La casa stregata: compie quarant’anni la stranezza soprannaturale di Pozzetto

La casa stregata, sono passati quarant’anni del curioso esperimento di Bruno Corbucci di girare una commedia di fantasmi con Renato Pozzetto

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Ripensando alla sconfinata carriera di Renato Pozzetto vengono in mente parecchie cose: il duo con Cochi, il cabaret, Jannacci, il giro automobilistico d’Italia, cinquant’anni di cinema, Ragazzo di campagna, Steno, Castellano e Pipolo, la televisione, il primo ruolo apertamente drammatico arrivato nel 2021 grazie a Pupi Avati… Difficilmente però viene in mente un film che proprio oggi compie quarant’anni, e che è una curiosa parentesi soprannaturale in una filmografia altrimenti molto realistica: La casa stregata, la cosa più vicina (relativamente) a un film horror mai girata da Pozzetto e parte di un’ideale dilogia che, tra il 1980 e il 1982, lo portò a confrontarsi con la magia, la stregoneria e i fenomeni paranormali.

L’altro film della dilogia è Mia moglie è una strega, altro piccolo classico di Renato Pozzetto che ha lo svantaggio di non essere una storia originale, ma una sorta di remake non ufficiale di Ho sposato una strega. La casa stregata è invece tutta farina del sacco degli sceneggiatori Mario Amendola ed Enrico Oldoini, di Mario Cecchi Gori (che mette la firma sul soggetto) e ovviamente di Bruno Corbucci, che del film è anche regista e che aveva già lavorato un paio di volte con Pozzetto – una insieme anche a Tomas Milian, che interpretava un personaggio soprannominato “er Monnezza”, che però non era lo stesso er Monnezza dei film di Umberto Lenzi ma un omonimo, e non era neanche Nico Giraldi, l’antenato der Monnezza protagonista di undici film tutti scritti e diretti proprio da Corbucci.

Guida

Ci siamo persi e torniamo quindi indietro a Renato Pozzetto: Corbucci gli ritaglia un ruolo su misura che mette insieme il suo amore per il surreale e l’assurdo e la sua anima milanese. Che in La casa stregata va in trasferta: Giorgio Allegri, questo il nome del suo personaggio, è un bancario che viene trasferito a Roma, e mentre cerca di ambientarsi tra quelli che sua suocera chiama “gli zulù” (al di là dei giudizi di merito, il film è oggettivamente pieno di battute anni Ottanta che vi faranno pensare “oggi non gliela farebbero scrivere”) va anche in cerca di una nuova casa, dove trasferire sé stesso, il suo cane Gaetano, la fidanzata Candida (Gloria Guida in uno dei suoi ultimissimi ruoli per il cinema) e la già citata suocera. La classica storia del sempliciotto sradicato e disorientato che caratterizza molti film di Pozzetto, ma con un twist: Giorgio è una persona di relativo successo, non un pesce fuor d’acqua, e le sue frizioni con la sua nuova città non hanno la stessa naïveté che aveva, per esempio, Artemio in Ragazzo di campagna.

Il primo atto del film diventa quindi la cronaca della lotta di Giorgio con il mercato immobiliare romano – ed è qui che La casa stregata prende una direzione bizzarra, già presagita dal prologo ambientato mille anni nel passato (o dentro Elden Ring, come dimostra la foto qui sotto). Giorgio riesce infatti a mettere le mani su una splendida villa in campagna, e a strappare un affitto bassissimo: il motivo dell’affare è che la villa stessa è, si dice, infestata da un fantasma.

Elden Ring

Non stiamo parlando di qualcosa di metaforico/simbolico, né di una classica commedia degli equivoci fatta di vedo-non-vedo (più la seconda, visto che parliamo di fantasmi) nella quale per tutto il film rimaniamo con il dubbio che ci sia una spiegazione razionale dietro gli eventi in stile Poltergeist che si verificano nella villa. No, La casa stregata è un film con un fantasma che esiste e ha un’influenza molto tangibile sulla vita di Giorgio, la sua carriera, il suo rapporto con Candida, persino quello con il suo cane. In termini pratici questo significa lasciare spesso Pozzetto da solo sul set e fargli fare facce buffe mentre intorno a lui gli oggetti si muovono e le porte sbattono; e farlo spesso monologare, o dialogare con una creatura di puro spirito che di fatto è la stessa cosa. L’idea stessa del film è fatta apposta per lasciare al suo protagonista un palco e la libertà di improvvisare e divertirsi.

Vale la pena segnalare che Pozzetto non esagera con questa libertà e non si fa trascinare dalla tentazione di diventare mattatore unico. Il suo Giorgio è pur sempre un serissimo ragioniere, che affronta anche le situazioni più assurde con la razionalità e il senso pratico del milanese in trasferta. Il suo inappuntabile contegno e la moderazione con cui affronta quest’opera quasi solista, e il rifiuto di trasformarlo in uno one Renato show, contribuiscono a rendere il film più divertente anche della qualità media delle sue battute: diciamo che Pozzetto ha lavorato con sceneggiature migliori e con dialoghisti più in forma, e raramente La casa stregata scatena risate sguaiate e incontrollabili.

Guidia Glora

Al contrario, per essere un film comico italiano dei primi anni Ottanta è insolitamente sobrio e atmosferico, con una grande cura nella messa in scena e in particolare nel modo in cui è presentata la casa del titolo. La locura vera fa capolino solo nel terzo atto – che ci regala tra l’altro la dimostrazione che Renato Pozzetto sarebbe stato un Super Mario migliore di Bob Hoskins – e comunque senza mai esplodere davvero. L’unico elemento che davvero stona in questa storia italiana di fantasmi (ma non, vale la pena precisarlo, di fantasmi all’italiana: La casa stregata non prende quasi nulla dal folklore e dalle tradizioni locali e punta piuttosto sull’ectoplasma classico hollywoodiano) è la colonna sonora del gigantesco Detto Mariano, che è ovviamente molto bella ma che c’entra anche molto poco con il resto del film. Che, per la cronaca, quando uscì quarant’anni fa incassò 876.000.000 delle vecchie lire: se sapete di cosa parliamo, congratulazioni! siete anziani. La casa stregata è invecchiato bene in questi quarant’anni. E voi?

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