Ci vuole una carriera come quella di Christopher Plummer
L’impresa riservata a pochi di resistere ai massimi livelli ad Hollywood per più di 60 anni Christopher Plummer l’ha portata a termine senza sforzo apparente
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Nella sua categoria la competizione poteva esistere solo con Max von Sydow (sul quale aveva il vantaggio dell’assenza di accenti). Ebbe una fortunatissima prima parte della carriera nel cinema di spionaggio e di guerra. Agli ordini del fuhrer e al servizio di sua maestà (di Terence Young, regista dei primi 007) ne è un ottimo esempio, ma anche I lunghi giorni delle aquile di Guy Hamilton (primo di una lunga serie di film di guerra). Nel volto di Plummer era iscritta la vecchia Europa e un modo di rivalità cortesi di avventure da cocktail e da salotto, intrighi da palazzo. I volti che decidono i destini del mondo.
A Plummer viene chiesto di portare se stesso, come anche a Christopher Lee (che però aveva enfatizzato tantissimo la componente horror nella sua vita professionale). Porta la sua nobiltà nel ruolo dell’arciduca Ferdinando in Quel rosso mattino di giugno - attentato a Sarajevo, in La pantera rosa colpisce ancora e ancora nel professore di Computer per un omicidio e assieme a Max von Sydow (!) nel cultissimo Dreamscape (cioè Inception prima di Inception con 10 volte meno budget e pretese). Più gli anni passano, più invecchia, più al cinema serve come il pane.
Christopher Plummer è bianchissimo come il latte in Malcolm X di Spike Lee, scienziato in L’esercito delle 12 scimmie, una tonnellata di serie tv, miniserie e film tv, Insider con Michael Mann nello stesso anno del terribile Il mistero del floppy disk. Film da oscar come A Beautiful Mind e subito dopo con Atom Egoyan per Ararat (ma la migliore collaborazione tra i due è sicuramente Remember, con un immenso Martin Landau). Plummer fa letteralmente tutto, incluso tanto doppiaggio (è il villain di Up) e anche Skyrim! Va a vincere anche un Oscar nel 2012 con Beginners ma è niente in confronto a quel che farà 5 anni dopo.
Tutto questo per dire alla fine una cosa sola. Che ci vuole una vita intera di questo tipo, una vita intera di cinema fatto a secchiate con un livello medio di prestazione altissimo, una vita di garanzia del risultato, di attività e di energia per essere la persona che viene chiamata per l’impresa delle imprese. Quando Ridley Scott decise che avrebbe rimesso in piedi una troupe di un film gigante per girare di nuovo le scene di Tutti i soldi del mondo con un altro attore e che l’avrebbe fatto in poche settimane. Lì non c’è nessun margine di errore, trattativa, ripensamenti, lungaggini, ciak sbagliati o richieste da star. Un’impresa del genere con al centro un ottantenne (Scott) e un quasi-novantenne (Plummer) è una delle grandi conquiste tecniche del cinema ma anche umane. Richiede un’esattezza e una capacità di portare il massimo risultato nel minimo del tempo, della preparazione e delle condizioni di lavoro che sono quasi impossibili in un novantenne. Ecco per qualificarsi ad una simile impresa e portare un risultato come sempre sopra ogni media in quelle condizioni serve una vita intera come quella che ha avuto Christopher Plummer.