Charlie’s Angels – Più che mai ci prova ma non ci riesce

Charlie’s Angels – Più che mai vorrebbe essere una versione migliorata del primo film, ma perde tutta la sua spontaneità

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Charlie’s Angels – Più che mai è su Amazon Prime Video

Che destino curioso, quello di Charlie’s Angels – Più che mai. Sulla carta fa tutte le cose che dovrebbe fare un sequel per migliorare il primo capitolo: è più grosso, più ricco, più assurdo, con una posta in gioco tangibile e più interessante del generico “miliardario in cerca di vendetta e dominio del mondo” del film precedente. Eppure in sala andò peggio di Charlie’s Angels, non a sufficienza da venire classificato come flop ma abbastanza da stroncare un potenziale franchise infinito già al secondo capitolo. E sapete una cosa? A rivederlo oggi, in back-to-back con il primo film di McG, il motivo è chiaro: Charlie’s Angels – Più che mai vorrebbe essere un vero film, e non può permetterselo.

Benvenuti nell’era dei gritty reboot

Charlie’s Angels – Più che mai non arriva a sfociare nel territorio del proverbiale gritty reboot, ma qui e là ci flirta apertamente. D’altra parte erano gli anni giusti: di lì a due anni, per esempio, sarebbe arrivato Batman Begins, forse uno degli esemplari primigeni di quest’ondata di g.b. che non si è ancora arrestata. E negli anni intercorsi tra Charlie’s Angels e il suo sequel aveva spopolato Matrix, che non era il reboot di nulla ma che è una delle matrici principale della “grittiness” diffusa del terzo millennio. Per dirne una: in Charlie’s Angels – Più che mai c’è del sangue. E non a uso comico: fuoriesce dalla bocca di Drew Barrymore quando il suo ex fidanzato e terrorista irlandese interpretato da Justin Theroux le dà un cazzotto in faccia, dopo aver minacciato peraltro di stuprarla nel mezzo del combattimento.

È un dettaglio, un momento, non è necessariamente il tono dell’intero film, che per la maggior parte prova ancora a riproporre lo spirito anarchico e quasi da Austin Powers del primo capitolo. Ci sono ancora scenette sexy, costumi rivelatori e faccette ammiccanti, ma c’è anche, per esempio, una grande quantità di humor volgare e soprattutto verbale: dove il primo film era un’operazione quasi interamente visuale, Charlie’s Angels – Più che mai contiene tra le altre cose un monologo tutto costruito sui doppi sensi di Cameron Diaz in bikini e un dialogo tra Lucy Liu e suo padre John Cleese altrettanto basato sull’innuendo e sull’equivoco che prevede che lui sia convinto che la figlia faccia la prostituta e non la superspia. C’è insomma il tentativo di allargare lo spettro dell’umorismo, che però fallisce nel momento in cui questi scambi suscitano solo sincero imbarazzo.

Charlie’s Angels – Più che mai prese male

Questo tentativo un po’ velleitario di dare una profondità cinematografica a un progetto basato sulla locura e sui fisici bestiali delle sue protagoniste si allarga a tutta la sceneggiatura, non solo alle sequenze comiche. Scopriamo per esempio la backstory del personaggio di Drew Barrymore, che qui è più protagonista delle altre due perché si sobbarca controvoglia il ruolo di “quella che non mollerà mai Charlie”. È un film che vorrebbe anche parlare delle dinamiche interne al gruppo e rispondere alla domanda “cosa farete dopo?”, ma contemporaneamente è anche un film più costoso del predecessore e che sperpera tutti i suoi soldi in pessimi effetti visivi e un abbondantissimo uso di cavi per ogni minimo stunt (a proposito di Matrix). Per cui vive di costanti scarti di tono, da momenti in cui sembra voler esplorare gli aspetti più umani e intimi del rapporto tra le protagoniste a sparatorie cupissime da action anni Ottanta senza dimenticarsi ogni tanto di fare una sosta nel trash più puro svestendo le protagoniste e facendo loro agitare le terga.

Con tutti i suoi difetti e la sua totale idiozia, Charlie’s Angels era almeno un film consapevole della sua identità. Sapeva di essere prima di tutto un videoclip, una collezione di belle immagini costruite a partire da tre bellissimi corpi femminili, e di avere una trama solo perché così vogliono a Hollywood. Charlie’s Angels – Più che mai, invece, vorrebbe fare il salto e venire preso almeno un po’ più sul serio; o meglio, vorrebbe che investissimo sui personaggi e sulla storia non perché Diaz, Liu e Barrymore sono belle e poco vestite ma perché ci hanno dato un motivo valido per farlo.

Praticamente perfette sotto ogni aspetto

Ma loro tre nel primo film funzionavano proprio perché non erano veri esseri umani ma caricature, erano personaggi da MTV appunto, che esistevano per il tempo di un video. Quel poco di fascino che è rimasto al primo film di McG è legato proprio a questo suo menefreghismo esistenziale, questo suo accettare con fierezza di non essere proprio un film ma qualcosa di adiacente; al fatto che anche le tre protagoniste lo interpretassero senza un briciolo di empatia, comportandosi come dee, creature superiori e imbattibili e praticamente perfette sotto ogni aspetto.

In Charlie’s Angels – Più che mai tutto questo evapora al calore umano che si è provato a infondere nelle tre Angels, fallendo. Non ci serviva il padre di Alex, né i turbamenti prematrimoniali di Natalie, o il tragico passato di Dylan – non so se il resto della cornice continua a rimanere cafona e adolescenziale e anzi peggiora perché ha più soldi a disposizione. C’è quasi un senso di vergogna dietro al secondo Charlie’s Angels di McG, come se il film dicesse “non sono solo un film di culi al vento, ho un cuore!”. Il problema è che poi non ce l’ha, e allora tanto valeva rimanere fedeli all’approccio da MTV del primo capitolo, invece di prendere le cose sul serio.

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