Christopher Nolan racconta perché non ama spiegare i suoi film. Il motivo è legato a Memento
Christopher Nolan è sempre stato restio a spiegare i suoi film. La ragione è legata a una conferenza stampa di presentazione di Memento
I film di Nolan creano lunghe discussioni tra detrattori ed esegeti che cercano di interpretarne i significati e gli intrecci. Il regista, dal canto suo, è invece molto schivo e restio nell’offrire chiavi interpretative delle sue opere.
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Racconto spesso di quando andai alla Mostra del Cinema di venezia per presentare Memento. Si è tenuta una conferenza stampa poco dopo e qualcuno mi ha chiesto quale fosse la verità oggettiva sul finale. Io ho risposto “beh, sta al pubblico decidere. Ma quello che penso io è che…” e ho dato la mia risposta. Mio fratello Jonathan mi ha preso in disparte e mi ha detto: “nessuno ha ascoltato la prima parte della tua risposta. Vogliono solo sapere cosa ne pensa chi ha fatto il film. Non farlo mai più.” Aveva ragione, e da allora non ho più ripetuto l’errore.
Insomma, il timore è che sedersi in una stanza a parlare del film potrebbe far perdere la magia e lo stimolo interpretativo nello spettatore. Nel corso della chiacchierata è emerso come questo pensiero sia fortemente radicato anche nella filosofia autoriale di Nolan.
Negli anni ’70 la filosofia del cinema tendeva a vedere il singolo film all’interno di un corpus di opere dell’autore. Come un lungo discorso che, attraverso la “penna” cinematografica dell'artista si articolava e aggiungeva nuove prospettive o ragionamenti ad ogni nuova storia scritta sul grande schermo.
Nolan non crede che la biografia di un autore si possa applicare alla critica cinematografica. Per questo non ha mai parlato volentieri della sua storia personale in riferimento ai suoi film. “L’unica biografia che dovrebbe esistere per un creatore è il suo lavoro”. Tutto quello che dobbiamo sapere di lui è, quindi, nei suoi film. E tutto quello che va saputo del film è compreso tra il suo inizio e i titoli di coda.
Da qui il problema di trovare formule sempre nuove, fresche, che siano però giustificate da un senso che non sia puramente estetico. Nolan ha ammesso, nel libro, la somiglianza tra le suggestioni di Tenet e quelle di Inception. Egli teme però uno stato di eccessiva consapevolezza dei Filmmaker. L’auto citazione e i riferimenti sono inevitabili, ma nel suo caso involontari. Nolan sostiene di volere infatti evitare ad ogni modo che i film perdano la loro assolutezza (privi di legami rispetto ad altro), e debbano essere per forza letti all’interno di un corpus di opere.
Tornando al rapporto tra il successo commerciale e l’arte, Nolan è stato abbastanza drastico. Rileva infatti un certo disagio da parte della cultura, che sembra non sapere come comportarsi di fronte ai prodotti che riescono ad entrare in contatto con il pubblico non solo emotivamente o intellettualmente, ma anche sotto l’aspetto economico.
I cosiddetti film d’arte, d’essai, faticano a intervenire in un ragionamento commerciale sulle grandi masse e Nolan lo sa bene. Hollywood, dice, esiste per questo, per essere un intreccio tra il commercio e l’arte. E questo accade nonostante il linguaggio sviluppato a Los Angeles così in voga e potente, sia spesso visto con ritrosia. Fa fatica ad essere preso sul serio come espressione artistica e non solo come macchina macina soldi.
Cosa ne pensate della segretezza del regista? Vorreste che si lasciasse andare e concedesse maggiori chiavi interpretative per l’intreccio e i misteri dei suoi film? Ma soprattutto: ne sentite il bisogno? Fatecelo sapere nei commenti