Call of Duty: Black Ops IIII e Battlefield V, multiplayer a confronto

Call of Duty: Black Ops IIII e Battlefield V propongono multiplayer competitivi più simili di quanto si possa immaginare

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Un impercettibile, ma evidentissimo avvicinamento. Un accostamento che per quanto tenue ed infinitesimale ha costretto una parte di videogiocatori a rivedere le proprie tattiche, a riconsiderare inossidabili ed efficientissime strategie forgiate nel fuoco di centinaia di deathmatch. Call of Duty: Black Ops IIII e Battlefield V hanno segnato un importante e momentaneo perielio, inedita orbita che se non li porta affatto ad assimilarsi, né tanto meno a scalfire realmente le grandi differenze che ne distinguono gameplay e gunplay, di certo segna e sancisce il predominio del gioco di squadra sull’iniziativa strettamente personale.

A ben vedere, difatti, non si è raggiunto un compromesso. Non si tratta di un cambio di marcia bidirezionale e congiunto. Semmai è la produzione Activision ad essersi instradata in un sentiero ben noto alla saga affidata alle cure di DICE, rendendo ancor più evidente ed impattante una rivoluzione già abbracciata appieno con il totale abbandono del single player e la ferrea scelta di cavalcare i battle royale, investendo e scommettendo su una modalità interamente ed esclusivamente dedicatagli.

[caption id="attachment_191896" align="aligncenter" width="1000"]Call of Duty Black Ops IIII screenshot I perk continuano ad avere un peso preponderante nell’economia del multiplayer di Call of Duty[/caption]

Battlefield V, difatti, è rimasto ancorato alla tradizione dell’IP, proponendo a giganteschi scontri campali, in cui l’elemento che più di altri influenza ed in generale condiziona l’esperienza è rappresentato dalle mappe stesse. Le dimensioni, così come l’impareggiabile varietà di ambienti che le caratterizzano e ne determinano la conformazione, fanno sì che procedere come lupi solitari, oltre che essere una pratica avara di reali soddisfazioni e di divertimento, è assolutamente deleterio ai fini della vittoria del proprio team.

Cadere per mano nemica, difatti, si traduce, spesso e volentieri, in un duplice svantaggio: avvicina l’avversario alla vittoria finale, indebolisce il gruppo di sopravvissuti che devono difendere la posizione, avanzare verso l’obbiettivo, sopraffare numericamente, oltre che tatticamente, gli oppositori."Call of Duty: Black Ops IIII ha abiurato alcuni dei meccanismi ludici che hanno caratterizzato il brand nel recente passato"

Battlefield, in sostanza, è in primis un saga in cui contano i numeri, in cui la differenza la fa il gruppo, compatto, unito, dove i singoli si attengono al piano, sia esso esplicito o implicitamente dettato dall’andamento della partita.

In netto contrasto con i capitoli più recenti, Call of Duty: Black Ops IIII, pur mantenendo le dimensioni del conflitto paragonabili agli standard a cui ci ha abituato la saga, ha abiurato alcuni dei meccanismi ludici che hanno caratterizzato il brand nel recente passato.

Tanto per cominciare sono stati banditi jatpack, esoscheletri ed altre diavolerie tecnologiche utili a rendere i propri avatar enormemente più rapidi, agili, a proprio agio nel correre sui muri o a compiere salti sovrumani. Una tale scelta ha un ovvio, quanto evidente, contrappasso: un ritmo di gioco lievemente più compassato, ragionato, che incentiva un incedere cauto.

La rinuncia al recupero automatico della salute, la conseguente introduzione dei kit di cura, il leggero aumento dei colpi necessari per mandare al tappeto l’avversario di turno, sono scelte di design che vanno nella stessa direzione e che influenzano le strategie adottate dai videogiocatori. Laddove una volta il tutto si riduceva ad una gara di riflessi, ora ci si esibisce con maggior frequenza in fiancheggiamenti ed in ritirate strategiche.

In questo senso le abilità uniche di ogni Specialista, feature già cavalcata in passato dalla saga, acquisiscono un maggior peso all’interno dei team. Il potere giusto, nel momento più indicato, può infatti togliere dai guai un intero gruppo di soldati, a tutto vantaggio del team, che può sgominare facilmente gli avversari, tanto più se affrontati singolarmente.

Call of Duty e Battlefield rappresentano da sempre due facce della stessa medaglia, modi diametralmente opposti di declinare uno stesso genere. Con i rispettivi capitoli di quest’anno, abbiamo registrato un lieve avvicinamento del brand di Activision a quello sviluppato da DICE, nella misura in cui in Black Ops IIII è incentivato come mai prima d’ora il gioco di squadra, risultato di precise scelte di design che, a nostro modo di vedere, hanno ulteriormente approfondito ed inspessito un gameplay altrimenti arroccato attorno alle abilità e capacità del singolo.

[caption id="attachment_191897" align="aligncenter" width="1000"]Battlefield V screenshot Il multiplayer di Battlefield, con i suoi punti esperienza elargiti con grande generosità per una moltitudine di azioni portate a compimento, da sempre dà l’idea di essere maggiormente indulgente verso i neofiti[/caption]

Non si tratta di una rivoluzione, beninteso, né gli amanti delle azioni solitarie si vedranno negare in toto questa possibilità. Il cambiamento c’è stato, è evidente, ma i due giochi differiscono ancora, e di molto, non fosse altro per le dimensioni delle mappe del multiplayer competitivo, enormi da una parte, di medie dimensioni e tese a favorire brevi e violenti scontri a distanza ravvicinata dall’altra.

Mai come quest’anno, tuttavia, è gustoso e divertente giocare di squadra. E chissà che non diremo una cosa del tutto simile anche quando faremo un paragone tra i battle royale delle due produzioni.

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