Captain America: Il primo vendicatore, il manuale di come si ribalta un personaggio fuori moda
Era la scommessa più difficile di tutte, 10 anni fa, inserire Captain America in un mondo di antieroi. Il primo vendicatore ci riuscì pensando in grande
Più di qualsiasi altro film del Marvel Cinematic Universe, la serie su Captain America è stata un rischio, uno che è stato possibile portare avanti solo in virtù della struttura produttiva senza precedenti dei Marvel Studios. Se Iron Man non era il più popolare tra gli eroi della Marvel di carta quando è arrivato Robert Downey Jr. a dargli lo swag (e Jon Favreau a creare un film perfetto), se l’Uomo Ragno e gli X-Men avevano solo bisogno di non sbagliare niente e Thor ci ha messo un po’ a trovare il tono giusto, Captain America nel 2011 era la cosa meno praticabile che si potesse immaginare al cinema, la scommessa in assoluto più facile da perdere.
Solo una casa di produzione che ragiona su 4-5 film (se tutto va bene) e sulla presenza di un personaggio in altri 4-5 film centrati su altri (se tutto va male) può permettersi d'immaginare di affrontare tutte le fasi di evoluzione di Captain America ed effettivamente portarlo dall’essere una scheggia fuori dal tempo, a disagio nel presente, fino ad essere il simbolo romantico di ciò che rimane di quell’eredità.
È complicato, ma nemmeno troppo in fondo: il primo film doveva narrare le origini e quindi essendo ambientato nel passato poteva indugiare in atteggiamenti fuori moda (a patto di dargli ritmo e fascino), il secondo film avrebbe affrontato subito il problema della sfiducia nel paese come se Captain America si fosse trovato negli anni ‘70 in un film di spionaggio in cui il governo è il nemico, di colpo antieroe contro l’establishment, ma contemporaneamente più puro di loro, infine il terzo film unito alla chiusura di Avengers avrebbe portato la sua parabola ad un finale in cui viene certificato che non fa parte di questi anni (ma lascia il testimone ad un afroamericano!).
Tutto questo non si poteva fare con un film solo e aveva bisogno di tempi, stili diversi, registi diversi e trame diverse. E per ovvie ragioni la scommessa più difficile era il primo film, quella che se persa avrebbe mandato a monte il piano. Il primo vendicatore viene così affidato a Joe Johnston (a proposito di dare ritmo e fascino agli anni ‘40 e la loro etica), uomo con il curriculum giusto come aveva dimostrato con Le avventure di Rocketeer. Johnston non sbaglia.
Il trucco che non è un trucco di questo film è far morire lo Steve Rogers idealista, quello smilzo. Il primo vendicatore rende lui il personaggio davvero fuori dal tempo, quello che non è ancora un eroe nel corpo, ma solo nella testa. Quando Rogers diventa Captain America comincia ad essere maltrattato dallo stato che lo manda in giro invece di mandarlo in azione e, lentamente, si fa strada dentro di lui il desiderio di essere indipendente. È proprio così che il film si chiude, quando una volta scoperto di essere nel presente si ribella fuggendo a Times Square e ci vuole che Nick Fury lo vada a recuperare come una scheggia impazzita.
Captain America non obbedisce, ha idee tutte sue ed è uno con cui bisogna trattare altrimenti è pericoloso.
La grande idea della Marvel è stata di farci fare un film intero negli anni ‘40 e non solo una premessa. Senza aver visto Steve Rogers prima del siero del supersoldato sarebbe complicato percepire Captain America come un elemento spurio nel presente. Invece la sua caratteristica di persona fuori dal nostro tempo, di personaggio a parte, è sempre molto chiara ed esplicita. Captain America non è mai stato qui tra di noi per rimanere, non si è mai ambientato, non si è mai integrato. In una parola: era pronto per uscire di scena fin dall’inizio. Era decisamente più alieno di Thor, che invece nel tempo ha guadagnato un’ironia che lo ha reso umano e vicino ai suoi coevi. Accettando questo, cioè che guardiamo una persona che non è normale, non ragiona come noi o come gli altri eroi, di colpo diventa un eroe accettabile perché dotato di una sua oscurità. Soprattutto se si considera che visto che il nemico spesso è il governo (benché infiltrato dall’Hydra) noi lo vediamo comportarsi come gli antieroi, lo vediamo fuggire, agire di soppiatto, fare il doppiogioco ecc. ecc.
Decidere di uscire di scena alla fine di Endgame è la certificazione del fatto che non era fatto per questi anni (e per questa serie di film).