C'è una scena che vale tutto Captain America - Il primo vendicatore | Un film in una scena

In Captain America: il primo vendicatore c'è una sequenza che vale tutto il film. Piena di idee è il collegamento perfetto con il fumetto.

Condividi
C’è una scena che si mangia tutto il film di Captain America: Il primo vendicatore. E lo fa nel bene e nel male. Nel bene perché è un momento in cui si mostra tutto il talento del regista Joe Johnston. Un autore d’altri tempi (ha 70 anni) capace di realizzare cult come Jumanji, i Gremlins e la perla poco conosciuta come Le avventure di Rocketeer. Nel male perché dopo quel momento il film non riuscirà più a scorrere con questa velocità, con questa sintesi e capacità di unire la tradizione del fumetto con una visione contemporanea.

Stiamo parlando del momento "da musical", posto al centro del film, noto ai più come “Star Spangled Man With A Plan”. È questo il nome della canzone composta da Alan Silvestri che accompagna il rapido montaggio del tour promozionale di Steve Rogers.

Ma perché questa scena è così eccezionale? E che cosa significa?

Siamo in un punto cruciale del film. Ci stiamo lasciando alle spalle l’origin movie (Steve è ormai diventato Captain America abbandonando le sue gracili spoglie) e l’azione sta entrando nel vivo. La minaccia Hydra si staglia sempre più nera sull’occidente. Il teschio rosso è sempre più vicino a completare il suo malvagio piano. L’America è in difficoltà. Cap vorrebbe aiutare, ma all’esercito servono soldati e un uomo solo, per quanto forte, non può (nel pensiero dei generali) fare la differenza.

Captain America

L’eroe viene così mandato in giro per gli States ad esaltare, con numeri da cabaret il potere della scienza, del progresso e delle forze militari. È un momento chiave, che definirà il personaggio di Steve, ma ancora di più quello del suo alterego supereroe per le avventure a venire.

L’intera trilogia del “primo vendicatore” è incentrata sul tema della rappresentazione mediatica dei simboli. Lo vedremo in maniera più approfondita tra qualche settimana, quando parleremo di Winter Soldier. Ma sintetizziamo le idee principali dello sviluppo del personaggio: lo scudo, e chi lo porta, non è altro che un simbolo. Se imbracciato da un uomo con dei valori saldi, disposto a sacrificarsi per gli altri, è uno strumento di pace. Diversamente non può che essere un oggetto di morte. È qui che il film si intreccia dal punto di vista tematico con… Iron Man. Tony è ossessionato dai media. Li usa a suo piacimento, gioca con loro (“io sono Iron Man”). Le Stark Industries, immagine dell’America industriale e capitalista, sono un’arma a doppio taglio. Garanzia di stabilità e protezione, o virus rapace che erode dall’interno l’ingranaggio della democrazia, esportando morte per interessi.

Captain America

Ma torniamo al Capitano. Steve capisce proprio in questo momento che un simbolo non va solo enunciato. Non basta ingrandirlo sullo schermo, o riproporre le azioni come in un teatro greco (non smetteremo mai di ribadire la vicinanza tra la narrazione episodica dei fumetti e il racconto orale epico dell’antichità). Perché un simbolo diventi speranza deve parlare tramite le azioni.

Non ne abbia a male Zack Snyder e il suo Superman, ma il tema del sacrificio - sebbene non propriamente cristologico, certamente oltre l’umano - era già stato affrontato, in maniera molto più sottile, proprio da Il primo vendicatore

Steve vince perché è disposto a perdere tutto. Il Teschio Rosso è invece vittima della sua stessa cupidigia. Perde volendo troppo. E il fatto che il finale insoddisfacente del villain (all’epoca lasciò perplesse più persone la rapidità con cui se ne andò) sia stato un elemento, probabilmente, attentamente pianificato per il colpo di scena in Infinity War, è un’altra storia (di eccellenza produttiva).

Joe Johnston dice tutto questo in una sola sequenza. Cap prende a pugni Hitler, richiamando direttamente la celebre copertina di Captain America #1. Il fumetto viene inoltre impugnato dai bambini verso 1 minuto e 50 nella scena, unica vero punto di contatto tra film e fumetto fatto nell’intero MCU.

Captain America Hitler

Una scena non troppo distante da quello che, probabilmente, accadde nella realtà. È infatti proprio con intento patriottico che il personaggio venne creato nel 1941 da Joe Simon e Jack Kirby. 

Ma Johnston aggiunge un elemento alla scena: la ripetizione dell’azione. 

Il cinema crea miti riproducendo i fatti allo stesso modo per tutti. Ancora e ancora… non c’è limite potenziale alle volte in cui un film può essere rivisto. Nella scena in questione è il cinema che inquadra il teatro. E man mano che i fatti vengono messi in scena, che Hitler viene artificalmente sconfitto, Steve cambia, si trasforma in un Captain America indebolito, vittima della propaganda che lo rende sicuro delle sue errate convinzioni. Privandolo di ideali sani, gli si toglie l’energia per rialzarsi. È la sua Kriptonite.

Captain America - Il primo Vendicatore racconta di due guerre parallele. Quella mondiale contro l’Hydra e i nazisti; e quella indiretta condotta dai mezzi di informazione contro la paura. È una critica molto forte, e sottile, all’America di oggi. Alle guerre iniziate e sostenute grazie alla retorica. Johnston carica di stereotipi americani le inquadrature. Decine e decine di bandiere ovunque, persino sulle gonne delle ballerine. Anche le transizioni richiamano le stelle e strisce.

Per capire ancora più a fondo la forza sintetica e visiva della scena si può fare un piccolo esperimento. Se ci fosse qualcuno che ancora non ha visto questo sottovalutato film Marvel si può provare a fargli vedere solo questa sequenza senza audio. Capirà tutto. Tutto il contesto, quello che sta succedendo, il senso di questa parentesi nel film. Proprio come facevano i film muti di propaganda del 1940. 

Continua a leggere su BadTaste