Butch Cassidy: la leggenda del west si fonde con il mito della libertà

Butch Cassidy è una lieve brezza in un mattino d’estate. È un vento che rinfresca e scalda al contempo. Ed è disponibile da rivedere su Star

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La maggior parte di ciò che segue è vero”. Si apre così Butch Cassidy (and the Sundance Kid, in originale). Con un’affermazione dubitativa. Un paradosso tra mito e storia vera con cui i due banditi del titolo devono convivere. Il west è fatto di leggende, e quello di George Roy Hill è ormai al tramonto. Le belle banche vengono chiuse perché rapinate di continuo. Al loro posto vi sono edifici sicurissimi, ma privi di fascino. L’innovazione del treno è ormai sorpassata: la gente non si sposta più nelle grandi distanze, e basta una bicicletta per raggiungere tutti gli angoli della città.

I titoli di testa di Butch Cassidy mostrano un film proiettato in un cinema, è simile alla Grande rapina al treno di Edwin S. Porter. Le gesta dei banditi sono materia da cinegiornale, cronaca che impressiona il pubblico, più vicina alla leggenda che alla realtà. Le immagini proiettate sullo schermo con tono seppia e graffi sulla pellicola furono girate per essere parte del film stesso.

In una sequenza eliminata Butch Cassidy (Paul Newman) e Sundance Kid (Robert Redford, che darà il nome del personaggio anche al suo celebre festival) guardavano la ricostruzione delle loro imprese in sala. Si sarebbero poi lamentati con Etta Place (Katharine Ross) di quanto poco fosse fedele la ricostruzione. La scena venne poi tagliata, e quel notiziario andò a riempire i primi minuti di apertura. Un monito a non prestare attenzione ai fatti come fedeli alla storia, ma pienamente in linea con la percezione che il pubblico ha della stessa.

Il colore seppia continua nei primi minuti del film e scompare lentamente per lasciare il posto al colore. Ritornerà nel pazzesco finale in cui la sorte dei due banditi è lasciata in sospeso. Sembrano spacciati, circondati da un esercito e feriti. Eppure dai loro dialoghi non traspare la consapevolezza della morte imminente, anzi: pianificano le prossime mosse. La vita continua, forse, nella nostra immaginazione. Butch Cassidy e il Sundance Kid si lanciano verso la via di fuga, ma il film si interrompe. Ritorna alla sua dimensione di finzione: quello che riporteranno le cronache alla fine della battaglia lo decideremo noi, individualmente, sui titoli di coda. 

Butch Cassidy è un film del 1969 (anno incredibile per il cinema) e si vede. La forma della messa in scena è libera, eppure rigorosissima. È un western che usa tutte le dimensioni, scorre nelle panoramiche, si lancia nelle vertiginose prospettive con lo zoom. I primi piani sono vicinissimi, quasi dettagli. E quando la cinepresa si allontana gli uomini camminano come puntini in paesaggi maestosi. Burt Bacharach scrive però Raindrops Keep Fallin' on My Head, che ritorna più volte, con la sensibilità dell’epoca. E l’antico si mischia con soluzioni sperimentali: come la galleria di immagini apparentemente d’epoca in cui scorgiamo invece i tre protagonisti in viaggio grazie agli zoom.

Più vicino alla commedia che all’idea classica di western, il film è in fondo un buddy movie tragico. Un triangolo amoroso alla Jules e Jim tra i due banditi e una Etta Place probabilmente prostituta, resa insegnante nel film perché secondo il regista le immagini reali ritraevano una donna troppo posata e giovane per fare quel mestiere.

Butch Cassidy è intriso dell’energia giovanile pur guardando quell'epoca dalla fine. È una rivisitazione senza nostalgia o rimpianto, ma è come un viandante che volta il capo sul percorso fatto. Qualcuno sostiene che il declino del genere iniziò proprio dal suo successo di pubblico -meno di critica, inizialmente anche se seguiranno molti Oscar-. Il western era al tramonto, nella sua forma più conosciuta. La frontiera aveva già raccontato tutto da tempo. Stava cambiando, passava nelle strade di Un uomo da marciapiede, o nei motori di Easy Rider con la motocicletta come nuovo cavallo. 

Nella cornice post-classica si esprime un film ancora oggi vitale che travolge e aggancia l’attenzione dall’inizio alla fine. È merito dell’aura magica che lo circonda. Quell’atmosfera sospesa tra il ricordo dei fatti veri e quelli alterati dal desiderio. La voglia di mentire a noi stessi raccontando un’epoca spensierata nelle difficoltà. Ma anche di vedere l’America calda e polverosa inseguita dalla modernità (che le aveva permesso di esistere proprio grazie alla ferrovia). Ora è simboleggiata da cowboy cacciatori di taglie più bravi, più veloci; una morte incessante che chiede al prototipo classico del bandito di rinnovarsi e cambiare meta delle scorribande.

Butch Cassidy è una lieve brezza in un mattino d’estate. È un vento che rinfresca e scalda al contempo. Vive nella leggenda delle gesta eroiche di persone che eroi non sono. Pur nella malavita Cassidy, Sundance e Etta Place sono dei modelli. Vogliamo essere come loro, non per rapinare banche o treni in corsa, ma per i sorrisi che li accompagnano in ogni difficoltà.

Il film racchiude questa ingenuità giovanile, questa voglia di vivere e di esplorare. Nella società moderna, impacchettata in ruoli predefiniti dalla nascita fino alla morte, lo sguardo dei tre giovani è quello di una libertà leggendaria mai più replicata.

Butch Cassidy è disponibile su Disney+ nella sezione Star.

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