Chiamami col tuo Nome: cos'ha il film, ancora invisibile (o quasi), per cui tutti impazziscono

Chiamami col tuo Nome di Luca Guadagnino, candidato a 3 Golden Globe e in corsa per essere nominato agli Oscar, raccoglie lodi da un anno. E c'è più d'un motivo

Critico e giornalista cinematografico


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È quasi un anno che abbiamo visto Chiamami Col Tuo Nome alla Berlinale, solo poche settimane dopo la sua premiere al Sundance, quando era impensabile il percorso che ha fatto. Le proiezioni a un festival infatti sono una situazione strana, una bolla in cui si guarda un film insieme ad altri spettatori del settore, quasi mai allineati per gusti e, al contrario del pubblico, non sempre realmente appassionati di quel che vedono (molti legittimamente esercitano la professione come quello che è: un lavoro). È quindi spesso complicato capire l’impatto e il gradimento sugli altri di quel che si è visto basandosi sulle reazioni a caldo (meglio in questo senso quando ci sono grandi ovazioni o fischi della sala, lì almeno è chiaro un sentire comune).

Dunque benché non ci fossero stati dubbi per chi scrive che Chiamami Col Tuo Nome è un film eccezionale, perfettamente calato nello stile di Luca Guadagnino eppure più avanti di Io Sono L’Amore, audace per moltissimi versi anche se basato su un impianto estremamente classico e meno radicale di altri esperimenti, lo stesso era difficile capire che strada avrebbe fatto, se cioè sarebbe rimasto un gioiello per appassionati (come capitò per l’appunto a Io Sono L’Amore) o se davvero poteva conquistare quel che meritava.

Un anno e diversi premi intermedi vinti dopo, Chiamami Col Tuo Nome è in gara per i 3 dei Golden Globes principali (Miglior film Drammatico, Miglior Attore Protagonista, Miglior Attore Non Protagonista) con speranze di vittoria medie, rinvigorite dall’exploit dell’anno scorso di Moonlight, film simile per budget, tematica e partenza sottotono.

Se dunque un anno fa in pochi lo avevano sentito nominare, adesso questo film è arcinoto nel circolo degli appassionati e dei più attenti alle questioni di cinema, anche se quasi nessuno (a meno di non rivolgersi alla pirateria) ha potuto vederlo. Non è colpa di una strategia distributiva miope, ma anzi di una lungimirante. Il film infatti è uscito solo nei territori anglofoni per partecipare ai premi ed essere votato, in tutti gli altri attende le nomination agli Oscar per un’uscita il più potente possibile.

Chi non l’ha visto (e ha fatto bene, per come è girato lavora tantissimo sulla qualità di immagine e sonoro, dunque funziona molto di più in sala) probabilmente si chiede quale sia la particolarità del film, come mai conquisti così tanto e cosa lo differenzi dalle molte altre storie di un primo amore raccontate al cinema. A voler essere brevi si potrebbe dire che Chiamami Col Tuo Nome racconta uno snodo formativo molto usuale, da cui tutti sono passati (a prescindere dall’orientamento sessuale), con una vicinanza contagiosa e una capacità devastante di evocare proprio quel particolarissimo ed unico stato sentimentale che è la prima esperienza sentimentale profonda.

Una risposta più lunga, sofisticata e inevitabilmente più soggettiva, invece è che questo film su un tema a cui siamo abituati, fa un lavoro a cui non siamo abituati per niente. Invece che passare per parole e confessioni, invece di far vedere crisi, espressioni intense o pianti disperati (ce n’è uno ma proprio in chiusura quando i giochi sono fatti e per come è posizionato è l’unico gesto filmico clamoroso che Guadagnino si concede), invece di utilizzare le consuete immagini che sappiamo che al cinema significano “grande amore”, come tramonti, gente che guarda fuori dalla finestra tenendo le tende, lettere accorate, corse a perdifiato, confessioni sotto la pioggia e via dicendo, inventa una sua maniera di rendere quegli stessi sentimenti tramite le immagini e di fatto prende tutti (anche gli spettatori più smaliziati) di sorpresa, là dove non se lo aspettano e non sono coperti.

Sia chiaro che non c’è nulla di male negli sguardi commossi fuori dalla finestra o nelle corse a perdifiato, ma come ogni segno che viene abusato, il suo significato col tempo deperisce e scolora, ci facciamo il callo e non ci evoca più quella sensazione come le prime volte, diventa un cliché sciapo. In parole povere funziona sempre meno. Chiamami Col Tuo Nome invece trabocca di soluzioni e strategie che sono sue e battono strade originali. Unico e nuovo per tanti versi ma classico per altri, Chiamami Col Tuo Nome è un film in cui ci si commuove alla fine, come nei melò anni ‘50, assecondando una scansione vecchia come il cinema o come la letteratura, ma senza farlo notare mai allo spettatore e senza soluzioni clamorose, ci arriva non assecondando lo stile di nessuno se non il proprio.

Chiamami Col Tuo Nome racconta uno snodo formativo molto usuale, da cui tutti sono passatiCi sono tante ragioni per le quali il film riesce a fare tutto questo, la prima è che Luca Guadagnino (non da oggi di certo) lavora a stretto contatto con il suo montatore Walter Fasano (anche sceneggiatore nei suoi film) e, per quanto qui non ci sia quell’uso creativo del montaggio visto in altre loro collaborazioni, lo stesso i due ripensano in maniera invisibile come assemblare una storia o anche solo come tagliare una singola scena per dargli un altro ritmo e usare le immagini per sottolineare altro rispetto al solito. Insomma parla proprio un’altra lingua ma così simile a quella che conosciamo che non ci suona strana o estranea.
Lo si vede prima di tutto da come il film evochi un luogo e degli odori, delle sensazioni e delle coordinate spazio temporali a partire dai sensi. La campagna lombarda d’estate, resa a partire dalla consistenza dell’erba, l’odore del prato, il fresco dell’acqua di un fontanile o delle scarne camere da letto delle case estive dopo pranzo, delle fresche notti in discoteca. Tutte sensazioni che il cinema non può trasmettere se non attraverso audio e video, procede quindi per sinestesia, fondando la riuscita del racconto su tutto ciò che al cinema è trascurato.

Smarcando come si diceva prima il racconto di un amore dalle parole, Chiamami Col Tuo Nome lo affida ai sensi. Nessuno dice nulla di diretto su quel che prova, ma ci sono una serie di odori che non possiamo sentire eppure siamo convinti di sentire, di suoni e di oggetti scottati dal sole che sembrano trasudare sentimento, sembrano rievocare le estati di tutti. A partire da quello è possibile creare un immaginario emotivo non radicalmente diverso dal solito (l’abbinamento estate/amore è vecchio come il mondo), ma di certo personale e originale per come è raccontato. Qualcosa di eterno in un vestito nuovo.

E non abbiamo nemmeno iniziato a parlare delle prestazioni degli attori! I quali oscillano tra il nascondere i sentimenti personali dietro un muro di passioni e interessi culturali (l’unico elemento ben poco universale del film è la passione di Guadagnino per la natura acculturata di tutti i personaggi, calati in ogni arte, avidi lettori, eminenti professori) e il manifestarli di colpo. Chi ha visto Lady Bird (altro film di cui si parla molto ma tra i due c’è un oceano) sa che Timothée Chalamet, protagonista per Guadagnino e comprimario per Greta Gerwig, non recita sempre ai livelli cui lo vediamo in Chiamami Col Tuo Nome. Del resto anche Armie Hammer, che pure non è uno sprovveduto, qui sembra veramente capace di dare il suo meglio (chi scrive però ha un debole per la pacata forza e tranquillità di Michael Stuhlbarg, barbuto padre del protagonista che pare remissivo e vago, invece si dimostra acutissimo).

Certo Chiamami Col Tuo Nome è un film che pare raccontare di un altro mondo all’interno del nostro per come l’omosessualità, negli anni ‘80, in quella particolare residenza di campagna fosse vista con una tranquillità e un’accettazione utopiche. Anche a questo non siamo abituati, a vedere al cinema una storia omosessuale in cui la discriminazione non c’è, è cancellata, in cui l’amore omosessuale esiste senza alcun problema. Un mondo ideale (o semplicemente molto circoscritto e con pochi contatti con l’esterno) che viene dal passato ma sembra essere il nostro futuro, e in un certo senso lavora attivamente perché questo futuro arrivi il prima possibile, proponendo un modello di integrazione anche familiare esemplare attraverso il sentimento e la commozione.

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