Cinema d'autore a un bivio

La scorsa settimana, abbiamo affrontato il tema delle pellicole piccole, che faticano sempre di più a ottenere buoni risultati in sala. A questo proposito, abbiamo sentito l'opinione di alcuni addetti ai lavori...

Condividi

Rubrica a cura di Colinmckenzie

 
Ha fatto molto discutere l'articolo di qualche giorno fa sui problemi del cinema non blockbuster, quello che (con una convenzione arbitraria, ma tutto sommato corretta) abbiamo considerato relativo alle uscite in meno di 200 sale. A questo proposito, va fatto chiarezza su un punto che magari ha generato equivoci. In effetti, dal titolo si può pensare che basta arrivare in meno di 200 sale per fallire, quando quella cifra è stata presa per definire un certo tipo di cinema (d'autore o comunque poco commerciale). Insomma, il problema non è tanto uscire in meno di 200 sale (se lo fa Il discorso del re il successo è comunque garantito), ma essere film piccoli.

Comunque sia, abbiamo passato la palla a diversi responsabili marketing, che ci hanno fornito le loro opinioni. Il primo ci ha fatto notare come quasi nessuno dei titoli menzionati nell'elenco della settimana scorsa, a parte il film vincitore dell'Oscar, meritasse più schermi. Ma per lui il problema è l'opposto, ossia dover fronteggiare tante pellicole che ricevono un numero di sale eccessivo e sproporzionato, a danno dei più piccoli. In effetti, basti pensare nell'ultimo mese a Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata e Se sei così ti dico sì, come l'anno scorso il megaflop Sul mare. In questo caso, a parte certe pressioni/sostegni delle major, il dito va puntato contro gli esercenti, che magari non fanno sempre le scelte giuste, danneggiando tutti. Invece, un caso positivo recente è stato quello di Limitless, che avrebbe potuto arrivare oltre le 250 sale in cui è effettivamente uscito, ma la Eagle ha deciso meritoriamente di non eccedere.

Il secondo responsabile marketing ha giustamente posto la questione: ma come fanno certe piccole case a sopravvivere? Ovviamente, le entrate in sala non sono l'unico introito per chi gestisce un film e le altre possibilità di sfruttamento (home video, pay tv, pay per view, tv generalista, edicola, ecc.) offrono ancora entrate importanti, in particolare il piccolo schermo. Per questo, forse non si cercano nuove strade perché la situazione non è così dura. Aggiungo io: forse anche per paura di sbagliare e per non rischiare di perdere quello che si ottiene ora.

Infine, la terza persona contattata, oltre a segnalarci le problematiche (anche legali-contrattuali) di un'uscita in contemporanea su più mezzi di sfruttamento, ammette che la società per cui lavora sta analizzando bene questa situazione, visto che ne è vittima.

Ma alla fine, quali soluzioni ci sono? Dimezzare i prezzi, suggerisce qualcuno. Tuttavia, è vero che se già gli esercenti con programmazione d'autore faticano, con biglietti a costo minore il rischio è che non arrivi un pubblico sufficiente a rimpiazzare le mancate perdite. Antonello nei commenti invece fa notare che ci sono regolamenti ministeriali, così come interessi con Sky (il canale paga cifre superiori per l'acquisto quando si superano i 20.000 biglietti venduti) per arrivare in sala a tutti i costi. Bene, cambiamo certe regole, perché se nel caso di Sky semplicemente portano a situazioni ridicole facilmente immaginabili, l'obbligo di sbarcare sul grande schermo per i film piccoli italiani risulta controproducente. Piuttosto che stare in 4 sale per forza, non sarebbe meglio uscire gratis su Internet? Almeno sarebbe un modo per far conoscere certi prodotti, che spesso è l'unico obiettivo concreto che possono avere i giovani registi.

Altro problema, come notato da Pietro, il fatto che diversi film arrivino in forte ritardo e che il pubblico interessato possa aver già reperito i titoli in questione, in maniera lecita o meno. Qui il rimedio è semplice: chi compra una pellicola dovrebbe prevedere di farla uscire entro pochi mesi, prima comunque che il dvd arrivi a disposizione all'estero e quindi si possa trovare facilmente su Internet. Proporre un film a distanza di 6 mesi o addirittura un anno sta ormai diventando una forma di suicidio commerciale.

Ovviamente, io continuo a non avere soluzioni facili da proporre ed è ovvio che il passaggio dagli introiti in sala a quelli (finora solo teorici) su Internet non è semplice, né indolore. Ma il vero, grande dramma, è che si sta perdendo un pubblico, che rischia di non seguire questi prodotti in nessun modo. Per questo, rimango stupito dei toni apocalittici con cui si parla dell'importanza per un film di arrivare in sala. Meglio sarebbe preoccuparsi di farlo vedere, con tutti i mezzi necessari...

Discutiamone sul Forum Cinema

Continua a leggere su BadTaste