Chronicle, dieci anni di superpoteri senza supereroi
Chronicle compie dieci anni: festeggiamo il compleanno del found footage sui superpoteri, ma senza supereroi
Che cos’hanno in comune Batman, Iron Man, Hawkeye e Black Widow? Appartengono a quella categoria che possiamo definire SSS – che non significa “smokin’ sexy style” ma “supereroi senza superpoteri”. Gente che non è stata morsa da animali radioattivi e che non è nata con la capacità di volare e di vedere attraverso i muri, ma che ha costruito la propria carriera al servizio della giustizia grazie ad applicazione, buona volontà e sprezzo del pericolo (e spesso anche palate di denaro utili a costruire i gadget che fungono da surrogato ai superpoteri mancanti). I SSS sono sempre esistiti e negli ultimi tempi sono diventati protagonisti di opere che sono anche una riflessione sull’idea stessa di “supereroe” – pensate a Super di James Gunn, per esempio. Molto più rari, invece, sono i film in cui si parla degli altri SSS: i superpoteri senza supereroi. Uno di questi, Chronicle, compie dieci anni proprio oggi.
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Tutto giusto, tranne un particolare che tanto secondario non è: i tre non sono supereroi, né all’inizio né alla fine del film. È il vero segreto del successo di Chronicle: se al posto dei superpoteri ci mettete, per esempio, una pistola, il film potrebbe svilupparsi sostanzialmente allo stesso modo, e dire le stesse cose. Chronicle è prima di tutto un dramma familiare e amicale, nel quale incidentalmente i protagonisti scoprono di poter volare. Il cuore del film è il personaggio di DeHaan, Andrew: è lui il proprietario della macchina da presa che segue in diretta tutte le gesta del trio, e la storia ci viene quindi raccontata dai suoi occhi e dal suo punto di vista. Indiretto, ovviamente: Andrew è il classico protagonista che si nasconde dietro una lente per non dover avere contatti diretti con il resto del mondo, una ritrosia figlia del fatto che suo padre è un alcolizzato violento e sua madre una malata terminale costretta a prendere medicine costosissime che non sempre la famiglia può permettersi.
Per questo i superpoteri sono più che altro una metafora, oltre che una scusa per mettere in piedi alcune sequenze spettacolari ed efficaci nonostante il budget ridottissimo (12 milioni, per 120 di incasso). Andrew, Matt e Steve esplorano le loro nuove possibilità nel modo in cui lo farebbero tre adolescenti arrabbiati che si scoprono all’improvviso onnipotenti: si divertono, fanno scherzi, vandalizzano, guardano sotto le donne delle ragazze. Anche le inevitabili frizioni nel gruppo che porteranno all’altrettanto inevitabile scontro finale non hanno necessariamente a che fare con i superpoteri in quanto tali: come dicevamo prima, se al posto della telecinesi ci metteste un fucile, Chronicle non cambierebbe granché.
Questo non significa che rimarrebbe uguale: se a livello narrativo sono una scusa e una metafora, a livello stilistico i superpoteri diventano invece essenziali per definire il carattere del film. Uno in particolare, la telecinesi: è la scusa perfetta per poter muovere la macchina da presa in modi altrimenti impossibili a un essere umano, e ancora oggi, a dieci anni di distanza, l’idea che quello che vediamo in Chronicle sia figlio del fatto che il protagonista gira per strada con una cinepresa che gli svolazza sopra la testa è uno dei suoi principali punti di forza.
Un decennio fa, il successo inaspettato di Chronicle ce lo fece percepire come l’inizio di una storia più lunga – anche perché il film stesso ingannava, facendo credere che il finale fosse l’antipasto per un sequel. Ci immaginavamo la nascita di un nuovo filone di film di supereroi a basso budget, avevamo salutato Max Landis come un nuovo profeta e pensavamo sinceramente che Josh Trank fosse la persona giusta per resuscitare I Fantastici 4. Nulla di tutto questo si è realizzato: Chronicle è rimasto un unicum, Trank ha fallito sia con FF sia con il successivo Capone, e Max Landis non si è fatto più sentire dai tempi di Bright se non quando è stato accusato di violenza sessuale. Festeggiamo quindi il suo decimo compleanno con un po’ di nostalgia per quello che sarebbe potuto essere e non è stato: siamo certi che Andrew, Matt e Steve apprezzerebbero questo approccio da “mai una gioia”.