Casper: Christina Ricci è davvero "terribile" come pensa?

Casper è un culto per molte persone ma non per la sua protagonista, che nel film si trova “terribile”

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“Se guardi Casper, sono davvero terribile in quel film. La gente se la prende alquanto quando lo dico. Perché il mio parere è che è un film meraviglioso, è un tesoro d’infanzia per le persone, ma io sono terribile comunque in quella pellicola”. Con queste poche, semplici parole Christina Ricci ha recentemente distrutto i sogni e i ricordi di un’intera generazione, sentenziando che quello che è uno dei ruoli più amati della prima parte della sua carriera, in un film che anche al di là di lei è un classico Amblin, è in realtà “terribile”, e che abbiamo fatto malissimo a innamorarci (platonicamente, idealmente o anche praticamente) di lei quando uscì Casper e noi eravamo ancora adolescenti. Come abbiamo fatto di recente con Kevin Bacon ed Echi mortali ci siamo chiesti: avrà davvero ragione lei?

Ovviamente sì per principio, perché ci mancherebbe che l’opinione di un’attrice su una sua interpretazione sia sbagliata. Viene però da chiedersi: come mai ha questa opinione? Che cos’ha la povera Kat che non va? E soprattutto: è possibile che il motivo per cui Christina Ricci oggi odia il suo ruolo in Casper sia esattamente il motivo per cui ci piacque così tanto al tempo? In altre parole, è possibile essere terribilmente perfette, o perfettamente terribili?

Casper è ancora oggi un prodigio tecnologico e un grande film della Amblin, un’avventura spielberghiana anche se non è diretta da Spielberg – che però ha scelto in prima persona Brad Silberling – che riesce a raccontare una storia profonda e anche commovente e mischiarla con una cascata di comicità che a tratti sfocia nel postmoderno e che ancora oggi diverte e intrattiene in un modo che, almeno in certi prodotti, si è ultimamente un po’ perso. Già l’argomento non è, a ben guardare, dei più leggeri: parlare di fantasmi vuol dire automaticamente parlare di morte. E questi fantasmi sono del tipo tradizionale: anime che sono rimaste incastrate sulla Terra perché hanno ancora qualcosa da fare, e che quindi prima o poi si dovranno confrontare con il loro trauma. Non è un caso che la prima scelta per la regia fosse Alex Proyas, che poi abbandonò per le solite “divergenze creative”.

Su queste fondamenta potenzialmente deprimenti è innestata in realtà una classica storia spielberghiana di crescita personale e ovviamente a lieto fine, tempestata come detto di comicità e anche da un pizzico di romanticismo. Il gancio per portare i c.d. “più piccoli” dentro il film è proprio Kat, il personaggio di Christina Ricci, la figlia adolescente di Bill Pullman, che di mestiere fa lo psicologo di fantasmi e che, prima di conoscere Casper, non aveva mai visto un fantasma in vita sua.

Del periodo-Kat, Christina Ricci dice questo: “Avevo 13 anni. Stavano accadendo molte cose nella mia vita. Era tutto così difficile ed ero sempre profondamente infastidita. Non penso di essermi sforzata chissà quanto, se devo dirti la verità. In maniera molto imbarazzante devo dirti che non mi sono impegnata così come avrei dovuto fare. Non mi sono impegnata a dovere. Ma mi ci è voluto parecchio tempo prima di diventare un’adulta perfettamente funzionale”.

“Era tutto così difficile ed ero sempre profondamente infastidita”: è la perfetta descrizione dell’adolescenza di, be’, chiunque. Nel 2014, sempre lei ha dichiarato che “ho avuto problemi di crescita abbastanza normali, è stata dura ma mai disastrosa” (prima di aggiungere che se avesse 13 anni oggi nell’epoca dei social sarebbero tutto molto più difficile).

Insomma, per farla facile: Christina Ricci non ce ne aveva granché voglia. Dopo due film su La famiglia Addams era già una star, e questo sommato all’età e ai tormenti della stessa la portarono, secondo lei, a performare al di sotto delle proprie possibilità. Ed è vero che, con il senno di poi, un po’ si vede, soprattutto nelle scene in cui è contrapposta a una delle tante superstar che popolano il cast, in primis Bill Pullman ed Eric Idle. E si vede anche quando Kat deve interagire con il fantasma, ma qui la colpa è soprattutto del fatto che Casper è il primo film della storia con un protagonista interamente in CGI, e a Hollywood si imparava ancora in corso d’opera come gestire i VFX.

Il punto, però, è che Kat è un personaggio scritto apposta per non avere voglia. È un’adolescente ribelle ma neanche troppo, soprattutto annoiata e un po’ stufa del continuo avanti e indietro per l’America al quale il lavoro del padre la costringe. È stufa di dover cambiare scuola ogni pochi mesi e dover ricominciare da capo nella costruzione di una rete sociale, è stufa di non avere amiche e di non potersi affezionare a nulla. È allo stremo delle forze, e ovviamente la loro sosta a Whipstaff è l’ultima occasione che concederà al padre prima di perdere definitivamente la brocca (come si dice in gergo tecnico). Persino quando si concede un sorriso o un po’ di socialità lo fa con la rigidità e l’artificialità di chi non ci crede davvero, almeno all’inizio.

E tutto questo si adatta alla perfezione al modo in cui Christina Ricci interpreta Kat, portando tutta la sua personale noia adolescenziale nel mondo di Casper e, involontariamente stando a quanto dice lui, usando i suoi stessi limiti per costruire un personaggio più credibile. Quando il tuo personaggio deve, da copione, apparire annoiato, non importa che anche tu lo sia davvero, anzi nel caso aiuta.

Probabilmente è questo che Christina Ricci vede, e che non riesce a interpretare se non alla luce del fatto che, be’, è di lei che si parla, e rivedere Casper le ricorda come si sentiva all’epoca e quanto impegno mise nel ruolo. Noi però non siamo lei, e vedevamo (e vediamo ancora oggi) non un’attrice, ma un personaggio annoiato e privo di entusiasmo, che è costretta a ritrovare la sua gioia di vivere pressi i morti.

Terribile? Forse, ma in Casper è giusto così.

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