scene sono video che interrompono il gioco con intermezzi ideati per trasmettere determinate emozioni. Talvolta possono essere usate per strappare un sorriso, altre volte come veri e propri spezzoni di film atti a narrare gli avvenimenti. Questi filmati si suddividono a loro volta in due tipi: quelli realizzati con il motore di gioco in tempo reale e quelli tramite filmati in computer grafica. Con il passare del tempo, i primi si stanno sostituendo sempre più ai secondi, a dimostrazione della potenza sempre maggiore delle console e dei PC da gaming.

Ebbene, nonostante le prime cut scene legate a un videogioco siano quelle di Pac-Man, l’utilizzo di una vera e propria regia la si può trovare solamente anni dopo. Al giorno d’oggi, questi intermezzi sono ancora onnipresenti e servono per fare da ponte tra una sequenza di gameplay e l’altra. Un metodo per avere il “cinema” all’intero dei “videogiochi”. Non nascondiamo che ci è quasi impossibile pensare a un Resident Evil, un Final Fantasy o un Red Dead Redemption senza l’utilizzo delle cut scene. Una dimostrazione di quanto il mercato videoludico sia ancora dipendente da quello cinematografico.

LE INQUADRATURE NEI VIDEOGIOCHI

Un altro elemento da prendere in considerazione quando si paragonano questi due media è l’utilizzo delle inquadrature. Dopotutto gli FPS non sono altro che dei videogiochi che utilizzano la soggettiva per mettere il giocatore all’interno dell’azione. E questo solo per fare un esempio. Sin dall’alba dei tempi il linguaggio videoludico ha compreso le emozioni trasmesse dalle inquadrature, nel tentativo di comunicare allo stesso modo nei confronti del proprio pubblico. Questo è evidente anche nei titoli a telecamera fissa, come i primi Resident Evil.

Per chi non lo sapesse, infatti, i primi capitoli del franchise Capcom posizionano la telecamera all’interno di ambienti virtuali, scegliendo di scena in scena la regia per il giocatore. Il risultato può causare un iniziale spaesamento, ma ha contribuito molto alla tensione generale. L’utente, infatti, non può sapere cosa accade nelle inquadrature successive a quella nella quale si trova. Questo lo costringe a utilizzare solamente il suono per decodificare la possibile presenza di un pericolo. Una scelta tanto geniale, quanto detestata dal suo creatore Shinji Mikami. Durante una recente intervista, infatti, Mikami ha affermato che avrebbe voluto che Resident Evil fosse una serie in prima persona, ma che diverse pressioni da parte di Capcom lo convinsero ad adottare le telecamere fisse. Una vera e propria fortuna, col senno di poi.

I FILM INTERATTIVI

Nel 1983 approdano sui cabinati arcade Astron Belt e Dragon’s Lair, due videogiochi realizzati attraverso la tecnica del FMV (Full Motion Video). Per chi non lo sapesse, si parla di filmati preregistrati che, forti di una vera e propria regia, sostituiscono la computer grafica per narrare una parte di storia. Questa tecnica, pur non essendo amata da tutti i videogiocatori, è stata utilizzata per molti anni, trasformandosi lentamente e dando vita a quelli che vengono chiamati “film interattivi”.

Con film interattivi si intendono dei veri e propri lungometraggi durante i quali il giocatore può prendere delle decisioni per modificare l’esito della storia. Alcuni di essi vengono distribuiti come fossero dei videogiochi (Erika, per esempio), mentre altre volte si possono trovare sui vari servizi di streaming (Black Mirror: Bandersnatch). Il risultato è senza dubbio interessante, ma dimostra per l’ennesima volta come cinema e videogiochi parlino due lingue diverse. Certo, è possibile trovare un modo per comunicare, ma è innegabile che il risultato finale non possa portare all’eccellenza nessuno dei due media.

Giorno dopo giorno, vengono realizzati nuovi film e nuove produzioni videoludiche che mescolano costantemente i due linguaggi. Alle volte in modo più marcato, mentre altre volte tramite le “semplici” cut scene. Quel che è certo è che nei prossimi anni assisteremo sempre di più a un reciproco inseguimento di questi due mondi. Un inseguimento pensato per colmare l’uno i “difetti” dell’altro, ma che non è detto porti a un’effettiva evoluzione dei media. Dopotutto, cinema e videogiochi vanno già benissimo così.

E voi che cosa ne pensate? Vorreste vedere questi due linguaggi ancora più uniti, oppure pensate che non ce ne sia bisogno? Fateci sapere che cosa ne pensate con un commento qui sotto o, se preferite, venite a raccontarci la vostra opinione sul canale Twitch di BadTasteItalia.

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