Caso Longlegs: le campagne virali servono ancora ai film a basso budget!

La campagna virale di Longlegs è la prova che per conquistare il pubblico si devono fare le cose diversamente

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C’è un motivo se The Blair Witch Project ha una pagina nei manuali di storia del cinema. Il film "do it yourself” del 1999 divenne uno dei titoli più profittevoli di sempre grazie alla sua campagna promozionale. Costato 60 mila dollari il found footage horror ha incassato 248,6 milioni puntando tutto sulla suggestione da "leggenda metropolitana". Un sito web in cui si spacciavano per reali gli eventi del film, una caccia all’indizio che ha portato in sala il primo pubblico, rendendolo un elemento essenziale per convincere gli esercenti a proiettare il film. Via di passaparola, di leggendari svenimenti e crisi di paura in sala. Una rivoluzione del marketing della settima arte che oggi Longlegs ha rispolverato diventando uno dei casi fortunati della stagione. 

Il virale di Longlegs

Qualche tempo fa Neon ha pubblicato sul suo canale YouTube alcuni teaser dal titolo criptico e dal sapore amatoriale come “Every year there is another.” Pessimo per l’indicizzazione. Dentro si vede la fotografia di una famiglia con degli inquietanti sorrisi, una voce fuori campo e uno stacco su quella che sembra una scena del crimine. Delle gambe di bambina, lunghissime. Il film è Longlegs, ma questo lo si è saputo solo dopo, dato che il titolo era composto da simboli indecifrabili (parte della sfida era proprio scoprirlo). Era gennaio 2024. Il film è arrivato a luglio nelle sale americane e ha fatto stappare le bottiglie di vino pregiato tenute in cantina. Con un esordio da 22 milioni di dollari nel weekend di apertura, Longlegs è diventato l'eroe inaspettato di questa estate cinematografica. Il merito è in gran parte della sua campagna.

Per fare un paragone nell'ultimo decennio sono solo 15 i film distribuiti dagli studio indipendenti ad avere superato i 20 milioni di dollari nella settimana di apertura. Il merito non è solo della lunghezza insolita della campagna promozionale, ma della sua capacità di pensare fuori dagli schemi. È contro intuitivo non mostrare Nicolas Cage nei panni del cattivo. Eppure celare l’unica grande star del film agli occhi del pubblico non ha fatto che aumentarne l’impatto.

Efficace il video in cui viene registrato il battito cardiaco di Maika Monroe quando ha visto per la prima volta l’attore con il trucco e il costume di scena. 

Sulla scia delle grandi campagne virali del passato (Cloverfield, Il cavaliere oscuro, per citarne due) è stato creato un sito web dalla veste grafica decisamente vintage e inquietante. Dentro si trovano informazioni aggiuntive sulle vittime del serial killer. Neon ha attivato anche un numero di telefono, esposto su vari Billboard, da chiamare per sentire la minacciosa voce di Cage nei panni del personaggio del film. Si espande così la mitologia del film fuori dal film stesso, andando a coinvolgere il pubblico in una ricerca che trova soluzione al cinema. 

Lo stile Neon

Coerentemente con la strategia di Neon di non utilizzare i media tradizionali per la promozione, ma di parlare ad un pubblico under 45, che fruisce i contenuti prevalentemente tramite internet, la campagna di Longlegs è riuscita a raccontare bene l'atmosfera del film. Questo non basta. Una promozione ben fatta riesce a svelare l’atmosfera dell’opera, a dare un assaggio di quello che si prova in sala. Solo le campagne eccezionali riescono a convertire l’interesse in un biglietto. La tendenza del pubblico degli ultimi anni, spiegano i dati di box office, è di ad andare sul sicuro scegliendo l'acquisto del biglietto pochi film rilevanti. I titoli di fascia media, quelli che non riescono a raccontarsi come un evento da sala, faticano di più. 

In questo le campagne virali possono invertire la tendenza. Un recente caso analogo è stato quello della campagna promozionale di Smile. Con poco investimento si è riusciti a ricreare l’atmosfera del film facendo apparire in alcuni eventi sportivi persone dal rigido e disperato sorriso.

I canali tradizionali sono spesso inutili per chi non ha denaro a sufficienza per invaderli. I piccoli devono giocare altre carte. Essere anticonformisti è il primo step, ma questo lo fanno in molti. Ciò che più fa la differenza è riuscire ad entrare nei discorsi, a diventare oggetto di discussione del pubblico. Il fatto che la ricezione di Longlegs sia stata mista ha contribuito, secondo gli analisti, proprio a generare il bisogno di vederlo.

In un mercato sempre più competitivo, c’è ancora la possibilità di emergere da parte dei piccoli. Tutto parte dalla “personalità” filmica, dal modo in cui a prescindere dal budget possono raccontarsi come un evento da non perdere.

Il marketing virale ha vissuto fasi alterne, ma potrebbe ritornare ad essere una pratica fondamentale per fare emergere un titolo dal mucchio. Il coinvolgimento del pubblico nei meccanismi promozionali è l’amplificatore perfetto. Può aumentare il messaggio in maniera esponenziale, ma soprattutto può creare affetto per il film ancora prima di acquistare il biglietto. Il 1999 non è così lontano.

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